Vic Power muore a 78 anni

Vic Power con la maglia dei Cleveland Indians

Nel 1947 Jackie Robinson aprì le porte del baseball agli Afro-Americani ma, per quanto egli si rivelò un perfetto apripista (anche in questo Branch Rickey ci aveva visto giusto!), il diamante per i neri continuò a lungo a presentarsi ben poco levigato. Jackie fu scelto, più che per il talento, per il carattere: il patto con il "Mahatma" Rickey era che non avrebbe reagito agli insulti né alle provocazioni, se non aumentando la propria intensità  di gioco. Robinson seguì le indicazioni, ritagliandosi un posto nella Hall of Fame, nei libri di storia e nel cuore dei suoi fratelli.

Victor Pellot non sarebbe stato in grado di recitare una simile parte…

Nato nel 1927 ad Arecibo, Portorico, perse il padre all'età  di 13 anni, a causa di un incidente sul lavoro: da quel momento, messo da parte uno sbocciante talento artistico, incanalò la sua determinazione nel tentativo di diventare avvocato, con l'unico obiettivo di fare risarcire la propria famiglia dalla fabbrica in cui lavorava il padre.

A 18 anni però (siamo nel 1949) qualche scout aveva già  preso appunti sulla sua abilità  con guanto e mazza e, di lì a poco, si trovò a giocare in Canada per 800 dollari al mese. In quel periodo, a causa di un frequente errore di pronuncia che faceva suonare il suo nome come un termine sessuale francese, decise di adottare il cognome della madre e, quale Vic Power, fu firmato dagli Yankees e fece carriera nelle Big Leagues.

Le Pinstripes però non le indossò mai. Nonostante le ottime performance che metteva a segno ovunque la dirigenza newyorkese lo destinasse, la chiamata nell'olimpo del baseball continuava a non arrivare. Lo stesso Jackie Robinson criticò aspramente i rivali metropolitani, che ancora non avevano in roster giocatori di colore.

Il motivo non tanto nascosto che tratteneva gli Yankees dall'aggiungere il talentuoso giocatore alla propria squadra era che Vic non esitava a farsi giustizia da solo, usando i propri pugni per reagire ai frequenti lanci che gli venivano recapitati vicino al volto: un simile comportamento da parte di un nero non era tollerato e, ancora più malvista, era l'abitudine di Power di uscire con ragazze bianche.

Vic non era un sovversivo, soltanto proveniva da un paese in cui il colore della pelle non costituiva oggetto di discriminazione. I problemi maggiori si presentavano soprattutto durante gli spring-trainings, che si svolgevano nei tradizionalisti (fuor di eufemismo: razzisti!) stati del sud: niente taxi, niente ristoranti e alberghi separati per i neri, che non potevano nemmeno servirsi della fontana da cui si abbeveravano nel dug-out i compagni bianchi.

Una sera Power si presentò alla porta di un ristorante a Little Rock, Arkansas, e si sentì dire dalla cameriera: "Non serviamo negri!".
La sua risposta fu: "Ottimo, io non mangio negri. Voglio riso e fagioli".

La madre in Portorico, non poteva credere alle assurdità  che leggeva nelle lettere del figlio, ma Vic era costretto a viverle quotidianamente: a nulla valeva agli occhi di un poliziotto bianco il fatto di trovarsi di fronte ad un Major Leaguer (i Philadelphia Athletics gli avevano permesso il salto), finchè il colore della sua pelle rimaneva scuro.

Così ecco Power condotto dinnanzi ad un giudice per aver attraversato a piedi con il semaforo rosso.

Sono Portoricano e sulla mia isola un bianco e un nero vanno a scuola insieme, ballano insieme e si sposano. Ma qui provo ad andare in un ristorante e c'è un'insegna che dice: solo per bianchi. E se voglio andare in un bar, o bere ad una fontana, o usare un bagno, vedo sempre quell'insegna: solo per bianchi. Così quando ho visto gente bianca attraversare la strada col verde ho immaginato che la gente di colore potesse attraversare solo col rosso.

La fantasiosa difesa del prima base indusse il giudice a chiudere il caso.

Difesa altrettanto fantasiosa di quella che mostrava in campo. Giocava la posizione di prima base profonda come nessun altro, ma era in grado di fare fronte alle numerose smorzate che essa induceva. Il suo enorme range gli valse diversi Gold Gloves. Iniziando le azioni, dal limite esterno della terra rossa, quando i suoi compagni di diamante si apprestavano ad effettuare l'assistenza si trovavano di fronte all'inusuale visione di un sacchetto di prima non difeso: Vic riuscì a persuadere il resto dell'infield a mirare alla base vuota, e dimostrò di essere in grado di raggiungere sempre l'assistenza e di maneggiare abilmente anche i tiri meno accurati.

Non riuscì invece mai a convincere i poliziotti che la Cadillac con cui girava per la città  fosse di sua proprietà .

Un'altra peculiarità  della sua difesa era quella di raccogliere tutto con la sola mano guantata: anche questa abitudine, assunta da ragazzo quando era ancora sull'isola natìa, gli costò feroci critiche da parte di chi riteneva che il gesto fosse un modo per fare lo sbruffone.

Con la mazza, dopo aver mantenuto cifre solide nelle minors, esordì con uno 0 su 16 contro l'ottimo staff di Cleveland (Garcia, Feller, Wynn, Lemon); a Chicago ottenne la sua prima valida e la conseguenza fu di sentir sibilare il primo lancio del turno successivo nei pressi delle orecchie. Nel '55 fu persino in lotta per il titolo di migliore battitore con Al Kaline, ma perse contatto dal rivale nell'ultimo mese.

Una delle prodezze col bastone che ricorda più volentieri occorse a Mobile, Alabama, (terra d'origine di Hank Aaron e Satchel Paige), durante una partita di esibizione. Il pubblico di colore, costretto a seguire le fasi dell'incontro sotto il sole che martellava la tribuna segregata che li "ospitava", andò in visibilio quando una linea di Power andò a divellere un'insegna pubblicitaria che recitava "taxi gialli per soli bianchi".

Per il resto, il meglio di sé lo riservò nelle occasioni in cui incrociò gli Yankees che non lo vollero portare in Major.

Nel 1958 Vic si trovò probabilmente nel più grave incidente a sfondo razziale della sua vita: né l'ironia, né i pugni potevano essere usati in un clima di simile tensione. Era tempo di spring training, nel sud ovviamente, e durante il trasferimento in torpedone da Fort Myers a West Palm Beach, i giocatori richiesero una sosta per "cambiare acqua" presso una stazione di servizio a Lake Okeechobee.

Il custode lasciò utilizzare il bagno ai giocatori bianchi, ma non volle sapere di concederne l'ingresso a Power; Vic comprò una bottiglia di Coca-Cola pensando di utilizzare il vuoto per i suoi scopi fisiologici, ma al momento di riprendere il viaggio il custode pretese la restituzione della bibita non ancora finita. Power gli lanciò un quarto di dollaro come deposito, ma il gesto fu ritenuto oltraggioso: ben presto il pullman fu circondato da poliziotti che intendevano arrestare "il bastardo nero in fondo al bus". Ad evitare il peggio fu l'intervento del lanciatore Bob Davis, studente in giurisprudenza, che riuscì ad ottenere il via libera solo dopo l'esborso di una grossa somma.

Nonostante l'ostilità  che gli riservarono gli uomini in divisa (gli arbitri come i poliziotti), Power trovò comunque modo di divertirsi nel corso dei suoi 12 anni di carriera.

Il pubblico di Cleveland potè un giorno sentire le russate del suo compagno di stanza, che Vic si era premurato di registrare e diffondere tramite gli altoparlanti dello stadio; al cubano Tony Oliva, che leggeva il proprio nome sui giornali ma non conosceva l'inglese, faceva credere che Castro aveva emanato una legge che imponeva ai giocatori come lui di versare il 50% del proprio stipendio; e per un paio di anni fu in squadra con Jimmy Piersall, con il quale non c'era di certo di che annoiarsi.

I continui spostamenti che il baseball gli richiedeva, gli concessero l'opportunità  di giocare con e contro diversi grandi giocatori; potè inoltre incontrare personaggi di spicco quali Kennedy e Fidel Castro ed assistere a concerti di artisti del calibro di Tito Puente, Lionel Hampton, Duke Ellington, Billie Holiday, Count Basie ed i Beatles.

Al momento di appendere guanti e spikes al chiodo rivelò anche di essere 4 anni più vecchio di quanto i suoi documenti avessero sempre riportato, a causa di una tardiva registrazione all'anagrafe portoricana 34 anni prima.

Martedì 29 novembre 2005 Power ha dovuto arrendersi a un rivale più forte: all'età  di 78 anni si è spento, a causa di un cancro, nell'ospedale di Bayamon, sobborgo della capitale portoricana San Juan.

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