Se non sarà frenato dagli infortuni Walton potrebbe essere molto utile alla causa angelina
Sono passati soltanto pochi giorni dalla fatidica notte del 26 giugno, la notte del draft NBA 2003.
Mai come quest'anno i media sembrano avere spinto e pompato la "nuova linfa" della lega e le speranze sui prospetti sono ad oggi realmente molto alte.
I vari {b]Lebron James, Darko Milicic, Carmelo Anthony e compagnia bella avranno davvero vita dura se vorranno soddisfare da subito le attese di una platea che li attende al varco.
Questo discorso però vale soprattutto per le squadre penalizzate da un 2002 negativo. Ma le franchigie al top sono costrette, dalle regole di lotteria e dai buoni risultati, ad operare in modo completamente diverso.
Lasciato da parete il nome o il talento puro, la prima regola del GM ideale nella NBA dovrebbe essere quella di scegliere in sede di draft secondo un criterio di rigorosa utilità ; presente o futura.
Scelte oculate, magari in prospettiva, che si inseriscano in buchi di organico o che possano rappresentare valide alternative da far crescere all'ombra di big già realizzati.
Delle scelte per loro natura ancora più difficili di quelle al top del ranking.
Ecco, se tutto questo vuol dire saper operare sul mercato dei rookies con oculatezza e competenza, i Los Angeles Lakers negli anni scorsi si erano esibiti in una serie di figuracce e di toppate da antologia.
All'indomani dell'uscita dai play-off a favore dei futuri campioni del mondo di San Antonio, la stampa californiana si era sbizzarrita non tanto nel criticare la squadra, quanto nel ricordare senza troppi preamboli o giri di parole, l'inadeguatezza della gestione del mercato della recente era Jackson.
Così quest'anno, forse per smentire tutti, forse per una reale volontà di cambiare registro tecnico e tattico, la dirigenza giallo viola ha deciso di dare una sterzata netta alla sua politica e ha pescato nei due giri nomi fuori registro rispetto alle recenti "disavventure".
Come prima scelta assoluta, le porte dello Staples Center si sono perciò spalancate per Brian Cook, ala grande proveniente da una famiglia di cestisti e dall'ateneo di Illinois.
Di Cook si sono già dette molte cose. Si tratta di un'ala grande di buone prospettive, dotato di tiro da sotto e da fuori distribuibile in egual misura, di mani addomesticate a dovere, di un tiro libero affidabilissimo e di un capacità tattica con grandi margini di miglioramento.
Dal lato fisico non si tratta certo di un mostro.
Le misurazione lo hanno dichiarato un giocatore di 208 cm per 106 Kg di peso.
Non si tratta di un super atleta, ma piuttosto di un giocatore versatile e completo, che trova nell'apertura alare un gran bel biglietto da visita che gli consente tra l'altro di cercare la stoppata con discreta naturalezza.
Gli osservatori, primi fra tutti quelli di questo sito, ne hanno constatato una certa leggerezza a livello mentale, ma se un giocatore vuole crescere all'ombra di un valido motivatore, non ci sono molti posti migliori degli spogliatoi posti al fianco dell'ufficio del coach Zen.
Il primo giro ha quindi mandato un messaggio chiaro.
Ai Lakers versione 2003/2004 non serviranno prospetti pieni di punti di domanda, piuttosto giocatori di pallacanestro veri. Magari non sfavillanti ma capaci di inserirsi nel particolare sistema di gioco made in Winters e con alle spalle un background nella NCAA quanto meno consistente.
Per i pezzi da novanta, è chiaro che gli angelini si stiano muovendo su altri mercati.
Quello dei Free agents e degli scambi, come ovvio.
In questi giorni infatti non sono poche le notizie che da più parti vedono grandi nomi in arrivo sul Sunset Boulevard.
Il ruolo di play, si sa, è scoperto in casa Lakers da anni e l'arrivo contemporaneo di Payton e Lue porterebbe ad un passo avanti di grandi proporzione, liberando Fisher, pensionando Shaw, alleggerendo Pargo e dando possibilità a Bryant di occuparsi d'altro rispetto alla regia.
Proprio per questo motivo, la scelta di un play era vista da molti come un bestemmia.
In ala grande e centro, le posizioni da lungo, appaiono scontate le partenze di Horry e di un giocatore a scelta fra Medvedenko e Walker e con l'arrivo di Cook l'idea di mettere un altro giovane a fianco del capitano Shaq apparirebbe come quantomeno bizzarra.
Più facile che in ala grande titolare vada un acquisto vero e il nome sulla bocca di tutti, ad oggi, è quello di Kurt Thomas da New York.
Per forza di cose quindi, tutte le considerazioni hanno portato al ruolo di ala piccola come unico spot nel quale poter inserire un nome proveniente dal draft.
Con Fox fermo per infortunio a tempo non ben determinato e George promosso sul campo, la fortuna ha visto liberarsi per la scelta dei Lakers un nome quest'anno un po' sottovalutato, ma che potrebbe rappresentare nei prossimi anni, una delle migliori sorprese venute dalla lotteria 2003: Luke Walton da Arizona.
Dalla corte di coach Olson, i Lakers hanno reclutato, se si può far passare questo termine universitario, il figlio di un grande rivale del passato, Bill Walton, un ala piccola di 202 cm di rara pulizia stilistica e completezza tecnica.
Nel corso della sua carriera al college, Luke ha attraversato alti bassi notevoli, passando più volte dal ruolo di star futura a quello di delusione per poi trasformarsi nel corso del suo quinto(!) anno in un prospetto di buone speranze, forse un po' dimenticato dai commentatori fuori dallo stato dei cactus.
Le sue migliori credenziali sono quelle di giocatori intelligente, passatore sopra la media, tiratore da oltre 5 metri e difensore molto applicato, l'esatto opposto dell'ala piccola che imperversa oggi nella lega che i Lakers hanno più volte tentato di inserire nel proprio roster, ma anche l'identikit del tassello che coach Jackson intenderebbe inserire nel proprio ingranaggio per continuare a far funzionare lo schema del triangolo.
Con lui, Los Angeles dichiara fortemente la sua voglia di darsi una regolata a livello di supportino cast, vista anche la presunta insofferenza di questi ultimi giorni da parte di Kobe Bryant.
Nelle ultime ore infatti, si è diffusa la notizia che il numero 8 avrebbe deciso di sfruttare la clausola del suo contratto che gli permetterebbe di diventare free agent al termine della prossima stagione.
Si tratterà di una manovra per pungolare la dirigenza giallo viola o di una reale intenzione di cambiare aria?
Di tempo per discuterne ce ne sarà , quello che pare invece chiaro ad oggi è che il draft 2003 sembra avere sorriso alle speranze degli ex campioni del mondo, che possono guardare con ottimismo alle mosse per completare il proprio organico sul mercato FA.
Poi la parola andrà al campo.
Alla prossima.