Bella foto di gruppo del trio di “retine” in maglia USA
Se qualcuno l'avesse detto un paio di mesi fa sarebbe stato deriso da tutta la nazione e, secondo la tipica espressione di scherno americana, gli avrebbero come minimo cosparso il capo di cenere.
Invece l'inimmaginabile è accaduto. I New Jersey Nets forniscono un blocco di ben tre giocatori alla selezione Americana per il torneo di qualificazione alle Olimpiadi di Atene 2004 (Puerto Rico, 20-31 agosto 2003).
Nelle passate manifestazioni, Olimpiadi o Campionati Mondiali, i vari Dream Team o Team USA annoveravano tra le proprie fila al massimo un paio di stelle provenienti dalla stessa squadra.
Il primo caso fu quello di Michael Jordan e Scottie Pippen, dai Chicago Bulls, selezionati per il primo, unico ed irripetibile Dream Team di Barcelona '92.
L'ultima coppia di compagni, in ordine cronologico, era composta da Elton Brand e Andre Miller, dei Los Angeles Clippers, convocati per la scellerata avventura di Indianapolis 2002.
Ormai due giocatori di una stessa squadra non fanno più notizia, e i selezionatori hanno deciso di riscrivere la storia pescando tre atleti da quella che fino a tre anni fa era la franchigia meno considerata della NBA.
Gia' nel 1994, stagione durante la quale i Nets riuscirono in una delle brevi apparizioni ai playoff degli anni '90, ci si avvicinò al miracolo quando Derrick Coleman ricevette l'onore di vestire la maglia degli USA. Ma i Nets di oggi non sono più una squadra ridicola e la scelta delle tre star ci può stare abbondantemente.
Jason Kidd, già medaglia d'Oro a Sidney 2000, viene selezionato praticamente subito dopo la debacle di Indianapolis, ed è una decisione sulla quale c'è poco da discutere. Se si parla di play-makers o di point guards il primo nome che ti viene in mente è il suo!
Ma i fari questa volta è meglio puntarli su gli altri due neo membri del Team USA. Richard Jefferson è stata una delle più belle sorprese della formazione del New Jersey: scelto nel draft del 2001 dagli Houston Rockets arriva ai Nets con uno scambio che ha visto coinvolti quattro giocatori e si conquista subito la fiducia di coach Scott, che gli concede 24 minuti di media per partita.
Jefferson lo ricambia con una media di 9,4 punti, il 45% al tiro, tante giocate intelligenti, un sacco di voli a raccogliere gli alley-oops di Kidd e anche una buona difesa.
Rappresenta tutto ciò che serve per liberarsi una volta per tutte del povero Keith Van Horn, e infatti nella stagione successiva si aggiudica il posto da titolare. Il suo minutaggio sale a 36 minuti con un conseguente incremento della media punti (15,5 per partita) e dei rimbalzi catturati (6,4).
Per essere considerato un'ala piccola completa dovrebbe avere più dimestichezza con il tiro da tre, capacità che ad oggi nel suo repertorio non è ancora contemplata, ma, come si dice in questi casi, il ragazzo è giovane e si farà .
Considerato tutto ciò di cui sopra la convocazione di Jefferson come rincalzo di McGrady e Carter non è poi così scandalosa e, in ogni caso, Richard possiede altre caratteristiche che fanno contenti i selezionatori. E' un atleta eccezionale, facilmente allenabile, non ha l'aspetto di un nero che incute timore ed è un bravo ragazzo che fuori del campo frequenta altrettante persone per bene, una su tutti Luke Walton, figlio del grande Bill, adesso commentatore televisivo.
La convocazione del 18 agosto di Kenyon Martin, ultimo arrivato in questo Team Usa, è da considerarsi un fuori programma in quanto rimpiazzo dell'assente giustificato Karl Malone, che ha sofferto la prematura scomparsa della madre.
Grand Kenyon è un atleta molto particolare poiché sul campo è molto duro e, nel corso del 2002 ha dovuto saltare qualche partita come punizione per aver accumulato troppi flagrant foul (falli particolarmente duri o cattivi). Lui si è sempre giustificato sostenendo di essere "un giocatore particolarmente emotivo, duro ma leale", e questa sentenza potrebbe anche essere vera perché sul parquet Martin sa farsi rispettare e durante la scorsa stagione di falli "cattivi" non se ne sono visti.
Si sono viste, o meglio sentite, le provocazioni e altre espressioni gergali appartenenti al trash-talking, ovvero il linguaggio sporco utilizzato per irridere od annichilire gli avversari. Ma Martin non è l'unico membro del Team Usa praticante del trash-talking, che fa comunque parte del gioco e quindi su questo difetto possiamo soprassedere.
Come per Jefferson, anche per K-Mart non vanno trascurate alcune qualità che rendono possibile la selezione per partecipare a manifestazioni che coinvolgono la USA Basketball. Martin ha il grande pregio di aver già vestito la maglia della "nazionale" in occasione dei Goodwill Games del 2001 e, nonostante il suo caratterino, è un giocatore che si lascia allenare ed è molto versatile, soprattutto in difesa.
Per referenze sul suo potenziale difensivo andate a chiedere pareri ad Antoine Walker, annichilito durante le semifinali della Eastern Conference, e a Tim Duncan, costretto agli straordinari durante le Finals di giugno. L'Head Coach del Team USA, Larry Brown, è un sostenitore della difesa aggressiva e l'ala dei Nets rientrava benissimo nei suoi piani anche perché a est, con Jermaine O'Neal, è la migliore ala grande anche per talento offensivo.
Il torneo pre-olimpico si è concluso nel migliore dei modi. Gli Stati Uniti si sono portati a casa l'oro e il biglietto per Atene 2004, e i nostri eroi si sono comportati più che dignitosamente.
Kidd ha risparmiato un po' d'energia limitandosi a fare il direttore d'orchestra, ma ha comunque dispensato assists e alley-oop per tutti. Jefferson è stato impiegato praticamente da undicesimo uomo senza però sfigurare e Martin non ha minimamente fatto rimpiangere l'assenza di Malone, viaggiando a 6,2 punti e 4 rimbalzi per partita.
Il trio però è destinato a sciogliersi, in quanto le selezioni per il pre-olimpico non sempre garantiscono un posto anche per le Olimpiadi vere e proprie e, purtroppo, Richard Jefferson, insieme con Brand, è uno dei più a rischio per l'esclusione. Karl Malone vorrà riprendersi il suo posto e quindi anche Kenyon Martin potrebbe abbandonare il Team USA.
Ma all'appuntamento di Atene manca ancora un anno e quindi lasciamo che i tre ragazzi si godano questi giorni di gloria e che il loro morale si alzi in vista di una nuova, dura ed emozionante stagione NBA.