Odom a Miami

Odom ride, per ora: le aspettative su di lui sono altissime a Miami…

La foto del giorno sulla homepage del sito della Nba ritrae, Lamar Odom, sorriso contagiante, con la sua nuova maglia dei Miami Heat, attorniato da Eddie Jones, Caron Butler e Brian Grant.

La notizia forse non smuove più di tanto la città  della Florida, tradizionalmente freddina nei confronti del basket, ma è comunque importante: Lamar Odom lascia i Clippers ed approda alla corte di Pat Riley, per la consistente cifra di 65 milioni di dollari in 6 anni.

La seconda squadra di Los Angeles, nella persona del proprietario Donald Sterling, ha deciso di non pareggiare l’offerta degli Heat, lasciando libero di fatto il giocatore. E ponendo fine, all’estate calda dei Clippers sul fronte free agent.

Al momento possiamo contare le perdite: Michael Olowokandy, volato alla corte di Kevin Garnett con grande sollievo di chi gli rimproverava lo scarso uso di deodoranti, Andrè Miller ed il suo pacco di polemiche, risalenti al team USA più scalcinato della storia, ed Eric Piatkowsky, polacco, gradito si e no, dagli afroamericani in squadra, per la sua “simpatica” abitudine di non fare la doccia con loro.

“Il mio obiettivo – ha detto Odom, durante la presentazione – è fare in modo che gli Heat siano orgogliosi di me. Per far questo dovrò far ricredere la schiera di scettici che mi accompagna.”

Fra questi, il vice presidente dei Clippers, responsabile delle questioni tecniche, Elgin Baylor che ha dichiarato: “La decisione di non trattenere Odom riguarda alcuni dubbi sul suo carattere e sul comportamento fuori del campo”. Tesi confutata dallo stesso Odom: “Avevano bisogno di dire qualcosa sulla mia cessione.”

Difficile sapere quale sia la verità : da una parte c’è un proprietario, noto per non essere uno spendaccione alla Paul Allen. Nondimeno quest’anno Donald Sterling ha fatto qualcosa di insolito: ha rotto il suo salvadanaio, per firmare Elton Brand (82 milioni di dollari, pareggiando l’offerta di Miami) e Corey Maggette (42 milioni, offerti da Utah). A questo punto, tenere Odom voleva dire, promettere in una sola estate una cifra vicina ai 190 milioni di dollari. Decisamente troppi.

D’altra parte i primi 4 anni dell’ex Rhode Island University sono ricchi di colpi di scena, come si conviene ad un giocatore dei Velieri. Il talento non si discute: 15,2 punti a partita, una capacità  irreale, di trattare il pallone, alla sua ragguardevole statura di 2.07. Ed una visione di gioco conseguente.

Qualche dubbio lascia semmai la sua tendenza all’uso di sostanze psicotrope. Il giocatore ha subito una sospensione di otto gare in novembre per aver violato il protocollo NBA contro gli stupefacenti; e sospensione analoga, per uso di marijuana, subì nel 2001.

Nell’occasione il giocatore si esibì in una conferenza stampa strappalacrime al motto di “Cambierò”, difeso da Maggette (“Il miglior ragazzo di questa terra”), che nel frattempo gli aveva preso il posto in quintetto. Sennò che Clippers sarebbero.

Pat Riley non si è detto preoccupato al proposito: “E’ abbastanza maturo per occuparsi delle cose importanti: la sua salute, la sua famiglia, la sua squadra.”

Gli ha fatto eco il giocatore: “All’epoca ero immaturo, ma ora le cose sono cambiate. Tutto succedeva troppo velocemente. Ma ora sono concentrato”.

Altra magagna, gli infortuni: non tanto il polso o la caviglia, ma il modo in cui se li è procurati. Schiacciando in allenamento e ricadendo su un pallone che vagava sotto il canestro. Anche qui: solo ai Clippers.

“Da tempo cercavo di far capire – continua il giocatore – alla mia ex squadra che il mio tempo là  si era concluso. Questa nuova opportunità  è decisiva per dare un giro di vite alla mia carriera.”

Odom trova agli Heat un grande allenatore, sebbene criticato negli ultimi anni. Un allenatore in grado di insegnargli la giusta disciplina. Trova un ambiente che vuol riscattare le ultime grigie stagioni. Ed in cui non si troverà  più a giocare per giocare, che tanto tutto va bene.

Inoltre negli ultimi anni coach Riley, si è confrontato, con alterne fortune per la verità , con altri devianti eccellenti: Antony Mason, Cedric Ceballos, Rod Strickland.

“Abbiamo fatto questa mossa – ha ribadito Riley – per la sua giovane età , il suo talento e perché era quello che ci voleva per la squadra. Ora torniamo ad essere contendenti”. Dichiarazione che trasuda un certo ottimismo.

La realtà  può essere divera: in estate la squadra ha definitivamente rinunciato ad Alonzo Mourning, centro storico degli Heat volato alla corte di Jason Kidd. Questo comporta una squadra notevolmente sbilanciata nel reparto degli esterni.

Il talento non manca di sicuro: Caron Butler al secondo anno, Dwane Wade, scelto col numero 5 al draft di quest’anno ed Eddie Jones. Il vecchio Eddie, origine dei mali di questa squadra, per la sciagurata decisione di dargli il massimo contrattuale, è pur sempre giocatore di livello, che potrebbe essere ceduto.

Il problema principale rimane la front line: il rischio è quello di vedere ancora una volta Brian Grant, giocatore forte, ma undersized anche nel ruolo di ala grande, giocare da centro.

Per quanto riguarda i Clippers: chi scrive nutre seri dubbi sul fatto che Brand possa essere una forza in una squadra vincente nella Western Conference. Maggette è un buon giocatore ma non sposta più di tanto.

Insomma: la grandiosa battuta di Billy Cristal: “La fidanzata mi ha lasciato, il cane è morto e tengo ai Clippers”, potrebbe tornare d’attualità , ammesso che già  non lo fosse…

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