Ozzie Guillenalza il trofeo attesa dai White Sox per 88 anni!
Ormai saprete tutti di come i Chicago White Sox abbiano vinto le World Series infliggendo un netto 4-0 (il classico sweep) agli Houston Astros, ed è davvero il caso di dire 'spazzando via' un digiuno di vittorie che durava addirittura dal 1917. I White Sox possono dunque fregiarsi dell'ambito titolo di Campioni del Mondo che gli americani da sempre (senza falsa modestia) attribuiscono ai vincitori dei propri campionati nazionali.
Che grande, incredibile storia questi White Sox. A fine stagione un calo di forma clamoroso aveva assottigliato il vantaggio sui secondi (gli Indians) ad una sola partita e mezzo, e già l'ipercritica stampa di Chicago aveva iniziato a definirli "Chokers" (termine americano indicante chi fallisce sotto pressione); ora però, dopo un favoloso Ottobre da 11-1 (eguagliato il record di postseason dall'ampliamento dei playoffs - NY Yankees 1999) il C Pierzynski può dire con orgoglio al Chicago Tribune che "Potete chiamarci con un'altra parola che inizia per 'Ch'… Champions!"
Una parata colossale ha festeggiato i nuovi eroi della città ventosa, decine di migliaia erano i tifosi festanti e ancora increduli per quanto accaduto: avevano visto la loro squadra – una squadra di Chicago! – vincere le World Series. Sparuta ma simbolica la presenza di alcuni vecchietti ultra-novantenni, bambini all'epoca dell'ultima parata tenuta in questa città per il Baseball.
D'altronde come non giustificare l'incredulità e la gioia dei tifosi, dopo un'attesa che pareva doversi protrarre in eterno: pensare che il presidente Jerry Reinsdorf (già owner dei ben più vincenti Chicago Bulls di Michael Jordan) non esitava a dire "Baratterei subito i sei anelli del basket per un successo alle World Series!". Beh, ora non c'è più necessità di alcun baratto… l'argenteria è al completo!
Tutti sappiamo di come le vittorie - specie in un mercato come questo, in cui non si vinceva da troppo tempo - abbiano il potere di catalizzare l'attenzione ed il supporto della parte meno sportiva della cittadinanza: ma ad impedire che Chicago si trasformi in una White Sox town saranno le radici geografiche del tifo.
Tra il North ed il South Side, storicamente divisi dalla Madison Avenue che taglia Chicago in senso orizzontale, esisterà sempre una rivalità di tipo campanilistico che trova pochi eguali in America: lo sa bene l'OF Everett quando afferma "Tutto ciò che posso dire è che ora siamo noi la parte numero 1. Voi del Nord ci state dietro!".
Ma a distinguere i tifosi delle due franchigie non è solo l'ubicazione geografica. I Sox hanno una base di tifo più popolare, i tipici "blue-collar" che vanno al lavoro ogni giorno senza speranze di promozione: sono meno numerosi e godono di ancor minore credito.
I Cubs invece sono la squadra della Chicago-bene, hanno un bacino d'utenza maggiore (diffuso in tutto il paese, al contrario dei cugini) e ne fanno vanto. Volete una testimonianza di tale differente approccio nei confronti del Baseball da parte delle due tifoserie?
I Cubs, come già i Red Sox, sono stati resi leggendari da una maledizione che copre di fascino e mistero i destini sportivi della franchigia. Generazioni di "orsacchiotti" tifano nella speranza di superare "the curse of the Billy goat", lanciata da un tifoso cui non fu più permesso entrare al Wrigley Field con la propria capra di nome Billy: una maledizione che rende i Cubs perdenti ormai da quasi cento anni (essendo l'ultimo successo risalente al 1908).
Al contrario, il pragmatismo è tipico della parte Sud della "Windy City": tifosi disincantati ed ironici, meno appassionati forse, ma anche meno illusi. E se vogliamo trovare una maledizione, l'unica che abbiamo è rappresentata dalla tirchieria dei proprietari, che da sempre limita gli "orizzonti di gloria" della squadra: pensare che fu proprio l'eccessiva parsimonia di Charles Comiskey - il presidente delle World Series nel 1917, cui è intitolato lo stadio - a spingere "Shoeless" Joe Jackson e compagni a vendersi le successive finali del 1919!
La trionfale vittoria dei White Sox - inaspettata nelle dimensioni ma assolutamente meritata per una squadra tosta, costante al piatto ed efficace sul monte, in grado di primeggiare sin da Aprile - ha dunque il merito di riportare finalmente in auge il Baseball della "Windy City": solo in pochi però avrebbero potuto prevedere che la prima franchigia ad interrompere la prolungata striscia di insuccessi per Chicago sarebbe stata quella in completo bianco-nero-argento.
A dire il vero, l'ultima squadra dell'Illinois a raggiungere le finali era stata proprio quella delle "calze bianche" (sconfitti 4-2 dai Dodgers nel 1959) rispetto ai Cubs, assenti dal 1945: ma da allora per entrambe le franchigie si erano susseguiti decenni di mediocrità , con pochissime annate con record vincente ed un numero ancor minore di apparizioni in post-season.
Negli ultimi anni, invece, a fare maggior sensazione era stata la squadra militante nel Senior Circuit, guidata da Dusty Baker e capitanata da Sammy Sosa; ma la potenza della "curse" parve rinnovarsi, e nel 2003, ad un passo dal vincere il pennant della NL, la serie girò a loro sfavore dopo un'interferenza di un proprio fan, Steve Bartman. Maledizione o no, la Chicago del baseball era rimasta a bocca asciutta, ancora una volta.
Ma oggi il 1B Konerko può affermare con orgoglio: “Chicago, second city no more!”.
La vittoria di Chicago ha una portata storica per il baseball dell'intero Mid-West americano. Mentre le vecchie squadre dell'Est si mantenevano grandi e le nuove franchigie dell'Ovest guadagnavano potere, le vaste aree centrali del paese erano da diversi anni senza vittorie: gli ultimi midwestern a vincere le World Series erano stati i Minnesota Twins nel 1991. Quest'anno invece entrambe le vincitrici dei pennant (Chicago appunto, e Houston) provengono dalle rispettive Central Division, e questo deve rappresentare un forte impulso di fiducia per molti altri mercati medio-piccoli che possono tornare a credere nell'anello, senza doversi fare forza con "maledizioni" o leggende di alcun tipo.
In attesa di altre squadre emergenti, però, dalla parata dei South-siders non dobbiamo fare molta strada per trovare la franchigia con la striscia più lunga di insuccessi: quando verrà il turno dei Cubs, che hanno concluso quest'anno la 97° stagione consecutiva senza anelli? Dopo i Red Sox e i White Sox, verrà il loro turno di spezzare la striscia negativa?
L'unico modo per scoprirlo sarà vivere il meraviglioso mondo del Baseball anche l'anno prossimo.