Toronto, si cambia

Jalen Rose: riuscirà  a sbloccare l'attacco di Toronto?

Si può sbagliare, a volte.
Si può tornare sui propri passi, a volte.
Si possono portare aggiustamenti ad un sistema che sembrava infallibile, in determinate situazioni.

Sono tutte riflessioni che non siamo abituati a sentire dai GM della NBA, tantomeno dagli allenatori, che troppo spesso rimangono ancorati al loro credo cestistico senza adeguarsi alle diverse circostanze che si propongono loro, pregiudicando il lavoro, seppur ottimo, di una carriera.

Stavolta però questo tipo di errore in Canada non lo si è commesso.

Dopo un mese di stagione regolare infatti il record dei Toronto Raptors era in perfetta parità , 8 vittorie ed 8 sconfitte, ma il gioco dei ragazzi dell'Ontario latitava.

Non certo dal punto di vista difensivo, i Raptors sono infatti la seconda miglior difesa della lega con 84 punti concessi ad incontro, ma soprattutto nell'aspetto, tutt'altro che secondario, della produzione offensiva.

I 79 punti segnati a gara dai ragazzi di coach Kevin O'Neill rappresentano un bottino assai modesto per una franchigia che dopo la passata stagione, sfortunata non solo per gli scarsi risultati, si attendeva una rinascita.

La grande attitudine difensiva, assolutamente mal bilanciata da un attacco a dir poco sterile, non consentiva quasi mai a Toronto di chiudere partite in cui la squadra era stata avanti anche per più di tre quarti, costringendola spesso a pericolosi arrivi in volata che rischiavano frequentemente di tramutarsi in sconfitte.

Praticamente mai i Raptors riuscivano ad imporre il loro gioco, privi di transizione e contropiede, e difficilmente in grado di piazzare parziali spezza-partita tipici delle squadre di vertice NBA, tra le quali Toronto poteva essere annoverata, visto anche il roster di prim'ordine per un Est non certo selvaggio.

Se poi aggiungiamo che ci sono state serate in cui la super-star Vince Carter, rigenerato dopo la sfortunata stagione 2002/2003, si è preso una pausa, non sta a noi dire se meritata o meno vista la sua posizione di unico sbocco offensivo nel sistema di O'Neill, ci si è imbattuti in sconfitte pesanti con punteggi imbarazzanti, come la debacle di Milwaukee (82-62).

A questo punto coach O'Neill ha capito, tempestivamente, che c'era qualcosa da cambiare, sia nell'approccio alle gare, sia nella rotazione degli uomini, sia nell'assetto del roster.

I primi aggiustamenti si sono visti all'inizio di una mini-trasferta nel sud-est degli States, che vedeva Toronto opposta in serie ad Atlanta, Orlando e Miami.

Innanzitutto modifiche nel quintetto base, con il ritorno di Alvin Williams e l'accantonamento di Milt Palacio, ottimo rilievo dalla panchina ma non ancora pronto a tanti minuti di responsabilità .

Poi una svolta motivata dal disperato bisogno di attacco: fuori Michael Curry, strepitoso difensore sulla palla ma pessimo attacante (il Bruce Bowen dell'Est, tanto per intenderci), e spazio dall'inizio a Lamond Murray, ottimo tiratore dal perimetro anche lui campione di sfortuna (una caviglia lo ha tenuto fuori un intero anno).

Con la prorompente energia del rookie Chris Bosh, un 4 che si è ambientato alla perfezione ed ha offerto un'ottima alternativa sotto i tabelloni a Davis e Williams, la squadra si è rilanciata.

Non siamo ancora allo showtime, ma le vittorie esterne contro Hawks e Magic, certo non due corazzate, hanno dato morale e confermato quanto di buono Bosh e compagni avevano dimostrato di poter fare, se messi nelle condizioni di potersi esprimere.

La sconfitta però patita per mano dei Miami Heat, in crescita ma comunque un team più che abbordabile, poteva far pensare ad un passo indietro dei Raptors, tornati miseramente a 66 punti segnati.

In effetti la sconfitta è stata pesante, ma se osserviamo i giocatori a referto notiamo che mancavano i 2 lunghi titolari, Antonio Davis e Jerome Williams, tra i migliori 15 rimbalzisti della lega.

Il motivo è piuttosto semplice: era già  praticamente andata in porto una trade a 6 giocatori con i Chicago Bulls, ufficializzata poi lunedì, che mandava i 2 giocatori appena citati e Chris Jefferies alla nuova squadra di coach Scott Skiles, e portava in Canada Jalen Rose, Donyell Marshall e Lonny Baxter.

E' stata questa dunque l'ultima mossa di O'Neill per ovviare alle difficoltà  offensive dei suoi: una mentalità  leggermente più aggressiva, dei ritocchi in quintetto, ma soprattutto delle acquisizioni sul mercato per scuotere il gruppo ed affiancare a Carter un altro terminale, che possa sollevarlo dall'intero peso offensivo di inizio stagione e dalle responsabilità  di unico go-to-guy della squadra.

Dire così a freddo chi ci abbia guadagnato appare complicato, anche se dal punto di vista del talento sembra aver fatto un affare Toronto.

In realtà  di talento a Chicago ce n'era e ce n'è fin troppo, viste le molte prime scelte ottenute negli ultimi anni dai Bulls, e per ammissione dello stesso GM John Paxton, dei giocatori di esperienza e di applicazione come Davis e Williams potranno fornire energia ed essere di esempio per forgiare i promettenti ma non sempre continui Tyson Chandler ed Eddy Curry.

I Raptors dal loro punto di vista ottengono quello che volevano, e cioè un grande realizzatore, Jalen Rose, che potrebbe trovare nuove motivazioni e che può essere l'uomo che inventa anche nei momenti di magra offensiva.

In più aggiungono Donyell Marshall, ala piccola all'occorrenza anche numero 4 dinamico che può assicurare punti e rimbalzi offensivi, la sua specialità , contribuendo a vivacizzare con la sua versatilità  gli schemi di O'Neill.

In più Baxter, secondo anno da Maryland, potrà  ritagliarsi uno spazio grazie alla sua aggressività  ed energia sotto i tabelloni, anche se non sarà  facile non far rimpiangere The Junk Yard Dog, Jerome Williams, vero e proprio idolo dell'Air Canada Centre.

La prima apparizione dei 3 nuovi arrivati in maglia Raptors si è avuta ieri sera nel match che Carter e compagni hanno disputato contro i Philadelphia 76ers al Wachovia Center.

Rose e Marshall subito in quintetto, con Chris Bosh lanciato fin dall'inizio come centro, in attesa di un completo ritorno di Jerome Moiso, già  comunque in campo a Phila, e di un possibile impiego del mongolo Mengke Bateer, difficile comunque da ipotizzare.

Pochi chili e molta agilità  sotto canestro dunque per Toronto, che però grazie ad una buona quanto insolita percentuale dal campo e ad un contropiede più incisivo che in altre occasioni hanno resistito ad Iverson, sempre grande con 35 punti 7 rimbalzi e 7 assist, non andando sotto a rimbalzo come si poteva immaginare.

Certo l'assenza di un vero centro e le defezioni di Derrick Coleman e dell'infortunato Marc Jackson, problemi alla mano dopo 12 minuti per lui, hanno agevolato i nuovi Raptors, ma i 27 punti corredati di 9 rimbalzi di Marshall e l'autoritaria prova di Bosh, doppia doppia da 10 e 11, autorizzano a ben sperare.

Jalen Rose si è limitato a 10 tiri con 7 punti ed 8 assist, forse per studiare i nuovi compagni, ma se l'intesa con questo Carter da 12 assist funzionerà , l'ex Fab-Five troverà  sicuramente modo di divertirsi e di divertire.

Adesso Toronto è attesa da una serie di 6 partite in 10 giorni, 4 delle quali in casa e contro rivali di Conference non certo imbattibili, che ci dirà  se la piccola rivoluzione di Novembre ha dato i suoi frutti.

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