Lamar Odom può rappresentare a 24 anni un giocatore in grado di spostare gli equilibri della lega
Ci sono giocatori dei quali è obiettivamente difficile non innamorarsi.
Si tratta di atleti affascinanti, spesso non rientranti in categorie di gioco precise, ma si tratta sempre di giocatori dal talento smisurato.
Possono fare di tutto.
Segnare a tempo praticamente scaduto il tiro decisivo per la vittoria della tua squadra del cuore. Possono giocare per i rivali e metterti 40 punti in faccia. Possono farsi cacciare dal campo per un stupidaggine o sparire dal campo per un numero indefinito di quarti e poi in una sola azione farti riguadagnare il prezzo del biglietto.
Possono fare di tutto, ma tu non puoi evitare di ammirarli, di provare un naturale istinto di imitazione, nel trovare tutto così facile quello che fanno.
Ce ne sono esempi in ogni sport e non è detto che si tratti di atleti vincenti, anzi. Il più delle volte si tratta di grandi perdenti, di magnifiche comparse della scena agonistica.
Ad oggi, Lamar Odom appartiene proprio a questa categoria.
Il giocatore in forza alla, ahimè, disgraziata franchigia dei Los Angeles Clippers, in maglia numero 7, è ad oggi uno dei talenti inespressi più esaltanti che ancora stiano calcando le scene NBA.
Dopo sole quattro stagioni fra i pro e un'età che è appena arrivata al traguardo dei 24 anni, Odom per molti potrebbe essere già considerato un ex possibile grande, ma questo giudizio rischia di essere oltre che sbagliato anche molto affrettato.
Il suo passato recente è segnato dall'unico colore della maglia californiana. Dopo essere stato scelta con la quarta opzione assoluta nel draft del 1999, proveniente dall'Università del Rhode Island, questa ala piccola di 208 cm per poco più di 100 Kg quando è in forma, si è trovato, lui newyorkese purosangue, a vestire il ruolo di salvatore della patria in un deserto agonistico come quello della sponda povera di L.A.
In uno spogliatoio come quello posto in essere dal presidente più tirchio (e questo sarebbe anche passabile) e meno competente (questo è proprio più grave) della NBA, Lamar ha dovuto rimboccarsi le maniche, cosa che forse al momento non era nel suo bagaglio tecnico, e mettere il suo talento stratosferico al servizio della causa.
I numeri delle prime due annate, seppur non positive lo hanno lanciato nell'orbita dei grandi: 17 punti a partita, 7.8 rimbalzi e oltre 5 assist ogni 48 minuti al termine del secondo anno. Tutto questo in una squadra nettamente perdente e senza uno straccio di progetto tecnico.
Ma la vera consacrazione è arrivata con la partecipazione alla partita dei Rookies durante l'All star game del 2001. In una gara spesso giocata a ritmi da post lavoro bancario (sorry Max n.d.r.) con tanto di egoismi vari, la prestazione di Lamar è apparsa quella sera paragonabile a quella di un uomo fra i bambini, per usare una frase fatta e ne ha esemplificato al meglio la capacità di gestire il gioco degna di un regista puro, tanto che non sono stati pochi gli osservatori che hanno voluto accostare il nome di Odom a quello di Magic Johnson.
Come spesso succede a questo punto è arrivata la frenata.
Nelle due stagioni successive, Lamarvelous (forse in ossequio ad un noto corrispondente italiano) ha disputato meno di 80 partite complessive e tutte le sue statistiche sono calate di rendimento.
Le cause? Un infortunio piuttosto serio ad un ginocchio, certo.
Ma anche problemi disciplinari assortiti, insofferenza alla cronica tirchieria del proprio datore di lavoro, uno spogliatoio nel quale i giocatori meglio pagati scendono in campo solo per avere quotazioni più alte da poter reclamizzare nell'annata successiva e non ultimo un mai del tutto chiarito problema con la marijuana che gli ha fruttato una sospensione dall'attività agonistica, seppur abbastanza breve.
Basta tutto questo a rendere già un ex un ragazzo di 24 anni?
Per alcuni sì, ma per sua fortuna la maggioranza del GM della NBA non sembra pensarla così.
Sì, perché quest'anno, Lamar Odom è diventato restricted free agent, con la conseguenza di poter accettare dal 1° luglio prossimo ogni offerta proveniente da altre franchigie, sempre se questa non verrà pareggiata dagli attuali titolari del suo contratto.
Quale sarà quindi il futuro del sorriso più affascinante della lega?
Gli scenari sono apertissimi e sono davvero tante le voci che si rincorrono sul conto di questa ala piccola.
Tecnicamente Odom farebbe la fortuna di tante squadre, lo si potrebbe utilizzare nel suo ruolo naturale, oppure si potrebbe rischiare e farlo giocare un po' alla Scottie Pippen, da play aggiunto e questa, visti i fondamentali paurosi dei quali è tenutario, non sarebbe davvero una bestemmia.
No, tecnicamente Odom potrebbe giocare ad oggi in tutte le squadre iscritte al campionato 2003/04, ma il problema come è ovvio non risiede nel campo della tecnica.
La capacità di Odom di giocare ad un livello non comune alla maggioranza dei praticanti di basket nel mondo (in senso letterale vista l'elevazione alla quale deposita un lay-up), potrebbe giungere nel prossimo campionato in svariate città dell'Unione.
Ma quali squadre potrebbero permettersi di mettere a libro paga il numero 7 e quali invece ne avrebbero bisogno?
Come già notato, i rumors su Odom si rincorrono ormai da settimane. Nonostante il 25 giugno scorso i Clippers abbiano proposto la cosiddetta qualifying offer, sono almeno 3 le piazze dichiaratamente interessate ai suoi servigi.
I New York Knicks riporterebbero volentieri nella sua terra natia il figliol prodigo e l'interessato ha più volte espresso dichiarazioni nelle quali asseriva di poter accettare una riduzione di stipendio per giocare costantemente sulle assi del Madison.
Allo stesso tempo, un velato ma vero interessamento è arrivato anche da Orlando. Alla stampa locale sono bastate poche sibilline frasi di un dirigente locale per scatenare la fantasia e anticipare i possibili sfracelli conseguenti all'unione sportiva di due ragazzi come T-Mac e Lamar, che in questo caso avrebbe pensionato del tutto Grant Hill.
Ancora più spregiudicata è poi l'ipotesi che vede i Denver Nuggets, freschi di casacca e logo nuovi, pronti a mettere l'esperienza di Odom al servizio del neo arrivato 'Melo, ma in questo caso ci sono troppi ostacoli perché un'accoppiata del genere si possa realizzare.
Alla fine ovviamente, Odom andrà nell'ultimo posto dove lo vedono oggi gli esperti.
Potrebbe restare a tirare la carretta (o mettere grano in cascina se volete) ancora un anno, con la prospettiva di un potere contrattuale moltiplicato al termine del 2004, oppure potrebbe giungere perfino a ricoprire il ruolo di spot numero 3 in casa dei campioni del mondo.
Si tratta in questo caso di un' ipotesi certamente azzardatissima, ma che secondo taluni ha delle possibilità di concretizzarsi, sempre che agli Spurs non riescano i colpi gobbi di Kidd o di un centro di nome O'Neal(Jermaine) o Nesterovic.
Molti forse, certo, ma l'idea di vedere Odom a duettare con Tim Duncan solletica il palato di molti puristi del gioco.
Con i se e con i ma non si vincono i campionati, ci si costruiscono però delle splendide prime pagine di giornale in tempo di mercato.
Alla prossima.