Lamond Murray finalmente in campo con la maglia dei Raptors
Finalmente si torna a giocare, sul serio: la stagione NBA è cominciata.
Questa potrebbe essere un'affermazione valida per tutte le squadre NBA, ma se c'è un team che aveva bisogno di ricominciare per dimenticare il più presto possibile l'annus horribilis appena trascorso erano proprio i Toronto Raptors.
Un breve riassunto delle disavventure dell'unico team canadese ancora presente nella lega dopo la poco onorevole dipartita di Vancouver: innanzitutto il mercato, con la mancata riconferma nell'estate 2002 del free agent Keon Clark, lasciato libero più per i suoi trascorsi con la marijuana che per veri e propri problemi contrattuali.
Il lungo chiamato “tree” si trasferisce a Sacramento, che quest'anno gli riserverà peraltro identico trattamento, e Raptors che si muovono sul mercato free agent mettendo a segno un solo colpo significativo: l'ala piccola Lamond Murray, proveniente dai derelitti Cavs, che avrebbe dovuto assicurare tiro dal perimetro e pericolsità sugli scarichi.
Avrebbe dovuto, senonché in pre-season (molto pre e poco season) il neo-Raptor si procura un gravissimo infortunio alla caviglia che lo terrà fuori esattamente…tutta l'intera stagione.
E da qui cominciano le incredibili disavventure della squadra di coach Lenny Wilkens.
Gli infortuni, più o meno seri, arrivano puntuali con scadenze tremendamente regolari, colpendo di volta in volta tutti gli elementi di un quintetto base che pure l'esperto Wilkens non sa più come gestire.
E allora sotto con Antonio Davis, unico uomo di peso sotto i tabelloni, Morris Peterson e Voshon Lenard, quest'ultimo ingaggiato a stagione in corso, Lindsey Hunter e persino “The Junk Yard Dog” Jerome Williams, vero idolo dell'Air Canada Centre e leader dello spogliatoio.
Senza parlare poi del ritiro di Hakeem Olajuwon, della prolungata indisponibilità di Eric “ho un contratto da MVP” Montross e del difficile inserimento del rookie Chris Jefferies.
Ma la tegola più grossa ovviamente è stata la nuova odissea di Vince Carter, costretto ad un secondo intervento chirurgico al ginocchio che lo ha tenuto fermo per metà regular season.
Alla fine di una stagione che ha visto Toronto non solo non centrare i playoff ma anche “lottare” con Cavs e Nuggets nella LeBron Race, i Raptors non sono stati nemmeno baciati dalla dea della lotteria, ottenendo solo una quarta scelta assoluta per il draft.
In Canada si è pensato ad una trade, clamorosa se fosse andata in porto, che avrebbe dovuto coinvolgere lo scontento Antonio Davis, i diritti sulla quarta scelta, appunto, e un quanto mai improbabile Rasheed Wallace, che follie a parte sarebbe venuto a dominare l'Est con triple doppie d'ordinanza in 3 quarti scarsi di utilizzo.
Non se n'è poi fatto nulla, com'era prevedibile, e Toronto si è orientata su Chris Bosh, 19enne proveniente da Georgia Tech, che avrà il compito di assicurare presenza sotto canestro e contributo a rimbalzo.
Poi la ricostruzione è proseguita con l'annunciato e altamente prevedibile addio di coach Wilkens, sostituito dal genio della difesa Pistons Kevin O'Neill, alla prima esperienza come allenatore-capo in NBA, che dovrebbe trasmettere alla squadra di Carter e compagni quell'aggressività che ha portato Detroit ai vertici della Eastern Conference negli ultimi 2 anni.
Il mercato estivo ha visto i Raptors perdere alcuni pezzi del supporting cast, come Voshon Lenard tornato ai Nuggets e Lindsey Hunter passato ai Pistons, ma aggiungerne altri pescando a volte nel sommerso NBA, per usare un termine buffiano.
Sono arrivati alla corte di coach O'Neill Jerome Moiso, francese ex-Hornets di grande spessore atletico-difensivo e straordinario stoppatore (chiedere ad Allen Iverson, playoff 2002), Rick Brunson, playmaker ordinato proveniente dai Bulls che dovrebbe assicurare minuti di riposo al titolare Alvin Williams, Mengke Bateer folkloristico ma non per questo scarso centro ex Nuggets e Mavs, e Milt Palacio, un passato nei Celtics e grande sogno della Fortitudo Bologna, famoso per i suoi buzzer-beater in precario equilibrio.
Proprio lui è stato il grande protagonista della Summer League dei Raptors, ed anche della pre-season, nelle quali ha dimostrato non solo di meritare un posto nel roster per la sua applicazione in regia, ma anche di poter essere una valida alternativa, forse la migliore viste le difficoltà di Brunson, al solido ma non sempre produttivo offensivamente Alvin Williams.
Certo le partite giocate da Palacio non erano attendibili al 100%, perché giocate comunque ad agosto, ma O'Neill è stato sicuramente piacevolmente sorpreso nel vedere le seconde linee della sua nuova squadra rispondere presente.
Ultimo pezzo del puzzle di Kevin O'Neill è stato Michael Curry, strepitoso difensore, uno dei migliori ad Est dopo Ron Artest, che ha seguito il suo allenatore nella rotta Detroit-Toronto, inserito nell'affare Hunter.
Ma probabilmente i 2 più grandi acquisti dell'anno sono stati Vince Carter e Lamond Murray, tornati finalmente in piena efficienza fisica.
Ed è stato proprio Carter a caricare la squadra ad inizio stagione “minacciando” chi lo aveva bistrattato nel suo periodo da incubo, e trascinando i suoi ad una pre-season molto convincente chiusa con 4 vittorie e 2 sconfitte, con vittime illustri quali gli stessi Pistons.
Ed anche la regular season vera e propria è iniziata nel segno della rinascita per i canadesi, ma soprattutto nel segno di “Vinsanity”, che ha griffato prima 39 punti nella vittoria 90-87 contro i Nets vice-campioni del mondo, poi 26 nella seconda W dell'anno, sempre all'Air Canada Centre contro Washington, 82-79.
Ottimo anche l'apporto sotto i tabelloni della collaudata coppia Antonio Davis-Jerome Williams, scelta almeno per quest'inizio di stagione come quella titolare da O'Neill, in attesa dell'esplosione sperata di un comunque già incisivo Chris Bosh.
Ieri notte però è arrivata anche la prima sconfitta (esterna) dei Raptors, molto poco VelociRaptors contro la corazzata Minnesota, che li ha spazzati via 73-56, a testimonianza che i problemi offensivi non sono stati ancora del tutto risolti dal neo-allenatore, che privilegia è vero la difesa ma che non potrà certo prescindere da un buon rendimento offensivo dei suoi se vorrà raggiungere quei playoff che la franchigia canadese ha mancato l'anno scorso.