Quest'anno Shaq sarà in forma fin dalla prima partita della stagione?
Analizzare una stagione a pochi giorni dall'inizio, risulta sempre una cosa difficile, ovviamente, per capirci qualcosa dobbiamo innanzitutto trarre le conclusioni da quello che ci ha detto l'ultima stagione, associandola ha tutti i molteplici cambiamenti che ha portato l'estate nei roster delle varie squadre, quello che ne viene fuori è sicuramente un campionato tirato ed eccitante, che magari però vedrà le squadre divise in fasce ben distinte.
L'informazione più importante che ci ha lasciato la scorsa stagione, è sicuramente il fatto che la stagione regolare non può essere affrontata come un semplice rodaggio in vista dei playoff, come tentarono di fare i Lakers lo scorso anno, quando Shaquille O'Neal rimandò un piccolo intervento, saltando prima il training camp, e in pratica anche il primo mese di stagione regolare, il resto della ciurma fece una preparazione fisica finalizzata ai playoff, e i Lakers fino a Natale nonostante un Kobe Bryant da quasi tripla doppia di media, finirono per perdere quasi tutte le gare.
A quel punto si ritrovarono a dover affrontare una lunghissima rincorsa prima verso l'ottavo posto che sembrava non finire mai, poi un finale allo sprint per conquistare il fattore campo entrando nelle prime quattro. I risultati di quello sforzo non furono pagati subito al primo turno contro Minnesota, ma poi nulla poterono fare Shaq e compagni di fronte agli Spurs troppo più rodati e in palla di loro.
Il fatto di non poter giocare una stagione regolare rilassata, è ormai cosa certa, al punto che le pretendenti al titolo, sia ad ovest che ad est hanno consolidato i roster, rendendo le panchine molto profonde, proprio in vista di una corsa lunga otto mesi.
Soprattutto ad ovest si prospetta una vera e propria battaglia tra cinque squadre che puntano direttamente al titolo, Lakers, Kings, Spurs, Mavs e TWolves, che daranno vita sicuramente a scontri diretti memorabili, scontri che alla fine sarà importante vincere anche da novembre, tenendo conto che uno scontro diretto vinto o perso ad aprile potrebbe seriamente voler dire un posto più in alto o più in basso nel tabellone dei playoff.
Le battaglie dell'ovest non sono sicuramente limitate, a queste cinque squadre perché realtà in crescita come Rockets e Suns, non saranno certo passeggiate nemmeno per che ambisce senza termini al titolo. Alla fine l'ovest rischia di essere un tutti contro tutti, un vera e propria lotta all'ultimo sangue.
Diversa la situazione ad est, dove c'è una favorita netta come i Nets, che però si sono posti giustamente come obbiettivo il miglior record stagionale per affrontare le finali con il vantaggio del campo, obbiettivo che imporrà allora anche ai Nets di non tralasciare al caso nessuna delle 82 gare in programma, per arrivare ad un record sulle 60 vittorie che dovrebbe garantire il raggiungimento del miglior record della lega.
Il fattore strettamente tecnico più importante dell'anno è sicuramente una tendenza ormai sempre più accentuata verso un gioco più offensivo, sulla scia di quello che Dallas e Sacramento hanno fatto in questi anni, questo nonostante che le due franchigie non abbiano vinto il titolo. Però è ovvio che le indicazioni date dal mercato ci dicono che Lakers, Nets, Minnesota e San Antonio non sono certo andati a cercare difensori, ma bensì gente in sintonia con il canestro, in fin dei conti in molti cominciano pensare che il credo tecnico di Nelson ossia segnare il più possibile, applicato magari ad un minimo di difesa, sia molto più produttivo, di una squadra difensiva che si affida poi nei momenti decisivi a solo due o tre giocatori.
Basta sommare le statistiche individuali dei giocatori che avevano lo scorso anno, nelle squadre dove giocavano per avere medie punti impressionanti, ovviamente tutto andrà rivisto essendo nella stessa squadra, ma la tendenza a segnare un punto più degli altri è ormai evidente, basta guarderà gli ipotetici quintetti per rendersene conto.
Il mercato NBA della scorsa estate ci riporta al tema sopra, si sono mossi giocatori di medio alto livello, ma nessuno dei primi quintetti della lega, segno che i GM delle franchigie che lottano per il titolo, hanno preferito rinforzare ulteriormente i roster, senza stravolgerli soprattutto nei giocatori leader.
Definire quello che è stato il colpo dell'anno non è semplice, i Lakers con il loro fascino, ma anche con la concreta prospettiva di anello, hanno attirato dalle loro parti a prezzi stracciati, niente di meno che la miglior ala grande della storia (alla soglia dei quaranta anni) Karl Malone e il secondo playmaker della scorsa stagione Gary Payton, arrivati ai Lakers con un solo obbiettivo ossia vincere l'anello, ben consapevoli che le loro statistiche e la loro importanza in campo sarà subordinata a quella di Shaquille e Kobe, inoltre da pochi giorni si sono presi anche Bryon Russell, ottimo comprimario, specialista difensivo, l'ideale per completare il quintetto da favola dei Lakers.
Dallas è stata alla finestra per tutta l'estate, poi dopo mezz'agosto uno scambio che ha fatto molto discutere con Golden State con una decina di giocatori coinvolti, in sostanza Nick Van Exel a Golden State e Antwan Jamison a Dallas; la rinuncia a Nick "The Quick" dopo le eccellenti prove ai playoff della scorsa primavera è stata dolorosa, però la contropartita è stata di quelle a cui non era possibile dire di no, e poi era abbastanza assurdo continuare a tenere un grande giocatore come lui in panchina, quando il reparto sotto aveva bisogno come pochi di energia e centimetri.
Altro giro, altra corsa, a pochi giorni dal via Cuban ha intavolato un altro megascambio: questa volta sostanzialmente è partito Raef LaFrenz, il titolare in posizione di centro, direzione Boston, mentre in Texas è arrivato Antoine Walker, altra ala dall'immenso offensivo e dall'ego a volte problematico. I tifosi texani, contenti per la nuova immissione di talento, ma preoccupati anzichenò per la partenza dell'unico lungo di ruolo, non hanno dovuto attendere le spiegazioni di Don Nelson: il titolare nella posizione di centro sarà … Danny Fortson! Ne vedremo delle belle…
San Antonio ha proceduto ad una mezza rivoluzione, obbligata sopratutto dall'addio dell'Ammiraglio David Robinson, i giocatori fatti arrivare per aiutare il confermato Duncan, sono tutti bravi, ma non stelle e relativamente giovani, Ron Mercer, Hedo Turkoglu, Rasho Neterovic, Robert Horry, Anthony Carter, il tutto senza pregiudicarsi le eventuali conferme future del duo Parker Ginobili.
I Kings invece hanno optato per una soluzione inversa andandosi a prendere Brad Miller che però è costato il sacrificio di quasi tutta la panchina dello scorso anno (Turkoglu, Pollard, Jim Jackson e Keon Clark), anche perché i proprietari arrivati ad un nulla dal titolo si sono messi inspiegabilmente a fare i conti con la luxury tax, regalando Keon Clark ai Jazz in cambio di due seconde scelte.
L'ultima contender ad ovest è Minnesota, che ha circondato Kevin Garnett, che ha firmato un'estensione che lo legherà a loro per altri sei anni, con gente di valore come Cassell, Spreewell, e il grande enigma Olowokandi, sperando innanzitutto che serva per abbattere il tabù del primo turno.
Ad est la situazione è diversa come detto i Nets si possono permettere una stagione regolare più tranquilla, ma il roster è di quelli profondi davvero, al punto che si è rinunciato con tranquillità anche a Mutombo. Anche qui Scott ha promesso che lavorerà per portare la squadra sui cento punti di media, cosa che con l'innesto di Alonzo Mourning e gli ulteriori progressi del duo Martin Jefferson non dovrebbe essere un obbiettivo insormontabile.
Per concludere le sei squadre che pretendono al titolo, hanno capito che la difesa da sola ormai non basta più, ci vuole una struttura offensiva che anche nelle serate sbagliate possa garantire come minimo 90 punti, a costo di rinunciare a qualcosa in difesa.
E' anche ovvio che questa concentrazione di talento nelle squadre di alto livello sta facendo si che nell'NBA ci siano due fasce ben distinte di livello di talento, con alcune, poche per la verità franchigie in una fascia che fa da cuscinetto, con un discreta dose di talento, che non basta per vincere, ma ti salva tranquillamente la stagione.
La squadra simbolo di questa tipo di realtà sono senza dubbio i New York Knicks, molti giocatori di buon livello, nessuno in grado d farti fare il salto di qualità , ma che ti mantengono a galla al limite dei playoff, una situazioni per certi versi imbarazzante che non ti offre ne grandi speranze nel presente ne nel futuro, ecco perché alcune squadre di buon livello che non riuscivano a fare l'ultimo salto hanno rinunciato a giocatori importanti, preferendo rinfrescare il roster e il salary cap ripartendo dal basso, come i Milwuakee Bucks.
In questo contesto tecnico la scarsità ormai vicina al collasso di centri veri nell'NBA diventerà un fattore importante. Rileggendo la storia recente dell'NBA, dal '90 in poi, ossia dall'inizio della dinastia dei Bulls di Michael Jordan, a parte i Bulls stessi, il titolo è sempre andato a squadre con un centro dominante, i Rockets, nel biennio 94-95, gli Spurs nel 99 e la scorsa stagione, e i Lakers nel triennio 2000-2002.
Se poi andiamo ancora indietro dall'80 in poi solo i Pistons non avevano un centro dominante a roster nella stagione che li ha portati al successo. Dunque ci sarebbe da spaventarsi per quasi tutti, ma la realtà tecnica è che il ruolo sta subendo una profonda mutazione, per imparare a stare in mezzo all'area ci vuole sicuramente più tempo che per diventare un buon esterno, poi molti giovani che avrebbero i centimetri per stare in mezzo all'area preferiscono puntare sull'atletismo e sulla tecnica, finendo per allontanarsi dal canestro.
Emblematici in questo caso gente come Jonathan Bender, Al Harrington e Darius Miles, il cui ruolo va dalla guardia all'ala grande, dal canto loro i tecnici sono diventati sempre più esigenti e quei pochi giocatori che lavorano per stare in mezzo all'area, finiscono per essere penalizzati da un'altezza diventata ormai un fattore importante, cosa peraltro tutta da verificare, visto che uno come Alonzo Mourning che è stato il secondo centro dopo O'Neal degli ultimi anni, è alto 2.08.
In questo contesto un giocatore come Eddy Curry diventa un patrimonio inestimabile a prescindere dal suo attuale valore. Attualmente il ruolo è occupato da tante ali grandi atipiche e giocatori che dalla loro hanno solo esperienza. Insomma il fattore centro rischia di essere determinante come sempre, ma è evidente che prima o poi le cose potrebbero cambiare, a meno che Shaquille non passi il suo testimone a Yao Ming direttamente.