Per Drew Gooden nuova maglia, nuovi compagni ma lo stesso obiettivo: il secondo turno dei Playoffs
E' stata un'estate significativa per gli Orlando Magic, dopo stagioni iniziate con belle speranze e terminate con cocenti delusioni. I dirigenti non si sono nascosti dietro ad un dito, affermando molto chiaramente di condividere lo sconforto e il pessimismo dei tifosi, e per rimediare hanno preso una serie di decisioni importanti e risolute, allo scopo di voltare pagina e cercare di sfatare la maledizione del primo turno di playoffs, muroinsormontabile per TMac e i suoi.
La prima mossa, nonchè quella emotivamente più significativa, è stata mettere idealmente da parte ogni fiducia in un ritorno di Grant Hill all'attività agonistica: per la prima volta negli ultimi tre anni, la stagione dei Magic non parte con il classico ritornello “Grant si è allenato in modo fantastico durante l'estate, è in forma smagliante e la caviglia non gli crea problemi”, parole che venivano puntualmente e dolorosamente smentite dai fatti dopo poche settimane.
Questa volta dirigenza e staff tecnico hanno impostato la stagione partendo dal presupposto di non vedere Hill in divisa nemmeno una volta, senza nutrire speranze che si sono sempre dimostrate semplici utopie: se il duro lavoro che il giocatore continua ostinatamente a svolgere per dimostrare di non essere ormai un “ex” dovesse rivelarsi fruttifero (ma un recupero del genere avrebbe del miracoloso), ogni suo minuto sul parquet sarà considerato un regalo, un “di più”, anche se dovessero essere minuti da gregario e non certo da superstar.
Un altro passo doloroso ma necessario è stato separarsi da Darrell “Flash”Armstrong, in queste ultime stagioni l'anima, il cuore e i polmoni di questa squadra, il vero leader in campo e fuori. L'energetico “Flash”, alla soglia delle 35 primavere, non è certo un giocatore finito (e infatti si è accasato agli Hornets), ma la dirigenza ha sentito la necessità di ringiovanire la squadra e in particolare il reparto guardie: hanno fatto le valigie i tre playmaker della scorsa stagione, i veterani Armstrong, Whitney e Vaughn, e le redini della squadra verranno affidate al giovane ed ancora acerbo Tyronn Lue e al rookie Gaines.
E' una mossa molto rischiosa, perchè Lue è un giocatore molto intenso e iperattivo, ma non ha mai dimostrato in questi anni di avere abbastanza fosforo per far girare una squadra, e Gaines è un ottimo prospetto ma deve ancora dimostrare tutto; le considerazioni tattiche passano però in secondo piano, se si considera che perdere Armstrong significa soprattutto perdere il vero leader emotivo della squadra, colui che teneva in pugno lo spogliatoio nonostante la presenza delle acclamate superstar McGrady e Hill.
Con la parenza di Armstrong e il passaggio di Hill in secondo piano, si può affermare per la prima volta che gli Orlando Magic saranno la squadra di Tracy McGrady sotto tutti i punti di vista: tecnicamente il prodigio da Mount Zion ha già fatto vedere di essere in grado di caricarsi tutto il peso della squadra sulle sue spalle (anche se non è stato sufficiente per passare il fatidico primo turno), ma adesso dovrà dimostrare di essere maturato a sufficienza per essere una guida, un esempio “a tutto tondo” per i compagni, in campo e fuori.
Alcune sue dichiarazioni estive non sembrerebbero deporre del tutto a favore di questa necessaria maturità : durante l'estate si è attirato gli strali di parecchi giornalisti e tifosi con alcune dichiarazioni sul “caso-Bryant” che sono sembrate un po' fuori luogo, anche se in realtà si è trattato di affermazioni riportate non proprio correttamente e al di fuori del contesto in cui erano state fatte.
Più recentemente ha fatto ancora più scandalo una sua intervista con Bill Schultz del magazine Stuff, che ha disseminato l'intervista stessa con alcune trappole dialettiche piuttosto velenose, in cui il nostro è cascato piuttosto ingenuamente: prima si è impelagato nell'argomento-tabù per eccellenza dello sport professionistico, l'omosessualità : non che si sia lasciato andare a testimonianze sconvolgenti, si è limitato a rispondere brevemente e schiettamente alle domande dell'intervistatore, ma una delle regole-base nel rapporto con i velenosi media americani suggerisce di lasciar da parte la sincerità ed esercitare un po' più di diplomazia, quando ci si occupa di argomenti in grado di sollevare roventi polemiche anche per affermazioni banali ed apparentemente innocue.
Nella stessa intervista TMac ha fatto un'altra gaffe, questa volta più grave perchè in argomento tecnico, lamentandosi esplicitamente del fatto di non essere stato consultato e neppure informato riguardo alla trattativa che ha portato Howard a Orlando, di cui ha avuto notizia solo a cose fatte, e sottolineando invece che lui dovrebbe essere il primo ad essere interpellato su certe cose.
A ben vedere non si tratta di niente di drammatico, ma il fatto che la dirigenza non si preoccupi nemmeno di informare il proprio giocatore-franchigia è un segnale non molto rassicurante riguardo alla fiducia riposta in lui e nelle sue capacità di leadership, anche perchè un vero leader non ha bisogno di chiedere al mondo ed ai suoi dirigenti di essere trattato come tale.
Abbiamo parlato di Juwan Howard, e da un punto di vista prettamente tecnico è proprio l'ex Fab Five la grande novità per la stagione che sta per arrivare. Si tratta di un giocatore di cui si conoscono perfettamente luci e ombre: non può essere un leader in campo, gli è sempre mancato qualcosa per essere un credibile go-to-guy in una squadra da titolo ed entrare quindi nell'elite, anche se il suo talento glielo avrebbe permesso. La sua carriera è inoltre stata segnata dal contratto faraonico offertogli a suo tempo da Washington, un contratto che lo ha portato l'anno scorso ad essere il quarto giocatore più pagato dell'intera lega, e che ha inevitabilmente e pesantemente condizionato il giudizio su di lui.
D'altra parte, però, si tratta pur sempre di un giocatore formidabile per completezza, versatilità ed efficacia di gioco: non va spesso negli highlights, però può difendere contro qualunque ala, e nella stagione passata ha dimostrato di cavarsela egregiamente anche contro tutti i centri che non si chiamassero Shaquille, Yao o Tim; non è un rimbalzista esplosivo, ma la sua media in carriera è un solidissimo 7.5; offensivamente non ha movimenti abbaglianti, però è più che educato in post basso, sa concludere ottimamente con entrambe le mani e il suo tiro frontale non sarà quello di Nowitzki ma non è battezzabile.
Un giocatore di squadra, tatticamente preziosissimo e quasi unico per la sua versatilità : in un mondo che va sempre più verso la specializzazione esasperata, sa fare tutto bene anche se niente in modo eccezionale, e in fondo è proprio questo il tipo di giocatore che serve ai Magic, squadra complessivamente molto talentuosa ma discontinua.
Pagargli più di 20 milioni di dollari e chiedergli di essere il leader in campo di una squadra di alto livello è un clamoroso spreco di denaro: al contrario, elargirgli la mid-level exception per fargli fare la seconda/terza opzione, e fare in modo che la sua sobrietà ed intelligenza aiutino una squadra molto giovane a maturare, potrebbe rivelarsi il più grosso affare qualità /prezzo di tutta l'NBA.
Howard avrà il compito di fare da spalla offensivamente a McGrady, ma soprattutto sarà il collante di una squadra che, dopo la piccola rivoluzione estiva, si presenta ai nastri di partenza come una delle più giovani realtà dell'NBA (poco meno di 24 anni, il più anziano a parte Hill è proprio Juwan), caratterizzata da una parola-chiave: versatilità .
Quasi tutti i giocatori a disposizione di Rivers possono ricoprire due-tre ruoli, questo assicura grande profondità e la possibilità di presentare quintetti molto differenti a seconda delle esigenze.
I cinque titolari dovrebbero essere Lue in punta, McGrady guardia, Gooden e Howard sulle ali e DeClercq centro, con Giricek e Garrity come primi cambi.
Le varianti tattiche sono però numerose, a partire da un quintetto “da corsa”, con Giricek guardia e Howard centro, a svariate possibilità di quintetti grandi, ad esempio con un backcourt McGrady-Giricek-Garrity (bakcourt peraltro molto profondo vista la presenza di Gaines, Sasser e Bogans, giovani e talentuosi).
Risolta la necessità di un secondo terminale offensivo credibile oltre a McGrady, rimane la cronica lacuna in termini di centimetri, chili e muscoli sotto canestro: Howard è in grado di marcare senza problemi praticamente tutti i centri della Eastern Conference, ma il vero problema dei Magic non sono i centri avversari (visto che comunque quelli dominanti sono davvero pochi, e non si trovano ad Est), quanto piuttosto gli esterni, che una volta saltato l'uomo trovano facilmente la via del canestro in un pitturato in cui la parola “intimidazione” è da tempo sconosciuta.
L'acquisto recente di Donnell Harvey, che insieme a quello del carneade Britton Johnson e alla firma del talentuosissimo rookie Pachulia dovrebbe aver completato la rosa, può essere un utile palliativo, ma non una soluzione a lungo termine: Harvey è un atleta eccezionale, molto esplosivo e fortissimo fisicamente, ma se ha i muscoli per dare qualche mazzata di quelle che fanno male e scoraggiare qualche penetrazione, non ha certo i centimetri necessari per difendere adeguatamente il canestro.
In ogni caso non si può certo dire che i Magic siano stati con le mani in mano, le mosse della dirigenza sono state coraggiose ed intriganti, e potrebbero aver apportato alla squadra quel “quid” che mancava cronicamente.
I loro sforzi sembrerebbero essere in parte premiati da un calendario che appare importante e favorevole per una squadra che ha bisogno di partire forte per trovare subito fiducia e le sensazioni giuste: delle prime 8 partite ben 6 sono in casa, e nelle prime 32 c'è perfetta parità fra gare ad Orlando e gare in trasferta (mentre l'anno scorso ben 16 delle prime 24 furono lontane da casa); anche il famigerato viaggio ad Ovest ad incontrare le corazzate della West Coast, che l'anno scorso si risolse in clamorose batoste letali per il morale, è posizionato molto in la' nella stagione, a Marzo inoltrato, e non presenta un calendario serratissimo bensì permette di recuperare le forze fra una sfida e l'altra.
Ci sono quindi tutte le premesse per la stagione del definitivo salto di qualità per questa giovane franchigia, la sua giovane superstar e il suo giovane allenatore, tutti vogliosi di rivincita e di voltare pagina dopo tre anni di delusioni.