Kedrick Brown dà i primi segnali di risveglio: è importante per l'economia del gioco dei Celtics
Boston Celtics @ New Orleans Hornets 90-97
Boston Celtics @ Detroit Pistons 88-96
New Jersey Nets @ Boston Celtics 94-87
Le preoccupazioni sollevate fin dal pre-season report e rinnovate nel report della scorsa settimana riguardante le difficoltà che i Celtics troveranno in questa stagione non sono state inutili.
Era molto probabile agli inizi di ottobre, è diventato praticamente certo dopo lo scambio di Walker: i Celtics non sono più quelli dell'anno scorso, sono diversi. Migliori? Peggiori? Questo non si sa, ma sicuramente diversi.
Prima erano capaci di vincere tutte le partite, ora non più. Fino all'anno scorso le due stelle davano concrete possibilità di portare a casa il risultato utile contro ogni squadra, perché in caso di giornata buona sia di Pierce che di Walker le difese avversarie erano in gravi difficoltà a contenerli contemporaneamente.
Prima erano anche in grado di perdere tutte le gare, ora non più. Se una delle due stelle non inventava qualcosa, lo spazio ridotto a disposizione degli altri giocatori e la mancanza cronica di un terzo terminale offensivo veramente efficace rendeva difficoltosa ogni vittoria, ma spesso il risultato positivo si portava a casa comunque; ora invece gli incontri più facili si dovrebbero vincere senza troppi problemi perché la presenza di più giocatori con almeno 10-15 punti nelle mani garantisce un livello minimo di pericolosità offensiva che prima i Celtics non avevano.
Prima erano atipici, con un'ala forte che decideva prima di ogni azione in che parte del campo stare ed una guardia con licenza di fare e disfare a piacimento. Ora invece ci sono due veri play, alcune ali piccole, un paio di buone ali forti ed altrettanti che fanno la loro onesta figura nello spot di centro, quindi è chiaro il fatto che è stata presa una direzione molto più classica.
Il problema di questo cambiamento è noto: con Walker non si sarebbe mai vinto un titolo, quindi il general manager Danny Ainge ha deciso di cambiare. Come già menzionato su questa rubrica, solo il futuro ci dirà se il cammino intrapreso sarà quello giusto, ma fra due-tre anni ci sarà l'occasione di cambiare ancora rotta, se necessario.
Nel frattempo bisogna attendere la crescita dei giocatori presenti nel roster o di chi eventualmente verrà nel futuro, ma bisogna giocoforza "fare il callo" a situazioni come quella di questa settimana, dove Boston ha fatto registrare tre sconfitte, tutte non superiori ad 8 punti di distacco.
Per fare un paragone con l'anno scorso, probabilmente almeno una di queste partite sarebbe finita con una vittoria dei Celtics, ma altrettanto probabilmente si sarebbe registrata una sconfitta di almeno 30 punti di distacco, cosa che quest'anno sarà estremamente difficile e che creava un clima d'imbarazzo all'interno dello spogliatoio.
Andando nel dettaglio delle gare settimanali, possiamo notare facilmente come la sconfitta contro gli Hornets sia arrivata solo grazie ad una serata eccezionale di Baron Davis, senza la quale una vittoria dei beniamini in biancoverde non sarebbe stata difficile. Gli altri due incontri non presentano prestazioni eclatanti, sono state sempre in equilibrio per quasi tutta la durata dei rispettivi incontri e solo una mancanza d'esperienza e di un giocatore in grado di fare il suo apporto decisivo nei momenti importanti non ha permesso di segnare una vittoria nel tabellino finale.
In realtà il giocatore in grado di dare un valido contributo nei momenti clou c'è: è Paul Pierce. Purtroppo per lui questa squadra richiede sempre la sua presenza proprio per mancanza di altre guide forti, ma se Paul rimane sempre in campo (43 minuti di media) ed è costretto a prendersi almeno 20 tiri a partita, con un picco di ben 32 contro i Nets, è logico che non sia sempre in grado di dare il meglio di sé nel finale, sua caratteristica principale.
Sia chiaro, anche questa settimana Pierce ha fatto la sua ottima figura, con tre doppie doppie e sempre sopra i 20 punti di media, ma non può fare pentole e coperchi. Questo è uno dei motivi per cui prevedo una stagione altalenante, ma sostanzialmente difficile.
Tra chi ha dato una mano a double-P, si può citare il sempre più sorprendente Vin Baker, con un eccellente ventello contro Detroit e numeri non malvagi neanche sotto le plance.
Non si può dimenticare neanche Mike James, anche se ha fallito la gara contro New Jersey, degnamente sostituito da Marcus Banks, che inizia a dare i primi segnali di miglioramento. Nella stessa gara ha dato gli stessi positivi segnali Kedrick Brown, dal quale ci si aspetta molto questa stagione.
Proprio su Brown, Ainge ha avuto parole incoraggianti: "quest'estate si è veramente impegnato per migliorare il suo gioco e siamo veramente fiduciosi su di lui", vediamo se il buon Kedrick saprà ripagare la fiducia riposta: è un anno importante, non può fallire.
Jumaine Jones è tornato in campo dopo il leggero infortunio occorsogli nel camp autunnale dei Celtics, ma non ha inciso come ci si aspetterebbe: giudizio sospeso in attesa che si rimetta del tutto e che prenda il ritmo con le partite. Il suo posto nell'infermeria è stato preso da Eric Williams, a causa di una contusione al ginocchio destro.
Vediamo gli incontri previsti per la settimana prossima:
domenica in casa contro Sacramento;
martedì ad Indianapolis;
mercoledì in casa contro Chicago;
venerdì in casa contro Cleveland.
È in programma un'amplia gamma d'avversari: quella forte (Sacramento), quella emergente ma inesperta (Cleveland), la possibile sorpresa stagionale (Indiana) e quella imprevedibile, che potrebbe fare molto bene, ma anche molto male (Chicago).
Fornire una previsione settimanale questa volta è molto difficile, ma la mancanza d'atipicità dei Celtics mi può far dire che due sconfitte (Kings e Pacers) e due vittorie (Cleveland e Chicago) è il bilancio più probabile.
È ancora presto per guardare le classifiche. Lo faremo quando ci saranno un numero di gare sufficiente per dare le prime valutazioni.
Appuntamento alla prossima ottava.