Larry Brown all'ultima tappa. Riuscirà a dargli la soddifazione finora solo sfiorata?
Un titolo di coach dell'anno, una finale di conference, ma soprattutto, cosa ben più importante, l'aver cambiato l'inerzia di una franchigia che stava navigando verso l'oblio della mediocrità .
Ma evidentemente tutto ciò non è bastato, e un capriccio dettato dalla ragione ha fatto si che Rick Carlisle non rientrasse più nelle simpatie del più buono dei cattivi (boys), l'attuale Gm dei Pistons, Joe Dumars.
Ecco, il capriccio dell'ex Celtics non era altro che Carmelo Antonhy, mentre Dumars aveva in mente di scegliere con la chiamata numero 2, eredità di un vecchio scambio con i Grizzlies che coinvolse Otis Thorpe, la nuova grande speranza slava, Darko Milicic.
Carlisle aveva fatto due-conti-due: aveva già dato una forte impronta difensiva ai Pistons, ma spesso l'attacco era asfittico, non fluido. Quindi Melo sembrava l'addizione perfetta, uno che fa canestro in ogni modo, apre spazi per i compagni, oltre agli spazi apre anche le difese avversarie e passa bene la palla. Evidentemente Dumars l'ha pensata diversamente, e ha sognato una front-line composta da Ben Wallace e Darko Milicic, un mix potenzialmente perfetto di difesa dura e classe offensiva.
Da questa "diversa visione cestistica" (in realtà quella potrebbe essere stata "solo" la goccia che ha fatto traboccare il vaso: si è parlato anche di rapporti difficili tra Rick e i suoi giocatori) è nato il cambiamento più importante in casa Pistons in vista della stagione 2003-04, l'avvento di Larry Brown sul pino del Palace di Auburn Hills al posto del silurato Carlisle.
Oddio, Brown è forse il cambiamento più importante, ma non bisogna dimenticare che ai Pistons, tramite l'oggetto della discordia, noto anche come "pick number #2", è arrivata anche la nuova grande speranza slava, il diciottenne Darko Milicic.
E queste due potrebbero essere le addizioni decisive per riportare i Pistons in finale, finale che manca da quando il play titolare della franchigia era un certo Isiah Thomas.
Quest'anno nella Mo-Town hanno festeggiato l'accesso alla finale della Eastern Conference, segno che la squadra era già solida e che sarebbero bastati pochi ritocchi per fare l'ultimo e definitivo salto di qualità . E tutta la città spera che Larry Brown e Darko Milicic possano corrispondere a questo identikit, anche se ad entrambi non si addice l'etichetta di "ritocchi".
Il primo è ritenuto all'unanimità uno dei migliori coach dell'intera Nba, da alcuni addirittura il migliore in assoluto. Ha già dimostrato di essere a proprio agio anche in ambienti difficili, quindi nulla lascia pensare che non lo possa essere nel gestire un gruppo affiatato che gioca insieme ormai da un pezzo.
Carlisle è stato cacciato anche per i cattivi rapporti con i giocatori: Brown non è il classico "player's coach" alla Paul Silas per intenderci, ma sicuramente sa quando deve parlare e quando invece è opportuno non farlo.
A questo proposito doveroso ricordare come ha "gestito" e plasmato una "testa calda" come Allen Iverson, trasformandolo da play pazzerello a Mvp della Lega.
Non ama gli Europei (ricordate Kukoc, cacciato via, destinazione Atlanta, alla prima occasione utile?), e ciò potrebbe essere un ostacolo per il "rush to the glory" di Darko Milicic (e per la conferma ad ottimi livelli di Memo), al quale inizialmente non verrà concesso molto spazio, per tacere di chi lo vorrebbe in quintetto già dalla prima partita di regular season.
E a proposito di Milicic: Detroit non è una squadra in ricostruzione, e si è trovata fra le mani la scelta numero 2 per puro caso. Il serbo quindi non avrà da subito lo spazio che avrebbe potuto avere in quel di Denver, per fare un esempio. All'inizio faticherà molto e starà a guardare e imparare, anche se non è che ci sia molto da imparare offensivamente nella batteria di lunghi dei Pistons.
Wallace è il miglior difensore della Lega, un mostro nella sua metà di campo, ma in attacco è vicino allo zero, Cliff Robinson no (anzi) ma è vecchio e non più il giocatore di un tempo, Okur ancora giovane e inesperto ma promettente, dopo essere esploso ad alti livelli in questi ultimi playoff.
Proprio questa carenza nel reparto potrebbe smentire i miei pronostici sull'impiego di Darkone, con Larry Brown che, alla sua dichiarata ultima tappa della carriera, decide di cambiare rotta e affidarsi a un giovanissimo europeo ancora sconosciuto ai più, poco importa (ma non ai Gm) se viene ritenuto un fenomeno in divenire.
Abbiamo parlato del reparto lunghi, al quale dobbiamo aggiungere anche Zeljko Rebraca, in cerca di conferme (fisiche?). Reparto buono ma non abbastanza, soprattutto offensivamente se Rebraca non dovesse riprendersi dai problemi cardiaci.
Proprio per questo Dumars sta sondando il terreno per cercare un lungo affidabile in attacco nel mercato dei Free Agent: si era parlato di Juwan Howard, che tra l'altro a Detroit sarebbe di casa, ma poi l'ex Wolverine ha firmato con i Magic alla corte del Grande Dormiente. Comunque a Detroit possono muoversi agevolmente avendo a disposizione lo spazio salariale necessario per puntellare la squadra in modo coerente e senza stravolgere gli equilibri.
E dei rinforzi potrebbero arrivare anche nel settore delle guardie. Rip Hamilton era restricted free agent: è stato rifirmato per 63 milioni di dollari spalmati in 7 anni. Scontata la sua permanenza, anche se potrebbe rendere meglio qualora le maggiori responsabilità offensive non passassero dalle sue mani (quest'anno è stato il top-scorer dei suoi, con 19.7 punti per allacciata di scarpa) e avesse accanto un primo violino di spessore. A Detroit sperano possa essere Milicic in futuro.
Billups naturalmente è confermatissimo: l'anno passato è stato il principale "go to guy" della squadra, ha risolto molte partite, anche ai playoff, e soprattutto nel corso della post-season è sembrato che l'attacco dei rosso-blu non potesse prescindere da Chauncey, e le iniziative migliori partissero dalle sue mani.
Non è un play puro, ovvio, ma nemmeno a Phila Brown ha avuto a che fare con questa specie (seppur le caratteristiche del secondo sono diversissime), essendosi adattato con Eric Snow, più che altro uno specialista difensivo. Ecco, Billups non è proprio un "adattamento" e in attacco sa fare due-tre cosette in più dell'ex Spartans. Tutto grasso che cola per Larry Brown.
Dal draft è stato scelto anche Carlos Delfino, ma si pensa che il Fortitudino resti a Basket-City almeno per un'altra stagione, nonostante lui sia attratto dalle sirene Nba e vorrebbe "saltare" subito negli States.
Ma ci sono problemi di rescissione con la F scudata. Uno come Delfino farebbe comodo da subito, anche perché il reparto esterni dei Pistons è attualmente poco profondo.
Infatti il solo Chucky Atkins va a completare la lista (Jon Barry è Free Agent e verrà lasciato partire, Hubert Davis è sotto contratto ma la sua importanza è minima), evidentemente insufficiente. Lo spazio salariale libero dovrebbe essere utilizzato anche per completare il backcourt, da preferire un tiratore puro dato che è specie sconosciuta al roster della franchigia.
Nello spot di 3 dovrebbe finalmente evoluire in quintetto il Principe di Kentucky, Tayshaun Prince, vera rivelazione dei playoff 2002-03. Si è fatto notare come difensore superbo, ha marcato diverse tipologie di giocatori, da McGrady a Richard Jefferson, passando (cosa pazzesca, vista la velocità del soggetto in questione) per Allen I. Dietro di lui ancora Corliss Williamson, sesto uomo dell'anno nella stagione 2001-02, e ancora uno dei migliori della Lega.
Sotto contratto anche Michael Curry, ma il suo ruolo, soprattutto dopo l'esplosione di Prince, sarà sempre più marginale, ridotto a specialista difensivo e veterano di spogliatoio.
Arriverà sicuramente qualcuno, dato che così la panchina appare poco profonda e limitata e manca un tiratore. Ma la sensazione è che la squadra con Larry Brown possa fare il definitivo salto di qualità , anche in prospettiva di un Darko Milicic non scoppiettante nel rendimento al suo primo anno nella Lega dei sogni.
Naturalmente non possiamo sapere i motivi precisi che hanno portato alla cacciata di Rick Carlisle, ma la dirigenza dei Pistons potrebbe essersi resa conto che per fare l'ormai celeberrimo ultimo passo l'ex assistente di Larry Bird non fosse sufficiente, tentando una mossa come quella che fecero i Bulls quando licenziarono Doug Collins e portarono Phil Jackson nella Wind-City con i risultati noti al mondo.
Risultati che i Pistons sperano di ripercorrere: naturalmente non stiamo a parlare di una dinastia, anche perché l'età dell'allenatore non è più rosea, e probabilmente nemmeno di un titolo, dato che l'Ovest non è mai stato così forse con i Lakers e gli Spurs a farla da padrone, ma l'obiettivo realistico è tornare in finale, e le basi ci sono: un coach vincente, una grande difesa, un giovane fenomeno (e se avessero scelto Melo? A pelle, Melo avrebbe fatto più comodo di Darko visti i buchi nel roster e la carenza offensiva) e tanto cuore.
Ce la faranno? Ecco uno dei grandi temi della stagione in vista della stagione 2003-04.