Per i Nets, finchè c'è Kidd, c'è speranza!
Anche se non ci siamo trasferiti in un’aula di tribunale, e non ci sono veri processi in corso (quello a Kobe Bryant basta e avanza) la pre-season di New Jersey ha decretato un primo verdetto.
La difesa dei Nets si sta confermando il punto forte anche in questa fase di riscaldamento. I ragazzi di Byron Scott hanno concesso agli avversari di sconfinare oltre i 90 punti solo nella partita (persa 95-90) con i Boston Celtics, che probabilmente hanno ancora il dente avvelenato per le batoste rimediate nelle ultime due serie di playoff.
In tutte le altre gare, agli sfidanti è stata concessa una media di 81 punti, che scende addirittura sotto i 60 se si considera solo la fase della partita in cui la presenza dello starting five ha maggiore incidenza, vale a dire durante i primi tre quarti.
I Nets si stanno impegnando strenuamente su questa fase del gioco poiché sono ben coscienti che nella NBA, soprattutto quando il gioco si fa duro, le partite si vincono in difesa.
Analizzando le statistiche della scorsa stagione emerge che tra le squadre con la più bassa media punti concessa ci sono gli Spurs, i Pistons e i Nets.
Il caso vuole che Pistons e Nets si siano disputati la finale della Eastern Conference, e che gli Spurs si siano laureati Campioni dl Mondo. E agli allenatori poco importa se le partite a punteggio basso hanno ascolti bassi o che i media non vorrebbero rivedere i Nets in finale perché potrebbero far calare l’audience. L’unica cosa che importa è vincere.
E a New Jersey la fame di vittorie non si è ancora placata, perché arrivare in finale è bello, ma vincerla sarebbe fantastico. Scott sembra stia utilizzando gli incontri di pre-season per consolidare questa grinta difensiva e trasmetterla anche ai nuovi arrivati.
Siamo vicini alla certezza che la difesa dei Nets non sia più una questione di talenti individuali ma una vera e propria mentalità di squadra. I migliori giocatori difensivi, infatti, in queste prime otto partite (che New Jersey ha chiuso con un record di 5-3) si sono visti ben poco. Kidd ha fatto solo tre apparizioni giocando una media di 29 minuti a gara. Martin ne ha giocate solo sei, anche lui con minutaggio ridotto.
Richard Jefferson è perfettamente in sintonia con lo staff tecnico: “Non siamo come Sacramento o Dallas, il loro sistema di gioco e il loro potenziale gli permette di superare spesso i 100 punti per partita e di concedersi qualche pausa in fase difensiva. Noi vogliamo invece che i nostri avversari segnino il meno possibile, li costringiamo a tirare male……è il nostro marchio di fabbrica ormai”.
Per quanto possa essere limitato il potenziale offensivo degli avversari, per vincere è sempre necessario fare almeno un punto in più, e le percentuali dei Nets di ottobre non lasciano molto ben sperare in tal senso.
L’attacco, eccezion fatta per i 101 punti dell’esordio contro Phoenix, non è ancora un motore ben oliato. Byron Scott non ha ancora spremuto i suoi titolari ed è ancora alla ricerca della giusta rotazione della panchina alla quale, a volte, è troppo vincolato.
Tra le giustificazioni di questa scarsa produttività offensiva, possiamo aggiungere le mani ancora fredde dei tiratori e la mancanza del ritmo da “partita vera”.
Qualcuno però sta tentando di individuare un soggetto contro il quale poter puntare il dito.
Sotto accusa
Gli occhi dello staff e soprattutto quelli dei tifosi più attenti sono concentrati su Kerry Kittles, sicuramente l’elemento più debole del quintetto base.
Non è improvvisamente diventato un brocco, ma è più che lecito pretendere di più dalle sue prestazioni, in particolare in termini di continuità .
Kittles è un discreto difensore sulla palla e più che buono sulle linee di passaggio, capita però troppo spesso che, contro le guardie abili nel movimento senza palla o amanti dell’uno contro uno, Kidd debba intervenire a tamponare i buchi. Ma Scott sembra accettare questa situazione.
Kittles non è un gran penetratore, ma compensa con la sua grande velocità in campo aperto, e il suo 42% al tiro non è del tutto disprezzabile.
L’unica cosa che lo staff pretende da lui è un forte senso della responsabilità , ovvero un maggior numero di tiri (possibilmente precisi), con conseguente pericolosità costante dal perimetro.
I Nets di oggi, oltre a confidare nelle capacità di Kidd di trovare sempre l’uomo smarcato, sperano che le difese avversarie raddoppino la palla in post basso, in particolar modo se a giocarla sono Mourning o Martin. Da queste situazioni potrebbero nascere facili scarichi sul perimetro, sui quali Kittles deve dimostrarsi pronto ed efficace a trasformarli in canestri pesanti.
Troppo spesso abbiamo visto Double K rifiutare dei tiri abbastanza comodi, improvvisando inutili finte o improbabili palleggi tra le gambe, per poi lasciare che gli altri levassero le castagne dal fuoco al posto suo. Ogni mancato impatto sulla partita è coinciso con l’immediata uscita a favore di un Lucious Harris che, specialmente nelle serie di playoff, si è sempre dimostrato più pronto e aggressivo.
E’ probabile che Kittles non abbia ancora digerito quelle infinite sostituzioni, soprattutto dopo lo sciagurato ultimo quarto di Gara 6 di finale con San Antonio. Fino al terzo periodo Double K è stato probabilmente (e finalmente) uno dei migliori in campo finchè, puntuale come un orologio svizzero, è scattata la severissima e precisissima rotazione di Byron Scott.
Il Coach fa uscire la sua guardia titolare, per dimenticarsela poi in panca per quasi tutto il quarto, durante il quale gli Spurs hanno piazzato il parzialone vincente.
Scott ha recentemente ammesso che quello è stato uno dei più grossi errori e rimpianti della sua carriera. Non è una dichiarazione che cambia il passato, ma sono parole che possono rinvigorire e dare fiducia alla delusa guardia titolare dei Nets.
Ve l’avevamo detto…
…che le condizioni fisiche di Alonzo Mourning sono sempre molto vicine allo stato di allerta: la scorsa settimana il Guerriero ha lamentato un forte dolore al collo e i più pessimisti hanno subito pensato a una possibile infiammazione dei nervi e all’impossibilità di curarla velocemente a causa dell’incompatibilità tra la malattia renale e gli antinfiammatori.
Fortunatamente per i Nets il danno è meno grave del previsto, e con un paio di trattamenti del chiropratico di fiducia, il collo di ‘Zo è già stato rimesso in sesto.
Vi avevamo anche già accennato del possibile dualismo proprio tra Mourning e Kenyon Martin ma, ufficialmente, nessuno dei due giocatori ha mostrato segni di malcontento.
A sollevare un po’ di polverone ci pensano però i media di New Jersey e dintorni, che stuzzicano continuamente Martin sottolineando che durante la pre-season, in caso di contemporanea presenza sul campo, la palla finiva prevalentemente nelle mani di Mourning.
Martin, che forse ha imparato a riconoscere le provocazioni, con molta calma e tranquillità si è limitato a queste dichiarazioni: “Non importa chi ha più possessi o chi segna di più, l’importante è vincere……è normale che ‘Zo attiri su di se tutte le attenzioni, He is the Man!”.
Speriamo che K-Mart pensi veramente al bene della squadra e non soffra di gelosia, perché se questa coppia dovesse entrare in sintonia, ad est sarà praticamente impossibile fermarla.
Per valutarlo dovremo però aspettare ancora qualche giorno, poiché Grand Kenyon, si è procurato un infortunio al pollice della mano destra ed è in forse per le prime due partite di regular season.
A fargli compagnia in lista infortunati potrebbe esserci anche Harris, che lamenta un forte, e non ancora identificato, dolore alla schiena.
Anche se l’infermeria si sta affollando, i Nets sono pronti e gasati, il 29 ottobre si avvicina e i Timberwolves sono ansiosi di sfidare i Campioni dell’Est.
Niente male come avvio di stagione!