Fine dell'avventura ad Orlando per Doc Rivers…
Gli Orlando Magic, al culmine di una striscia perdente di dieci partite, hanno deciso di licenziare il coach Glen "Doc" Rivers. Al suo posto "ad interim" Johnny Davis, primo assistente, un'esperienza da capo allenatore con i Sixers nel 96-97.
Una sconfitta 90-88 contro gli Utah Jazz è stata fatale. Il provvedimento era però nell'aria. Nonostante le parole rassicuranti del John Weisbrod e John Gabriel. Lo stesso Rivers, in un certo senso, lo aveva anticipato: "Non so se in questo momento - aveva detto con il volto tirato - con questi ragazzi possiamo fare un lavoro migliore. Eppure continuiamo a perdere le partite".
"E' dura per me - ha continuato - per i giocatori e per il management. I dirigenti devono decidere se noi stiamo facendo un buon lavoro oppure no. Io rimango convinto di si."
Eppure il bilancio rimane disastroso: una vittoria e dieci sconfitte in campionato. Una vittoria e sette sconfitte in pre-stagione. Ed un limitato feeling fra allenatore e giocatori. Dopo la notizia, nessun dirigente ha voluto rilasciare un commento.
"E' successo. Ora sto aiutando Johnny (Davis ndr) a intapprendere il suo cammino", sono state le poche parole di Rivers.
La fine di un sogno.
Il ciclo di Doc Rivers in Florida è la cronaca di un sogno mai avverato: nel 99-00 il coach, alla sua prima esperienza, guidò una "sporca dozzina" di signori nessuno ad un soffio dai playoffs. Di quella squadra facevano parte Darrel Armostrong, Ben Wallace, John Amaechi, Corey Maggette e Bo Outlaw.
Il progetto prevedeva di avere un monte salari, il più agile possibile per andare pesantemente sul mercato dei free agent, prendere Tim Duncan ed avere comunque i soldi per firmare un altro "big". Andò male.
Così John Gabriel passò al "piano B". Arrivò Grant Hill da Detroit, in cambio sostanzialmente di Ben Wallace, assieme a Tracy Mc Grady.
La grande accoppiata di "universali" non si è mai concretizzata.
Paradossalmente il presunto giocatore di complemento, T-Mac, si è trasformato in una stella di prima grandezza. Mentre dell'odissea di Hill, tre operazioni, ed una caviglia mai tornata alla piena efficienza, sappiamo tutti.
Ed una fisionomia di squadra mai cambiata: una stella,qualche buon specialista, Armstrong e Pat Garrity su tutti, ed una cronica mancanza di lunghi.
Le colpe della dirigenza
John Gabriel si è lanciato in una partita di poker molto rischiosa. L'asso che avrebbe completato la scala, o per meglio dire la versione orientale di "The Combo", Duncan-Mc Grady, non è mai arrivato.
Il vero errore commesso dalla franchigia è stato la vaghezza delle strategie nelle scelte al draft. L'unica azzeccata degli ultimi anni, benché il giocatore non sia più a Orlando, ha riguardato Miller.
Quest'ultimo è un giocatore di talento, gran tiratore, che però non è cresciuto come sarebbe stato lecito aspettarsi. In difesa soprattutto. Rimane il dubbio su come si sarebbe integrato se, ipoteticamente, Grant Hill avesse giocato con continuità .
Nondimeno per Miller sono arrivati Giriceck, tiratore sostanzialmente simile, e Drew Gooden, il giocatore raddoppiabile in post basso, unanimemente considerato la chiave per aprire spazi a Mc Grady.
Più spiazzante l'atteggiamento avuto con i due lunghi, Keon Clark e Brendan Haiwood, dei quali Orlando ha detenuto i diritti. Clark al momento, per quanto talento mattocchio, cambierebbe molti equilibri nella Eastern Conference. Haywood darebbe comunque più sostanza di quanta ne hanno data Kemp, Ewing, Grant e Burke.
Dell'ultima estate le decisioni di firmare un giocatore come Juwan Howard e di lasciar partire, nonostante il parere negativo di Rivers, Darrel Armstrong.
Le colpe dell'allenatore
Doc Rivers è discepolo di Pat Riley. In particolare della versione newyorkese di Riley. Celebri le occasioni in cui, per ridare mentalità alla squadra, Rivers riesumava "The Drill", un esercizio in cui si gioca a basket e gli allenatori non fischiano su nessun contatto.
Durante il primo anno, le motivazione vennero. Alcuni giocatori si automotivavano, ma in quel gruppo persino John Amaechi diede il meglio. Ma probabilmente, proprio come dice Riley, nessun allenatore riesce a farsi ascoltare per più di tre anni.
La squadra in questi anni è sempre dipesa da Mc Grady, come ovvio. Ma lo ha fatto con uno stile di gioco molto monocorde, in cui a Tracy spesso è stato chiesto di creare dal palleggio, partendo da fermo.
L'onnipotenza del giocatore ha fruttato tre partecipazioni consecutive alla post season, la quasi eliminazione dei Pistons, finalisti nella Eastern Conference dell'anno scorso.
La stagione in corso
Sempre difficile in questi casi, capire cosa i giocatori realmente pensino. Drew Gooden: "La colpa è principalmente nostra - ha dichiarato prima dell'esonero - perché siamo noi ad andare in campo. Certe cose ce le può solo dire ma sta facendo un ottimo lavoro. Dovrebbe essere il coach in questa stagione e in qualsiasi altra."
Difficile credere che, ad esempio Juwan Howard, dirottato in panchina nella sconfitta contro i Clippers, la pensi alla stessa maniera. L'ala, in difficoltà nel ruolo di centro, è partito dalla panchina "per sfruttare il suo potenziale offensivo - ha detto Rivers - e perchè le riserve producono poco."
Howard ha risposto con 22 punti, 8 nel quarto periodo, e dicendosi pronto a sacrificarsi. Curioso che cambino le squadre ma quel ruolo capiti sempre a lui.
Rivers stesso ha difeso l'impegno del suo gruppo ma ha detto: "Fossimo a metà stagione probabilmente faremmo uno scambio per rimpolpare il roster. Ma al momento non si può." Gli infortuni, Giriceck e Garrity, hanno di certo avuto un peso, ma non spiegano tutto.
Il rapporto fra Rivers e Mc Grady
Tracy ha dichiarato: "Non avrei mai immaginato che sarebbe successo. D'altronde eravamo 1-10". Mc Grady fra un anno sarà libero di accasarsi dove vuole. Di fatto nessun allenatore è stato mandato via, contro il parere esplicito del miglior giocatore della squadra. Resta da chiarire l'oscuro episodio che costò il posto, lo scorso anno a Horace Grant.
L'ex Bulls fu cacciato per aver detto: "A Mc Grady è rimasto poco tempo per elevare il suo gioco, soprattutto in difesa, dove proprio non fa nulla." Grant ha sempre sostenuto di non aver pronunciato quelle frasi, attribuendole proprio a Doc Rivers.
Il futuro
Difficile immaginare cosa potrà fare il nuovo coach. La squadra rimane fragile e, soprattutto, svuotata di quell'identità che la contraddistingueva nelle scorse stagioni. I giocatori che gliela davano, non ci sono più. I nuovi non sembrano avere lo stesso peso specifico.
Sarà dura. Subito due montagne da scalare: Phoenix e Sacramento per concludere il viaggio a ovest. Andandose Rivers ha detto: "Torno a casa per stare un po' con la famiglia e scoprire che cosa voglio veramente. Amo allenare. E' qualcosa che ho nel sangue. Ma non è detto che questa fermata forzata non mi faccia bene."