Jason Kidd troppo solo in questo inizio stagionale…
Sono bastati poco più di dieci giorni per capire che la pre-season è cosa ben diversa dalla stagione regolare.
Fino al 29 di ottobre i New Jersey Nets erano considerati dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori i favoriti assoluti per la conquista della Eastern Conference. Del resto, con un roster di quindici giocatori tra cui, oltre ai soliti noti, figura anche Alonzo Mourning è molto facile trovarsi in sintonia con il Coach, quando afferma che l'obiettivo è chiudere la stagione a quota 60 vittorie.
Il punto è che Byron Scott ha fatto i conti senza l'oste o, per essere più in tema, senza il dottore. Probabilmente un paio di piccoli infortuni compaiono nel budget alla voce "eventi straordinari", ma una strage come quella che ha colpito i Nets in avvio di stagione non poteva prevederla neppure il peggior menagramo disponibile su piazza.
Cerchiamo di fare l'inventario del reparto infermeria: Kenyon Martin (già lievemente acciaccato anche in pre-season) si è procurato una distorsione alla caviglia e il suo rientro è previsto per la fine della settimana. Lucious Harris è stato inserito in lista infortunati almeno fino al 18 novembre a causa dei guai alla schiena. Rodney Rogers ha un problema al pollice, Brian Scalabrine lamenta uno stiramento muscolare e Tamar Slay ha riacquistato da poco il pieno uso della sua caviglia malconcia.
"La nostra migliore amica in questo periodo è la borsa del ghiaccio" dice Jason Kidd che, pur essendo tra quelli che in campo riescono ad andarci, ha sempre qualche piccola ferita da sanare.
La logica conseguenza di tutti questi infortuni è una formazione poco competitiva e completamente da ricostruire. Dopo la settima partita, il misero parziale di tre vittorie e quattro sconfitte (lontano parente del doppio 6-1 con il quale i nuovi Nets esordirono nelle passate stagioni) è quasi completamente da imputare a questa catena di piccole disgrazie.
Il quintetto
Kidd è come al solito l'ago della bilancia di questi derelitti Nets e, quando i suoi passaggi non sono sufficenti per vincere, si trasforma in cannoniere (vedi i 30 punti contro Washington) e rimbalzista (ne ha presi 11 con tanto di tripla doppia contro Minnesota).
Se Kidd non è in serata e il suo tiro fa cilecca, e questo succede in particolare quando è costretto a forzare, gli altri quattro devono necessariamente salire di livello. Ma se questi "altri" si chiamano, per esempio e senza offesa, Doug Overton è molto probabile che i Nets escano dal campo con una bella sconfitta.
Durante la pre-season, Scott aveva già fatto trasparire la possibilità di un impiego di Kidd molto limitato, massimo 36 minuti a partita, e invece il playmaker californiano sta viaggiando a quota 40', con una punta di 45' nell'ultima trasferta (persa) contro Detroit.
Gli straordinari sono legati sia alle assenze degli altri big che al ritardo di preparazione di Zoran Planicic. Non che il rookie croato sia giù di forma, il problema è che non ha ancora capito come funziona l'attacco Princeton, e il Coach non si fida a lasciarlo in cabina di regia per più di cinque minuti.
Kerry Kittles continua ad essere un fantasma nell'attacco dei Nets e, nonostante il risveglio contro Detroit, con 17 punti e 8 su 15 al tiro, il suo 29% dal campo dei primi sei incontri ha fatto immediatamente pensare a qualche intervento sul mercato. Ma Rod Thorn dice che non ci sarà nessuna operazione di assestamento, e se lo dice lui è meglio che i detrattori di Kittles si mettano il cuore in pace.
Richard Jefferson sta giocando bene, con percentuali ottime e una tranquillizzante continuità . In assenza di Martin è chiaramente lui il destinatario principale degli assists di Kidd, e le gioie dei tifosi che lo vedono volare a raccogliere alley-oops, sono più o meno paragonabili ai piaceri provati dai giornalisti durante le sue interviste.
Recentemente stuzzicato sull'altalenante andamento della squadra ha rilasciato questa dichiarazione: "siamo tranquilli, essere 2-2 non significa avere il 50% di vittorie". Richard, la matematica non è un'opinione, due partite su quattro equivale al 50%. "Siate seri, essere a dieci vinte e dieci perse vuol dire realmente viaggiare al 50%, per adesso non c'è niente di cui preoccuparsi""". Sarebbe bello poter rifare la stessa domanda a Jefferson nella situazione attuale, con i Nets fermi a tre sole vittorie e con gli Spurs in arrivo. Chissà cosa si inventerebbe"
In ala grande, la posizione naturale di Martin e Rogers, ha fatto una breve ma dignitosa apparizione Scalabrine; adesso che anche lui è tra gli indisponibili il posto appartiene a Jason Collins.
The Twin, sempre titolare in queste prime uscite, aveva già vinto il ballottaggio con Alonzo Mourning, e questa è un ulteriore indizio a supporto di quel sospetto che voleva l'ex centro di Stanford come obiettivo principale dello scambio che portò a New Jersey Jefferson e Armstrong.
Scott sostiene che la presenza in quintetto è il giusto premio per il duro lavoro e il costante progresso dimostrato da Collins. Sono più o meno le stesse parole pronunciate lo scorso anno quando il Gemello il ballottaggio lo vinse a spese di Mutombo e, visti i successivi sviluppi, questo non lascia molte speranze a chi voleva Mourning sul parquet per almeno 30' a partita.
L'utilizzo di Collins come ala grande è comunque piuttosto fittizio in quanto, anche se in difesa è lui che si occupa dei numeri quattro avversari, in attacco ritorna ad occupare la propria posizione di centro, scambiandosi il ruolo con l'ultimo membro dello starting five: Aaron Williams.
Ribattezzato recentemente "Iron Man" per il suo fisico eccezionale, che lo ha reso immune da ogni sorta di infortunio, Williams è un giocatore dall'elevato coefficiente di rendimento. Che parta titolare o dalla panchina il suo contributo in termini di punti, di rimbalzi o di sacrificio difensivo lascia quasi sempre il segno e il suo tiro dalla media distanza a volte è perfino più affidabile di quello di K-Mart.
L'immediato futuro
Ovviamente Scott deve continuare ad arrangiarsi con i giocatori che ha a disposizione mostrando però una maggiore predisposizione all'azzardo. Dovrebbe rischiare di più buttando nella mischia atleti che si sono visti poco, come Slay o Armstrong, ma che in quelle rare occasioni hanno dimostrato di poter reggere il forte.
Con il pieno recupero degli assenti la situazione dovrebbe cambiare radicalmente. Utilizziamo il condizionale perché c'è ancora da sciogliere il dubbio relativo a quello stretto legame tra Byron Scott e i minuti di rotazione della panchina.
Solitamente le seconde linee servono, in situazioni di ordinaria amministrazione, quando i titolari devono tirare il fiato o stanno giocando palesemente male. Per Scott invece il loro ruolo è quello di timbrare il cartellino allo scoccare del minuto stabilito per l'ingresso in campo, fare il loro compitino e timbrare di nuovo quando giunge il momento di tornare a sedersi.
Ovviamente abbiamo estremizzato per evidenziare il più grande difetto di Scott, che è troppo legato alla fredda programmazione, con scarsa propensione all'improvvisazione e alla lettura immediata di ogni singola situazione.
Il tempo a disposizione per far quadrare il cerchio non è molto anche perché il calendario prevede l'arrivo degli Spurs, il Derby, una trasferta ad Atlanta e i lanciatissimi Hornets del ritrovato Baron Davis.