Riuscirà il Wooden Award 2003 a sfondare anche in Nba?
Rinnovamento. A casa Bucks oggi più che mai sembra essere questa la parola magica che le fa muovere tutte. Non la sua collega "ricostruzione", tanto abusata da quei team che perdono le loro stelle in una triste off season. Rinnovamento è sicuramente la parola adatta. In fondo, di ricostruzione, non ce n'era davvero bisogno, anzi: i Bucks qualche risultato qua e là l'hanno ottenuto, ma proprio quella pochezza, quello status di "squadra buona, però"" ha convinto la dirigenza del Wisconsin ad abbandonare in parte i progetti iniziali.
Sarà un'estate calda non nel senso più prettamente climatico del termine: Cassell ceduto ai T-Wolves in cambio di Joe Smith, Payton quasi sicuramente destinato al parquet hollywoodiano, coach Karl come sempre sul pericoloso filo del rasoio, una dirigenza ricca di inventiva e attiva sul mercato come poche altre (nel bene e nel male) e, dulcis in fundo, una proprietà che vuole mollare a qualcun altro. Insomma: tifosi dei Bucks: chi crede preghi, chi non crede, speri che vada tutto bene!
Fino a qualche anno fa il trittico di speranze che, silenziosamente, ha fatto emergere i Bucks dalla mediocrità era composto da Big Dog Robinson, Ray "He got game" Allen e - davvero! - Vin "The Steal" Baker.
Com'è andata si sa: uno si è perso nei meandri di una mente leggera come l'aria del Nepal (Baker, appunto), un altro – accusato giustamente di non impegnarsi in difesa - svenduto per un veterano che della difesa non fa esattamente il suo pane quotidiano, (Glenn Robinson per Toni Kukoc) e l'ultimo (Allen) etichettato come "non vincente" e scambiato per una promessa e un veterano che l'anno prossimo non ci sarà . Mica male…
La stagione prossima ventura vedrà nel ruolo di play, a scanso di sorprese di sorta, TJ Ford, stellina del college e playmaker di splendida fattura scelto al primo giro in questo draft. Grande tecnica racchiusa in un corpicino di meno di uno e ottanta per settantacinque chili, grande atletismo e forza fisica in abbondanza per resistere agli urti, il tutto condito da una visione di gioco pressoché sublime. Due anni di college nei quali, se parliamo di premi individuali, il ragazzo ha fatto razzia e l'anno dopo - boom! - play titolare nella stagione da rookie. I Bucks si fidano e soprattutto si affidano alla buona sorte e alle grandi capacità del piccoletto, il quale però ha ancora tutto da dimostrare e da far vedere al mondo NBA. Le credenziali non sono da poco e c'è la sensazione che la scelta di Milwaukee sia azzeccata e tutto sommato piovuta dal cielo: averlo libero con il numero otto sembra uno di quei favori ancestrali che non si devono sprecare (con tutto il rispetto per Kirk Hinrich, scelto al 7 dai Bulls). La parola "scommessa", in ogni caso, credo si adatti bene alla situazione"
Il resto della squadra non è che dorma sonni tranquilli: tutti, o quasi, sembrano essere merce di scambio un giorno sì e uno anche. Uno a caso? Ma Tim Thomas, ovviamente.
Una delle delusioni più grandi della stagione scorsa, l'ex ala piccola dei Sixers ha vissuto un periodo di gloria due anni or sono quando tutti - ma proprio tutti - si chiedevano perché tenerlo come back up del cagnaccio e non sbatterlo in quintetto subito. In virtù delle sue straordinarie doti offensive, ma ancor prima difensive, Thomas non ha però sfruttato la possibilità avuta la scorsa stagione quando, senza più Robinson a oscurarlo, non è riuscito a far vedere nemmeno la metà del suo potenziale. Thomas è inserito in molte trade ed in parecchi sign and trade e non è affatto detto che il prossimo anno vesta la maglia col cerbiatto.
Aggiungiamo il fatto che nel ruolo di centro si continua a non vedere nessuno, ma questa è più che altro una scelta tecnica, e che gli unici giocatori su cui i Bucks contano sono Desmond Mason, arrivato in cambio di Allen lo scorso anno, e Michael Redd trattenuto in casa la scorsa estate mentre si stava già provando la biancazzurra maglia di Dallas. Su Mason (Anthony) non scommetterei troppo: "centro" titolare nonostante i 2 metri scarsi, non ha fatto la felicità della dirigenza ma, soprattutto, non si sa quanto possa essere contento lui di questa situazione in continua transizione.
A conti fatti, vale su tutta la linea il discorso fatto per TJ Ford: tutto sembra basato su una grande scommessa, un rimpasto generale che può portare lontano ma non certo lontanissimo e che, soprattutto, dà l'idea che quell'onta di "good team, but"" non la levi di certo. Il tutto condito dalla speranza che, se e quando il senatore Kohl - attuale owner dei Bucks - riuscirà a vendere, la futura nuova dirigenza apprezzi gli sforzi fatti quest'estate e non ne voglia altri simili, altrimenti al posto di "rinnovamento" i tifosi del Winsconsin parleranno di "distruzione""