Zo è stanco di stare seduto a guardare…
Che i Nets ruotassero attorno a Jason Kidd forse avrete imparato a capirlo, ma in tutti gli sport di squadra servono anche gli attori non protagonisti. Perfino Michael Jordan ha sempre avuto bisogno del supporto dei compagni, anche perché, come Kidd, ha sempre saputo e voluto valorizzarli.
Per i Nest più che di cast di supporto sarebbe corretto parlare di co-protagonisti, perché atleti del calibro di "Grand" Kenyon Martin e Richard Jefferson si stanno confermando ad ottimi livelli e hanno il potenziale per diventare future star.
Il punto è che per mantenersi a livelli competitivi e ambire seriamente al titolo di Campioni NBA, di co-protagonisti ce ne vogliono tanti.
Dopo la batosta (4-0) subita dai Lakers durante le finali del 2002 Kidd chiese a gran voce un lungo da affiancare all'esperto, ma non abbastanza, Aaron Williams e alla matricola Jason Collins.
Per tutta risposta, durante l'estate, arriva quella vecchia sequoia di Dikembe Mutombo che, causa un brutto infortunio e mancanza di sintonia con le idee di coach Scott, nel corso del 2003 si è visto ben poco.
Durante lo scorso mese di luglio è stato raggiunto l'obiettivo più importante per le ambizioni dei Nets: realizzare l'ardua impresa di mettere nuovamente sottocontratto il free-agent Kidd, che nonostante i corteggiamenti delle franchigie texane ha deciso di rimanere per finire l'ottimo lavoro iniziato nel New Jersey.
Molti sono i fattori che hanno spinto Kidd a proseguire l'avventura nel New Jersey ma la promessa della dirigenza di portare alla sua corte un altro gregario di lusso sembra sia stata la mossa decisiva.
The Warrior
Siamo a luglio, precisamente nella seconda settimana e Kidd pare sempre più convinto a ri-firmare per i Nets, c'è solo qualche piccolo dubbio che può essere sciolto con una telefonata:
– "Hello, it's Jason speaking" senti, se tu vieni nel New Jersey io rimango""
– "Se tu rimani io vengo!"
La voce dall'altra parte del ricevitore era quella di Alonzo Mourning che, rincuorato dalle attenzioni di Kidd, dai dollari di Rod Thorn e dalla possibilità di competere per un Anello, anticipa tutti e si presenta per firmare un quadriennale.
Facile come bere un bicchiere di Gatorade, con una telefonata i Nets si aggiudicano un centro con un background straordinario e convincono Kidd a rimanere.
Fate attenzione però, perché un vecchio adagio dice che non è tutto oro quello che luccica. E le condizioni attuali di Mourning lasciano qualche perplessità .
Alonzo, 33 anni, è un atleta straordinario, un centro di quelli vecchia scuola, nel senso più letterale del termine (Georgetown per l'appunto, lo stesso college di Mutombo tanto per capirci). E' stato uno dei pochi giocatori in grado di combattere a livello fisico contro Shaquille O'Neal e scusate se è poco.
Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1992, ha viaggiato a 20,3 punti di media, 9,8 rimbalzi e 3 stoppate a partita, prima con gli Charlotte Hornets e poi con gli Heat di Miami. Nella stagione 2000/2001 gioca solo 13 partite, torna per il campionato 2001/2002 e poi sparisce di nuovo.
La causa di queste assenze? Una disfunzione renale dal nome di Glomerulosclerosi focale, che in alcuni drammatici momenti, ha fatto pensare all'addio definitivo ai campi da gioco.
E invece "il Guerriero" dopo quasi tre anni di calvario, si presenta in grande spolvero pronto ad abbandonare i derelitti Heat per una nuova avventura con i Nets.
Caron Butler, suo compagno a Miami testimonia di averlo visto in gran forma, nuovamente pronto a mettere a disposizione il suo fisico scolpito della roccia per le battaglie sottocanestro. I medici dei Nets dicono che non ci sono problemi e a certi livelli non si sbaglia, o forse no?
Ombre e misteri
Non abbiamo la capacità e le competenze per giudicare o dubitare dell'operato dei dottori, ma abbiamo la certezza che se Mourning dovesse ammalarsi non può prendere l'aspirina, se fosse colpito da tendinite non può prendere antinfiammatori perché ogni tipo di trattamento peserebbe notevolmente sulla salute dei suoi reni.
Durante la sua assenza dai parquet, mentre erano in corso le cure, nessuno ha voluto sbilanciarsi. La malattia è molto comune ma la sua cura non è una scienza esatta. Probabilmente sono valutazioni che i medici e lo staff dei Nets hanno considerato come ininfluenti ma i tifosi, il lusso di avere dei dubbi se lo possono ancora permettere.
Ma Alonzo ha dimostrato di potercela fare, è anche lui parte del sogno americano perché dopo la caduta, non se l'è sentita di darsi per vinto, non voleva abbandonare il basket e il basket non voleva perderlo, così, grazie alla sua forza di volontà e al suo fisico eccezionale, è riuscito a raggiungere il livello di "abile ed arruolato".
Ovviamente noi stiamo dalla parte di Mourning, ma permetteteci di criticare quello che lo ha portato a vivere questo dramma. Un giocatore di basket espone, in una stagione da 82 partite, playoff esclusi, il proprio fisico a stress durissimi. Nello specifico, per un centro come Mourning, abituato a fare letteralmente a botte sotto i due canestri è molto facile rimanere vittima di contusioni, distorsioni e infiammazioni.
E, siccome le squadre che lo hanno avuto non potevano permettersi il lusso di fagli marcare visita, l'unica soluzione consisteva nella somministrazione a quantità industriali di antinfiammatori e prodotti meno conosciuti che probabilmente il vostro medico di famiglia vi sconsiglierebbe senza mezzi termini.
E' proprio vero che in alcuni casi il fine giustifica i mezzi.
L'abuso di medicinali è l'indiziato numero uno nella ricerca delle cause della disfunzione renale e quindi, per assurdo, l'ambiente e il sistema che vuole il ritorno di Alonzo è lo stesso che ha rischiato di mandarne in frantumi la carriera.
A volte NBA significa anche questo, prendere o lasciare.
Adesso 'Zo è tornato per completare il ricchissimo reparto lunghi dei Nets e per continuare il suo sogno americano, speriamo solo che, se si dovesse buscare un raffreddore, lo staff medico gli prescriva solo ed esclusivamente rimedi della nonna e tanto, tanto riposo.