L.A. ed il mal di trasferta

Bryant e Maggette si salutano. C'è davvero la possibilità  di vederli compagni un giorno?

Toronto Raptors 79 @ Lakers 94
Detroit Pistons 89 @ Lakers 94
Miami Heat 77 @ Lakers 99
Lakers 96 @ Detroit Pistons 106
Lakers 104 @ N.Y. Knicks 83

Il cantiere aperto dalle parti dello Staples Center sta ingranando la sua produzione.

La stagione dei Lakers, dopo le prime gare di assestamento sta cominciando a prendere il ritmo. Nel corso degli ultimi dieci giorni, la squadra di coach Jackson è stata impegnata ben cinque volte, ma a tenere banco prima di tutto è stato ancora una volta il basket parlato, più di quello giocato.

Mentre dall'altra parte dell'Unione, si consumava il destino (cestistica per carità ) di Doc Rivers, il suo ex compagno e collega di lavoro ai Magic, Horace Grant, ha trovato il modo di dire la sua, infierendo se possibile sulle non proprio esemplari (a suo modo di vedere) qualità  di allenatore del ex guida di Orlando.

Chiaro che si sia trattato di uno sfogo, dovuto probabilmente a dissidi mai chiariti sulle recenti esperienze del numero 54, ma come sempre in questi casi, forse un po' più di tempismo e buon gusto non avrebbe guastato.

Sempre in tema di rumors o presunti tali, anche il senior writer della ESPN, Marc Stein, questa settimana ha avuto modo di buttare nello stagno una provocazione sul tema: il futuro di Kobe Bryant.

Secondo l'opinionista americano, non sarebbe poi tanto un'utopia se Kobe, alla fine di questa stagione portasse armi e bagagli dall'altra parte della città  e andasse a far lustro di se ai Los Angeles Clippers.

Una provocazione, è bene ribadirlo, ma una provocazione che si basa su argomenti validi.

L'amicizia, almeno presunta, con Corey Maggette, uno dei pochi front-man che la dirigenza Sterling ha saputo trattenere e con il coach Dunleavy, già  allenatore di L.A. e compagno nel passato del padre di Kobe.

La possibilità  di creare, lontano da Shaq, una franchigia Kobe-dipendente, magari partendo da una base comprendente lo stesso Maggette, Elton Brand e qualche altro giovane di talento.

La nascita di una rivalità  vera nella Pacific Division, cosa della quale, al di là  del lato strettamente tecnico, si sente un gran bisogno.
Questo per quanto riguarda la chicchera.

Ma mentre i giornalisti spendevano il loro inchiostro sulle ipotesi e sulle dichiarazioni, cosa facevano i Lakers in campo?

Come da pronostico, l'aria dello Staples Center ha riportato, dopo la sconfitta di Memphis, il bel tempo nel barometro della squadra angelina.

Le tre vittorie consecutive, contro Toronto, Detroit e Miami hanno avuto punteggi simili e andamenti abbastanza univoci, ma la novità  importante è che, forse scottati dalle prestazioni precedenti, i Lakers hanno cominciato a difendere.

Nella partita contro i Raptors, il solo Vince Carter ha potuto e cercato di pungere gli avversari. Per il resto, la pressione della squadra di L.A. ha forzato ben 18 palle perse, con il solito Shaq a menare le danze in fase offensiva con 23 punti e 14 rimbalzi all'attivo.

Contro i Pistons, l'impegno è stato certamente più probante, merito un Billups in grande serata (29 per lui) al quale hanno "dovuto" rispondere Gary Payton da 21 punti e uno Shaq da 21 punti e 15 rimbalzi, segno che la forma del centro numero 34 è davvero a livelli mai visti per questi tempi dell'anno.

Quello contro Miami è sembrato essere lo scontro più facile, ma dopo la vittoria acquisita contro i rappresentanti della Florida, nel ritorno della sfida a breve giro di posta contro i Pistons, ecco che è arrivata la terza sconfitta dell'anno, la terza consecutiva in trasferta.

Nonostante sia O'Neal, sia Malone, abbiano messo a referto 20 punti, la forza in difesa di Ben Wallace è bastata per contenerli tenendo in particolare il bilancio a rimbalzo del centro avversario a quota 10 contro i propri 15.
Al resto ha pensato l'attacco bilanciato messo in campo da Coach Brown, con interpreti privilegiati in Billups e ovviamente Hamilton.

Chiaro che dopo tre sconfitte in trasferta una gara al Madison Square Garden poteva diventare un grosso problema.

Nonostante questo però, il Lakers la scorsa notte hanno fatto propria la vittoria in casa dei Knicks con il punteggio di 104 a 83.

Eroe della serata, Karl Malone, che ha sopperito al sonno a rimbalzo di O'Neal con 17 punti con 14 palle recuperate sotto i tabelloni, frutto di una grande energia, ma anche è bene dirlo, dell'insofferenza e della pochezza che la squadra della grande mela sembra dimostrare ogni qualvolta viene messa alla frusta sotto il profilo agonistico.

Il meglio della settimana: Il concetto già  espresso più sopra è da ribadire. Dopo che nei primi impegni i Lakers avevano mostrato come la convivenza fra le quattro stelle in attacco era possibile, in quest'ultimo periodo, eccezion fatta per il passaggio di Detroit, anche i meccanismi difensivi hanno cominciato seppur a sprazzi a farsi vedere.
Buona l'intesa sui raddoppi e discreta anche la voglia di sacrificarsi mostrata soprattutto sotto le plance. Se son rose"

Il peggio della settimana : potrebbe trattarsi di una strategia specifica, ma questo inizio di annata nel quale i Lakers dominano in casa e soffrono in trasferta potrebbe non essere proprio salutare e potrebbe portarli ad abituarsi troppo alla possibilità  di riscattare problemi esterni, fra le comode pareti dello Staples. D'accordo, vincere in casa è sempre più facile, ma una squadra del genere dovrebbe non soffrire di problemi di personalità , o si potrebbe trattare semplicemente di dormite generali dovute a cali di tensione?

E adesso? : visto che giocare a Los Angeles piace tanto ai ragazzi di phil Jackson, le prossime cinque sfide li vedranno come padroni di casa. Attenzione però, ad assaggiare i ferri giallo viola arriveranno squadre sulla carta facili, come Chicago o Washington, ma anche squadre che hanno già  vinto con i Lakers, vedi Memphis o gatte da pelare come San Antonio e Indiana.

In attesa delle trasferte ancora contro i campioni del mondo e Dallas.
Alla prossima…

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