Pinne, fucile ed occhiali…

Tim Duncan è stato il dominatore indiscusso di questi Playoff.

Eccoci qua, alla vigilia dell'ennesimo weekend canicolare, con la canotta appiccicata al resto del corpo ed in attesa di un check in per localita' (si spera) piu' miti.

Abbiamo appena rimesso in ripostiglio la bandiera degli Spurs e la numero 21 del Caraibico, vero dominatore dei playoff di quest'anno, e uno dei pochi motivi di sorridere in una finale NBA tra le meno appetibili della storia recente.

Questo e' il giudizio che hanno partorito i rating televisivi, ovvero quelle strane macchine che santificano il fatto che se Shaq e Kobe giocano male allora vengono guardati da miliardi di persone, mentre se Timoteo e Kidd fanno i fenomeni, la cosa interessa a quattro gatti.

Agli sventurati italici che hanno trascorso 6 notti in piedi, resta uno spettacolo a singhiozzo, fatto di grandi vantaggi dilapidati in pochi minuti, di duelli di playmaker che il prossimo anno potrebbero avere altre maglie, di canti del cigno da parte di un grande giocatore nel corpo e nella testa di una grandissima persona.

Il resto sono le finali NBA di questi tempi, e pazienza se molti hanno storto il naso di fronte allo spettacolo visto: chi vince festeggia, gli altri tutti a rimuginare su cio' che poteva essere e non e' stato.

Il basket di oggi e' iperatletico, frenetico e strafisico, probabilmente Larry Bird e Stockton non verrebbero neanche scelti nei due giri previsti, perchè al bilanciere farebbero schifo ed in qualsiasi drill atletico verrebbero doppiati dal bestione sedicenne di turno. [NDR: Stockton farebbe sicuramente quella fine lì, mentre se Bird avesse trascinato la sua squadra almeno in finale NCAA potrebbe essere scelto" entro le prime 15?]

Lo so che questo discorso e' tipico degli ottuagenari nostalgici che adorano il basket degli anni 80, quello in cui la Denver di Doug Moe viaggiava a 125 punti a gara e non difendeva neanche sotto tortura, ma non posso fare a meno di rimpiangere tutta quella gente dai fondamentali offensivi a prova di bomba.

Oggi un Bruce Bowen qualsiasi tira da 3 con il 50% abbondante ma non mette niente di niente da minore distanza, neppure se tira con l'avversario fuori dal palazzo. Purtroppo oggi i titoli NBA si vincono con 1-2 superstelle (quest'anno ne e' bastata 1) una bella batteria di lunghi operai, dei piccoli che tirano dall'arco ed un play medio.

Ieri se non avevi almeno 3 grandi giocatori, col cavolo che segavi la concorrenza del Triangolo delle Bermude (Boston-Phila-Lakers). Per anni la Lega si e' appoggiata al giocatore piu' forte di tutti i tempi, che oltre ad essere naturalmente stratosferico, aveva anche una voglia di vincere piu' grande del gia' immenso talento. Per anni quest'uomo ha resistito agli attacchi dell'evoluzione del gioco, che nel frattempo andava in una direzione precisa.

Adesso il basket e' molto, troppo fisico, e si riduce al binomio “sportellate/tiro da tre”, dove vince chi ha il lungo dominante che segna e, se raddoppiato, riapre sul perimetro.

Da anni non si esce da questo tema, che rende vincenti squadre con roster pochissimo profondi.
Finche' Dallas o Sacramento (o squadre con la stessa filosofia) non invertiranno il trend, continueremo a vedere questa minestra, con piu' o meno componente fisica (dipende dalla supremazia di Duncan o di Shaq) ma sempre le stesse soluzioni.

Per quello che puo' contare, mi piaceva di piu' il basket di qualche anno fa, che e' diverso dal dire che quelli di ieri vincerebbero una partita contro quelli di oggi.

L'augurio del sottoscritto e' che i campioni di oggi e di domani non si accontentino degli zompi e delle schiacciate tonanti, ma sappiano evolvere il loro gioco ed i loro fondamentali, in maniera tale da far sembrare questo sport non come una guerra tra bufali ma come un'esposizione di grandi atleti con grandi capacita' tecniche. I fondamentali di Tim Duncan sono li' a mostrarlo.

Domani va in scena uno spettacolo che genera quantità  di inchiostro forse superiori agli eventi sportivi recenti: il draft NBA. La cosa più divertente e' che non si discute su chi verrà  scelto per primo, visto che il nome e' noto da più di un anno.

A dire il vero, neanche la 2 e la 3 sono materiale di contenzioso, dato che Darko Milicic e Carmelo Antony sono ben diretti a Detroit e Denver, quindi il pathos non e' certo sulle prime chiamate. Lasciatemi comunque sottolineare che le prime tre scelte, oltre ad avere un'eta' media buona per l'esame di teoria della scuola guida da noi, hanno un totale di anni universitari UNO, come dire che la NCAA non e' piu' considerata la formazione per eccellenza.

Se ci aggiungiamo che Carmelito da Syracuse ha praticamente preso in spalla il suo ateneo portandolo al primo titolo della sua storia e questo gli vale solo la terza moneta, tutto pare molto strano. Denunciando la mia eta', ho riaperto l'album dei ricordi e sono ritornato al 1988, anno in cui il senior Danny Manning aveva trascinato i suoi Jayhawks al titolo NCAA, venendo poi gratificato dalla primissima chiamata: anni lontani…

Quest'anno l'atmosfera di “Caccia al bambino prodigio” e' ancora piu' esaltata dal fatto che esce allo scoperto quello che che da 2 anni e' indicato come “l'unto del Dio Basket”, ovvero LeBron James.
Il ragazzo (ricordiamolo, nato il 30 dicembre del 1984, fatevi quindi 2 conti), ha tutto quello che serve per essere un fenomeno: il colore della pelle, il talento smisurato, il fisico, la mamma scassazebedei, il contratto osceno da parte della casa con il baffo etc.etc.

Siccome poi ogni film abbisogna di adeguata sceneggiatura, l'addetto alle palline ha dato un'occhiata al calcolo delle probabilità  privilegiando chi in stagione aveva fatto di tutto per avere un intero sacchetto di palline nell'urna, e come per magia il signor James non deve rifare nessun certificato di residenza, visto che Cleveland lo sceglie e a Cleveland resta.

Oggi la parola d'ordine e' “potenziale”, i giocatori vengono misurati, schedulati come le vacche al macello, l'aspetto fisico viene prima di ogni altra cosa, perche' il basket, quello che si gioca oggi, i coach sono sempre in grado di insegnartelo (o almeno cosi' dicono). Pazienza poi se un jumper dai 5 metri e' raro come una promessa elettorale mantenuta, ed in finale vediamo gente che si palleggia sui lacci delle scarpe e passa la palla all'uomo dei popcorn.

Rileggo questo pezzo e mi vergogno di aver scritto tutte queste fregnacce semiserie, quasi voglia convincervi di essere uno che di basket ci capisce qualcosa. La realtà  dei fatti e' che la mia signora mi sta chiamando, perché devo lavare i piatti, stirare le ultime magliette da mettere in valigia, chiudere ogni genere di rubinetto, controllare di aver spento il gas, verificare lo stato dell'auto (ma non andavamo in aereo??) etc.etc., insomma fare tutte le cose che un bravo ometto di casa deve fare prima di stravaccarsi sotto un ombrellone.

Ma e' mai possibile che non ti stacchi mai da quella tastiera? Come farai a stare una settimana senza PC (mai sentito parlare di internet point, cara?)? Hai cambiato la sabbia ai gatti, hai svuotato il frigo, hai preparato il te', hai ….., hai…..?

E poi le chiamano ferie, in realtà  sembra un trasloco fatto con le infradito.

Vabbe', è giunta l'ora di salutare tutti, non prima di aver ringraziato i quattro disperati che hanno fedelmente letto queste righe per svariati mesi, fingendo pure l'incazzatura perché il cretino da Bolzano se la prendeva troppo comoda.

Di sicuro io mi sono divertito a giocare all'opinionista, e, se Dio vuole, quando ci saranno ancora spunti per fare due chiacchiere davanti ad una birra gelata, proverò a riemergere dalla calura. Auguro a tutti, sia al di qua che al di la' del sito, buone vacanze e buone ferie, sperando di avervi strappato un sorriso o un amichevole vaffa.

Un saluto speciale va al Megadirettore Intergalattico, con un gigantesco asterisco dovuto alla sua fede milanista. Di tutti i difetti che ti potevi concedere, caro Max, hai scelto veramente il peggiore. Ma in questo mondo che va alla rovescia, pare che il mio, di difetto, sia infinitamente piu' grave. Ma verra' il giorno in cui tutto questo cambiera'… speriamo di essere ancora in vita, quel giorno!!!!
[NDR: in vita sì, ma ti sarai stufato e l'anno prima avrai deciso di cambiare, finalmente, squadra! Queste sì che son soddisfazioni!! Scherzi (?) a parte, ringrazio Kicco per la splendida compagnia che ci ha tenuto in questo anno insieme: se i suoi pezzi sono stati fra i più letti del sito un motivo ci sarà "]

Kicco
vbrugia@tin.it

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