Mourning questa volta abbandona i parquet definitivamente.
Di solito quando un giocatore si ritira, c'è sempre una bottiglia pronta per essere stappata e nell'aria si respira sempre quella giusta miscela di malinconia e gioia. Questa volta i sentimenti sono di tristezza e paura: Alonzo Mourning lascia definitivamente la pallacanestro perché dovrà preoccuparsi di qualcosa di molto più importante, la sua stessa vita. I suoi reni non potevano più reggere i ritmi di un atleta professionista, il suo sangue scarseggia di proteine, un trapianto deve avvenire a breve o le conseguenze potrebbero essere davvero tragiche.
La sera del 24 novembre, fortunatamente, i medici prendono in mano la situazione e si rivolgono direttamente a Mourning: "dobbiamo fermarti, la malattia sta peggiorando e gli sforzi delle partite indeboliscono sempre di più il tuo fisico" dovremo cercare un donatore."
La disfunzione renale ha avuto la meglio; Mourning si ritira dalla battaglia per ritornare un professionista per dedicarsi alla guerra per la sua vita. Tutti, compagni e rivali, amici e conoscenti si stringono attorno al Guerriero, convinti che la sua grinta e la sua forza possano portarlo ancora una volta alla vittoria.
'Zo abbandona i Nets in silenzio, quasi chiedendo scusa per aver tradito la loro fiducia. In questi pochi mesi da "Net" ha sempre dato tutto quello che le sue condizioni gli permettevano di dare. Ha sofferto nell'ombra, sentendosi non ancora all'altezza dei suoi compagni. Ma non ha mai cercato alibi, né sconti, presentandosi sempre puntuale ad ogni impegno.
New Jersey vede sfumare un progetto e nel contempo perde un amico ed un serio professionista, che Coach Scott descrive così: "Mi mancherà il suo coraggio e la sua intensità . Mi mancherà perché è una persona speciale".
Anche Kidd, con un sorriso forzato sulla faccia, saluta Alonzo: "E' un grande, anche se è rimasto con noi poco tempo, credo che sia ugualmente riuscito ad insegnare ai più giovani l'attaccamento al lavoro, trasmettendogli la sua mentalità da vero professionista. E' triste sapere che la sua carriera è finita"..e pensare che si accordò con i Nets anche per invogliare me a firmare".
La fredda cronaca
Alla delusione per il ritiro di Mourning aggiungete un forzato riposo per Kidd e cinque gare consecutive lontano dalla Continental Airlines Arena e otterrete un altro deludente bilancio: due vittorie e ben quattro sconfitte di cui una, con Sacramento, veramente pesante.
I Nets continuano a rimanere lontani dallo stato di forma che dovrebbe vederli viaggiare quantomeno sopra il 50%. New Jersey è sempre deficitaria alla voce "rimbalzi" e se vi capitasse di dare un'occhiata alle statistiche non stupitevi se il secondo miglior rimbalzista è il playmaker: Kidd ha sempre avuto questa straordinaria propensione per i rimbalzi, il problema è che se non li prende lui, non ci pensa nessun altro.
Quando i Nets non puliscono a dovere i tabelloni, automaticamente, non si riesce a sviluppare il contropiede e nelle ultime quattro batoste rimediate i punti generati da transizione sono stati circa 10 (solo 6 contro Toronto), frutto di una media bassissima a rimbalzo (circa 31 tra difensivi e offensivi). Sarà forse una coincidenza, ma nelle uniche due recenti vittorie (93-70 con Seattle e 102-96 con i Clippers) i punti in contropiede erano il doppio e i rimbalzi a referto ben 44.
Ovviamente non si tratta di coincidenze, ma è un chiarissimo dato di fatto che i Nets, se costretti a giocare a metà campo e ad una velocità "normale", sono una squadra tutt'altro che micidiale.
Manca la pericolosità e la precisione nel tiro dalla distanza, e manca un uomo al quale delegare il compito di buttarla dentro in situazioni disperate, allo scadere dei 24 secondi, o peggio, negli ultimi minuti del quarto periodo.
Sono bubboni che esistevano già durante la scorsa stagione. In questo mese di novembre sono esplosi semplicemente perché la squadra non è più in grado di vincere con continuità e perché si sta pagando la scarsa lungimiranza di colui che, nonostante tutto, ha dato nuova linfa ai vecchi e disgraziati Nets.
Un Roster Sbagliato
Se nel tuo Curriculum, alla voce "progetti realizzati", puoi vantare, oltre alla vecchia ma mai dimenticata scelta di Michael Jordan, di aver resuscitato i Nets, oltre ad eccellere nel tuo lavoro potresti passare addirittura per chi sa trasformare l'acqua in vino.
Rod Thorn, fino alla nomina di Executive of the Year del 2001, sembrava proprio un Re Mida capace di far andare a buon fine ogni sua operazione, comprese le più azzardate. Dopo lo scambio Marbury-Kidd scommette su Todd McCullogh e rischia inventandosi una trade con la prima scelta Eddie Griffin per portarsi a casa altri tre giovanotti dalle buone promesse: Armstrong, Jefferson e Collins.
La stagione successiva rinnega McCullogh per portarsi a casa, a suon di milioni, Dickembe Mutombo. Anche Van Horn lascia il New Jersey, un po' per la necessità di disfarsi di un contratto pesante, un po' per le sue incomprensioni con Scott e Martin.
I risultati arrivano ed anche in fretta, in quanto i Nets riescono a presentarsi (perdendo) due volte consecutive alle finali di giugno. Sempre più convinto che i problemi della squadra risiedano sotto canestro, Thorn si rituffa nel mercato estivo 2003 andando alla caccia di chiunque possa tenere testa sia a Shaq che a Duncan.
La ricerca termina nel momento in cui Alonzo Mourning riceve il via libera per il ritorno alle competizioni. Thorn è pronto a giocarsi le sue carte, piazza un'altra scommessa e si aggiudica l'ex centro di Miami, che gli da la scusa per liberarsi del costosissimo ed inutilizzato Mutombo.
Questa volta Thorn la scommessa l'ha persa e anche male perché i centri adesso sono due e sono sempre gli stessi delle passate stagioni, Mouning lascia definitivamente il basket, e i reparti più in sofferenza non sono stati minimamente rinforzati.
Del ruolo di Shooting Guard abbiamo già parlato, tentando anche di esaltare le doti di ruba palloni e di contropiedista di Kerry Kittles. Ma se i Nets non riescono a correre, o se si è costretti ad affrontare squadre che difendono a zona, un Kittles da 2 su 9 o da 2 su 8 (vedi, rispettivamente, le ultime due sconfitte con Portland e Sacramento), è un debito molto alto da pagare.
Il suo rimpiazzo naturale è Lucious Harris che, nonostante sia più preciso ed aggressivo di Kittles, deve continuare a convivere con la sindrome da sesto uomo e, in attesa che Pack e Planicic si integrino completamente, dovrà anche vestire il ruolo di playmaker durante i riposi di Kidd.
In queste prime partite gli esterni dei Nets, in assenza di Harris e con un rispolverato Armstrong, hanno tirato da tre con un misero 36%. Alla luce di questi numeri sarebbe stato il caso di mettere sotto contratto uno specialista, possibilmente un free agent come, ad esempio, Hoiberg o Barry.
L'altro grosso limite della formazione del New Jersey è nel ruolo di Small Forward. Il posto spetta di diritto a Richard Jefferson che, a parte un leggero calo nell'ultima settimana, sta facendo più che egregiamente il proprio dovere. Il punto è che i Nets di oggi avrebbero bisogno di un altro tipo di "numero tre", con un raggio di azione più ampio. Servirebbe proprio un giocatore che, oltre a sapersi muovere spalle a canestro o in penetrazione, sia anche in grado, a differenza di Jefferson, di piazzarsi pericolosamente dietro alla linea dei tre punti.
E' l'esatta descrizione di Keith Van Horn, silurato in fretta e furia perché giudicato troppo poco aggressivo e determinante, soprattutto in fase difensiva, e accusato da Martin di aver giocato senza attributi le finali contro Los Angeles.
Il suo allontanamento avrà anche alleggerito il monte stipendi, ma ha soprattutto accontentato quel Kenyon Martin inesistente in gara 5 e 6 contro San Antonio, e onnipresente pedina di scambio in tutte le ipotetiche trattative che vedono protagonisti i Nets.
Nel frattempo Van Horn ha già cambiato due divise ed è un capitolo chiuso e, Jefferson a parte, sulla panchina di Scott non siede nessun'altra ala piccola. La realtà dei fatti è proprio questa; non esiste un cambio per l'ex stellina di Arizona in quanto Tamar Slay, che tra l'altro il campo lo vede con il binocolo, è una guardia e Rodney Rogers, che è l'unico con buone percentuali da tre punti, è il back-up di Kenyon Martin.
Non è l'acquisizione di Mourning, anche se il suo reclutamento avrebbe, probabilmente, meritato maggiori riflessioni, ad essere sotto accusa. Gli errori di Thorn, che ha dimostrato di essere un GM deciso a lavorare per ottenere effetti nel breve periodo, sono fondamentalmente due: affidarsi praticamente alla stessa formazione protagonista dell'ultima finale, senza considerare i ritocchi delle rivali (vedi Indiana, Detroit e New Orleans) e non aver saputo (o voluto) sfruttare i vari Mutombo, Slay, Armstrong o persino lo stesso Kittles come pedine di scambio per rendere la squadra competitiva in tutti i reparti.
Le presenze alle Meadowlands sono in calo continuo. Non è gran cosa, ma può essere un segnale sufficiente a spingere Thorn ad operare, a gennaio, sul mercato di riparazione.