Il paradosso dei Padres

Ci saranno ancora i San Diego Padres nel futuro di Brian Giles?

Difficile considerare completamente negativa una stagione in cui si raggiunge la post-season.
Difficile considerare completamente positiva una stagione da 82 vittorie e 80 sconfitte.

E' questo il curioso paradosso su cui si fonda l'analisi della stagione 2005 dei San Diego Padres.

In una Division, la NL West, in cui nel corso dell'anno gli avversari si sono autoesclusi dalla corsa ai playoff, la formazione allenata da Bruce Bochy ha potuto aggiungersi a squadre con ben altre credenziali nella corsa al pennant di National League.

Per lunghi periodi il record di franchigia è stato anche al di sotto del 50% di vittorie, facendo storcere il naso soprattutto ai più acerrimi contestatori dell'attuale sistema di qualificazione alla post-season.

La formazione del sud della California era data come possibile outsider in una Division che vedeva ad inizio anno Dodgers e D-Backs come maggiori favoriti.

Subito accantonata l'improbabile rinascita dei Colorado Rockies e fallita quasi immediatamente, anche per l'assenza di Barry Bonds, l'operazione veterani dei San Francisco Giants, i Padres hanno trovato in LA il maggiore ostacolo per il titolo di Division.

In realtà  l'opposizione della formazione del Dodger Stadium è durata solo per i primi due mesi di stagione regolare, perché dopo un avvio scintillante che aveva fatto tornare alla mente i tempi di Brooklyn, Eric Gagne e compagni sono crollati drasticamente, infilando lunghe serie negative che ne hanno fatto poco più di una meteora, almeno per questo 2005.

Gli Arizona DiamondBacks, autori in off-season di un mercato frenetico ed ambizioso, hanno mantenuto un rendimento costante per tutta la regular season, che però si è assestato ben presto su livelli di assoluta mediocrità , proprio come le prestazioni dei singoli giocatori su cui i dirigenti avevano puntato molto in inverno (Russ Ortiz su tutti).

In questa corsa ad eliminazione San Diego ha avuto il merito di non scomporsi, superando anche i momenti di maggiore difficoltà  senza disunirsi, grazie ad un roster profondo che ha potuto contare soprattutto su un pitching staff di primo livello.

Ed è proprio il parco lanciatori la nota positiva del 2005 dei Padres, che hanno ricevuto ottime risposte dai giovani elementi che Darren Balsley, pitching coach della franchigia, ha avuto la possibilità  di schierare.

I due pitcher partenti Jake Peavy (13-7, 2.88) ed Adam Eaton (11-5, 4.27) hanno confermato tutte le brillanti doti mostrate ad intermittenza nelle precedenti annate, proponedosi come la coppia di starter su cui costruire il futuro della franchigia.

Nella rotation ha invece incontrato qualche difficoltà  il più l'esperto Woody Williams, arrivato dai Cardinals anche con l'obiettivo di fare da chioccia ai più giovani colleghi; evidentemente il ruolo di maestro è stato preso sul serio dal veterano ex Saint Louis, che però ha registrato un calo delle prestazioni sul monte che la dirigenza non si aspettava (9-12, 4.85).

Rendimento simile a quello di WW l'ha offerto Brian Lawrence, pitcher consistente che ha avuto l'onore di essere il partente dell'Opening Day per il secondo anno consecutivo; i risultati della stagione, lunga e pesante per il pitcher più utilizzato della rotation, non sono però stati all'altezza delle aspettative e le 15 sconfitte a fronte di sole 7 vittorie hanno suscitato non pochi dubbi sulla reale affidabilità  del 29enne di Fort Collins.

Affidabile invece si è dimostrato il bullpen, “capitanato” dal veterano Trevor Hoffman, secondo nella graduatoria all-time per salvezze ottenute.

Il 38enne californiano, alla 13esima stagione nelle Majors, ha collezionato un'altra annata molto positiva, toccando quota 43 saves su 46 occasioni.

Di classe riflessa hanno vissuto Scott Linebrink e Rudy Seanez, ottimi rilievi che hanno quasi sempre aperto la strada all'esperto closer: 15 vittorie e solo 2 sconfitte in coppia ed una media ERA di tutto rispetto (Linebrink addirittura 1.83).

Discreta anche la stagione di Chris Hammond, mentre meno garanzie ha offerto il giapponese Akinori Otsuka, decisamente in calo rispetto alla strepitosa annata 2004.

Il reparto che ha invece destato qualche preoccupazione è stato quello offensivo, in cui solo due giocatori hanno tenuto medie in battuta al di sopra del .300 (uno dei quali un back-up, Miguel Olivo, con meno di 40 partite all'attivo), che non ha regalato nulla, ma questo già  si era constatato nell'anno precedente, neanche sotto l'aspetto della potenza.

Ryan Klesko miglior slugger del line-up con 18 HR è un dato che sicuramente deve far pensare, come la grande difficoltà  a produrre punti con i corridori in base.

L'MVP offensivo di San Diego in stagione regolare è stato sicuramente l'esperto Brian Giles, che ha chiuso l'anno con .301 al piatto e .423 di media arrivo in base, frutto di una ritrovata pazienza che gli ha permesso di ottenere la ragguardevole cifra di 119 basi ball.

Anche i cambiamenti in corso non hanno giovato al line-up, perché se l'arrivo del terza base Joe Randa dai Cincinnati Reds è coinciso con il calo del giocatore comunque valido innesto, lo scambio con i Texas Rangers che ha visto interessati Phil Nevin ed il pitcher Chan Ho Park ha decisamente rinforzato il pitching staff indebolendo però ulteriormente il reparto battitori.

Il giovane short-stop Khalil Greene ha incontrato difficoltà  in battuta nella sua seconda stagione MLB effettiva ed il solo catcher Ramon Hernandez è apparso in grado di trovare le clutch-hits nei momenti più delicati.

Tutti questi problemi si sono rivelati insormontabili nella serie di Division Series contro i solidi Cardinals, in cui l'assenza per infortunio di Eaton e le pessime prestazioni di Peavy e Williams hanno evidenziato tutti i limiti di una formazone forse non ancora pronta per certi palcoscenici.

L'off-season si annuncia dunque molto movimentata per la dirigenza, che si troverà  di fronte da una parte il desiderio di rafforzare un roster per tentare di completare il salto di qualità , ma dall'altra i 9 contratti in scadenza per giocatori che si avviano alla free agency.

Tra questi i nomi più altisonanti sono sicuramente quelli di Trevor Hoffman e di Brian Giles, ma anche elementi importanti come Ramon Hernandez e Joe Randa potrebbero lasciare la baia: prevarranno l'ambizione e la voglia di migliorarsi oppure le esigenze di bilancio?

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