NBA: le pagelle della Week 1

Mike Redd esulta: i Bucks grazie a lui sono sopra al 50% di W.

PROMOSSI

Michael Redd
Negli ultimi anni i Bucks hanno affidato le proprie fortune a talenti del calibro di Allen, Cassel, Robinson, Payton, ma nonostante i nomi altisonanti la squadra è rimasta invischiata nella mediocrità .
Da quest'anno, più per la necessità  di dare un taglio alle spese che per un effettivo piano tecnico, si è deciso di imbastire una squadra giovane, senza stelle, in cui il ruolo di go-to-guy è stato affidato a Micheal Redd: l'eterna riserva di Ray Allen, un giocatore affermatosi ormai da un paio di stagioni come affidabilissimo sesto uomo, ma costantemente sottovalutato.

Il suo inizio di stagione è stato abbacinante: 5 partite, 21ppg in poco più di 30 minuti di media, ma soprattutto 53% dal campo e 52.6% da tre punti. Cifre d'altri tempi, già  impressionanti di per se stesse, che diventano strabilianti se teniamo conto del fatto che è una guardia, è la prima (unica?) opzione offensiva, gioca in una squadra senza lunghi, senza una credibile opzione in post basso, senza un altro affidabile terminale offensivo al suo fianco. Chapeau.

Vin Baker
Le informazioni degli insider nel precampionato lo davano tirato a lucido, è vero. Ma il massimo che ci si aspettava da lui era che vincesse la sua guerra con la bottiglia e magari riuscisse a fare qualche comparsata in campo, come atto di presenza, raccattando qualche punto nel garbage time.

Invece la prima settimana di NBA ci ha regalato un giocatore protagonista, che a sprazzi ha addirittura ricordato l'All Star che fu: 17+6 in 31 minuti di media, ma soprattutto un incredibile 63.6% dal campo che gli permette di insediarsi saldamente al primo posto assoluto nella percentuale di tiro.
Lasciandoci andare alle tentazioni della retorica potremmo dire che lui il suo titolo NBA l'ha già  vinto, va detto comunque che se si mantiene su questi livelli i Celtics possono presentare credenziali solide per un posto ai playoffs.

LeBron James
Alla sua età  Kobe e TMac marcivano inesorabilmente in fondo alla panca, ma era un contesto troppo diverso per poter fare dei paragoni seri. Se però prendiamo le gare d'esordio di Garnett, Stoudemire, Jermaine O'Neal, Chandler, Curry e Kwame Brown… beh questa sfilata di illustri liceali che hanno fatto il salto verso i pro riesce appena ad eguagliare il fatturato di LeBrone (25 punti conditi da 9 assists, 6 rimbalzi e 4 scippi; il tutto contro i Kings) nella sua prima partita; la sera successiva, affrontando il primo back-to-back della sua carriera, ha pensato bene di rincarare la dose sfiorando la tripla doppia (21-12-8) che avrebbe avuto del mitologico.

In ogni caso devi farne di strada, bimbo, quindi allacciati ben strette le scarpine Chicco (o meglio le tue zatterone Nike da 100 milioni di dollari) perchè da adesso in poi sarà  ancora più dura: lo dimostra il 6/23 complessivo nelle due gare successive.

Per il momento, però, le zone d'ombra (come ad esempio il fatto che nonostante LeBrone i Cavs siano persino peggiori dell'anno scorso) le lasciamo da parte, e ci accontentiamo di mettere in luogo asciutto e ben areato la cassetta dell'Avvento del Messia, per tramandarla ai posteri.

Earl Boykins e i Denver Nuggets
Impossibile non lasciarsi sopraffare dalla simpatia e dal tifo sfegatato per uno che fisicamente non stonerebbe in una foto di gruppo di quinta elementare, ma tant'è risulta essere il secondo marcatore della propria squadra ad un soffio da Carmelo Anthony, seppur giocando mediamente 8 minuti in meno, grazie al fatto di tirare col 46% anzichè col 34%.

Impossibile non simpatizzare per una squadra che Kiki Vandeweghe ha costruito negli ultimi due anni con pazienza certosina e competenza degna del miglior Jerry West.

Impossibile non ammirare una squadra molto acerba, incompleta e ancora “in divenire”, ma a cui comunque Bzdelik è riuscito a dare una identità  ben precisa e un gioco in grado di infastidire chiunque (sesta miglior difesa della lega per punti subiti ma prima nelle stopppate e seconda per percentuale concessa agli avversari!).

Ronald Murray
Dice Rick Sund, GM dei Seattle Sonics: “Se continua così, la nostra versione ufficiale sarà  che la trade [che ha portato Ray Allen a Seattle] non l'avremmo mai accettata se non ci avessero messo dentro pure Ronald. La verità  però è che lui è stato inserito nello scambio solo per far tornare i conti col salary cap, non avevamo idea che fosse così forte!”.

Eh già , il buon Ronald “Flip” Murray da Logan, Pennsylvania, fino a qualche giorno fa solo uno dei tanti che scaldano le panchine NBA, ha sfruttato al meglio l'assenza di Ray of Light Allen per deliziare il pubblico d'oltreoceano con 24, 22 e ancora 24 punti nelle prime tre uscite stagionali, coincise con facili vittorie dei giovani Sonics; le prime due sono arrivate sul suolo giapponese, a danno dei sempre più derelitti Clippers.

A proposito dei Clips, la fortuna non è stata certo benevola col buon vecchio “Braccino di Legno” Sterling: il primo giocatore per cui ha allargato i cordoni della borsa ha messo meno tempo ad infortunarsi di quello che ci vuole per fare lo spelling di “ottantaduemilionididollari”.

Payton/Malone
I Lakers hanno iniziato la regular season facendo la voce grossa, un perentorio 5-0 che in gialloviola non si vedeva da tempo, anche se a ben vedere si tratta solo di regular season, quindi niente che autorizzi esultanze plateali; va comunque sottolineato, all'interno di questo filotto iniziale, il rendimento dei due veterani: 17 punti e 8 assists di media per il Guanto, 15 più 11 rimbalzi e 5 assistenze per il Postino.

Queste prestazioni sostanziose passano però in secondo piano di fronte al poco pubblicizzato ma decisivo contributo che potrebbero aver dato alla stagione dei gialloviola in tutt'altre faccende: si dice infatti che solo grazie alla loro carismatica mediazione si sia potuto ricucire, o quantomeno rappezzare momentaneamente, l'improvviso quanto violento e potenzialmente devastante strappo fra Kobe e Shaq, che si sono letteralmente presi a male parole a mezzo stampa.

La sensazione è che i Lakers avranno bisogno di nervi saldi, diplomazia e buone parole ancora molte volte nel prosieguo della stagione, staremo a vedere se i due migliori giocatori qualità /prezzo della lega riusciranno a dare serenità  all'ambiente anche nei momenti difficili.

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RIMANDATI

Gilbert Arenas
Per carità , 17+6+6 sono sempre medie di tutto rispetto. Però resta l'impressione che siano cifre molto fini a se stesse, più che mezzi per migliorare la squadra e i compagni, e non bisogna dimenticare che con 4.8 palle perse a partita Gilberto è secondo solo a Paul Pierce (che però non fa il play!) in questa categoria statistica non certo lusinghiera.
In ogni caso non si può certo dire che i Wizards abbiano ricevuto una grande scossa dal suo (profumatamente remunerato) innesto, la squadra non riesce ad uscire dalla mediocrità .

Marion/Stoudemire
Dovrebbero essere il braccio armato degli ambiziosissimi Suns, e invece stanno entrambi tirando con un vergognoso 39% dal campo.
Dovrebbero anche essere in grado di fare la voce grossa, anzi grossissima, sotto i tabelloni, ma Phoenix è la peggior squadra della lega nel differenziale a rimbalzo, e in questo qualche colpa ce l'avranno pure loro.

In compenso continuano a farsi riconoscere come due dei più inesorabili “buchi neri” della lega: dopo 6 partite il conteggio globale dice 5 assists in due.
Anche per questi motivi i Suns sono 2-3, ed è già  il momento di rimboccarsi le maniche: ad Ovest ci sono parecchie squadre già  in forma smagliante, la lotta per un posto ai playoffs sarà  lunga e sfibrante.

Minnesota Timberwolves
Si parlava di squadre dell'Ovest in forma smagliante? Beh, i Wolves non sono certo una di queste: 3-3 il record dei Lupi per iniziare la stagione, niente più che mediocre tenendo conto di un calendario abbordabile e del fatto che con l'arrivo di Olowokandi, Cassell e Sprewell molti power rankings li mettevano fra il secondo ed il terzo posto ad Ovest.

E' vero che le assenze di Szczerbiack e Hudson sono significative, è vero che qualche settimana di preseason è poco per trovare la proverbiale amalgama, sta di fatto che l'impressione generale è sempre quella di un gruppo più vicino al “senza infamia e senza lode” che al livello necessario per dominare nella sempre più temibile Western Conference.

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BOCCIATI

Eddy Curry e i Bulls
Non c'è santo che tenga: questa stagione sarà  decisiva per il futuro dei Bulls: l'ossatura della squadra ormai è formata e bisogna dare delle risposte concrete, sul campo: non è detto che l'obiettivo debba per forza essere la qualificazione per i playoffs, restare ai piedi della giostra un altro anno non sarebbe grave di per sè: quel che è davvero importante è dare finalmente l'impressione di essere una squadra con la S maiuscola, di essere in grado di sfruttare le proprie immense potenzialità .

Più in particolare dovranno dare delle risposte concrete i due ex liceali, Curry e Chandler: sono al fatidico terzo anno, quello che tradizionalmente fornisce i primi veri responsi sul fatto che un High-Schooler possa diventare un vero campione, o si debba accontententare di restare un buon giocatore come tanti altri.

Tante domande, tante incertezze, e l'inizio di stagione non è stato incoraggiante: 2-4 di record per la squadra, nonostante un calendario morbido che ha messo di fronte i tori ad una sola squadra di alto livello, i Rockets (ed è stato un massacro); a guardare le cifre, poi, la situazione sembra ancora più grigia: i Bulls sono quartultimi per punti subiti, ultimi per percentuale dal campo, ultimi per differenziale nella percentuale dal campo e in quello fra punti fatti-subiti.

Per quanto riguarda C&C, Chandler sta proseguendo con i vistosi miglioramenti visti l'anno scorso, mentre Curry ha avuto un inizio di stagione disarmante: nelle prime 5 partite 9 punti e 4 rimbalzi di media, ma soprattutto un 36% dal campo che è cifra vergognosa per uno con quella stazza, quelle mani e che l'anno scorso ha chiuso la stagione col 58% abbondante.

Dallas Mavericks
Antoine Walker ha iniziato la stagione in modo sfavillante (17ppg, 10rp e 5 apg), Antawn Jamison si è calato con sorprendente umiltà  nel ruolo di sesto uomo senza la minima polemica (12+6 in poco più di 25' di media), Nowitzki è sempre Nowitzki e Nash, nonostante qualche acciacco, è sempre Nash; aggiungeteci un calendario francamente risibile (dopo i Lakers all'esordio Warriors-Jazz-Heat-Wizards-Raptors) e cosa otterrete? un roboante 6-0 come l'anno scorso? Niet. Otterrete invece uno scialbo 3-3, una squadra assolutamente mediocre in tutte le voci statistiche, una dirigenza che pare aver già  in serbo l'ennesima trade pirotecnica.

Il visionario quanto potenzialmente entusiasmante progetto dei Nelson ha solo bisogno di tempo, o forse c'è un errore di calcolo da qualche parte all'interno dell'equazione “chi se ne frega se non posso difendermi da te, se tu non riesci a difenderti da me”?

Pat Riley
E' difficile dare ragione ad un allenatore che decide, a quattro giorni dall'inizio del campionato che doveva essere quello della rinascita, di mollare la squadra in mano ad un proprio assistente e di limitarsi a fare il GM. E' difficile, ma se l'allenatore in questione è il mitico Pat Riley, concedergli quantomeno il beneficio del dubbio è obbligatorio.

Se però la squadra inizia la stagione con 5 sconfitte su 5 partite, il penultimo attacco della lega come punti e l'ultimissimo quanto ad assist, nonostante i nuovi acquisti… beh allora si inizia a pensare che le impressioni iniziali una volta sentita la notizia non fossero così ingenerose.

Tracy McGrady e i Magic
In Florida si pensava che l'innesto di Howard bastasse a trasformare una squadra buona ma mai davvero convincente in una formazione in grado di far paura nella lotta per il titolo (della Eastern Conference).

L'inizio di stagione ha invece rappresentato un brusco risveglio:
i Magic sono partiti 1-5 nonostante un calendario non difficile, e stanno mostrando una pochezza disarmante. La squadra non ha ne' capo ne' coda, in particolare nonostante un decente contributo da parte di Lue (15ppg+3.5apg) sembra accusare terribilmente la perdita dell'intelligenza, del carisma, della leadership e della grinta di Darrell Armstrong.

Il principale imputato, ovviamente, è TMac: 22+6+5 sembrano cifre al di sopra di ogni sospetto, in verità  il nostro sta tirando con percentuali aberranti (37% dal campo e 25% da tre) oltre a mostrare preoccupanti carenze quanto a leadership, capacità  di trascinarsi la squadra sulle spalle in campo e di dare fiducia ai compagni con i suoi comportamenti fuori dal parquet.

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