Kidd ha cancellato i fantasmi di gara1 anche grazie a qualche magia delle sue
“Appena ho iniziato a mettere i primi canestri, mi sono sentito più a mio agio. Ho provato a lasciare che la parita venisse a me e quando potevo prendermi dei tiri, l'ho semplicemente fatto”. Queste le prime impressioni del numero 5 nei New Jersey Nets, alias Jason Kidd, autentico mattatore della vittoriosa Gara2 di queste serie finali. 30 punti, 13 dei quali nell'ultimo quarto.
“Jason ha giocato in “attack mode” per tutta la serata – dice coach Byron Scott – E stato più aggressivo ed è quello che ci serviva questa sera”. Rispetto gara1, Kidd ha avuto percenuali decisamente migliori(11su24 dal campo con un 2su4 da 3) ed è sembrato sempre padrone del proprio attacco.
Ma è stata la difesa la vera protagonista della serata. Una nome su tutti, Dikembe Mutombo.
“I miei allenatori mi hanno aiutato ad essere preparato e io mi sono fatto trovare pronto– dice Mutombo alla fine del primo tempo – e sono pronto a giocare anche nei prossimi due quarti”. Detto, fatto. Mutombo è rimasto in campo per 20 minuti complessivi, mandando a referto 3 stoppate. Dopo una di queste, e precisamente su Kevin Willis, Dikembe ha mostrato his trademark finger. “Mi viene naturale – confessa Mutombo – è quello che sono abituato a fare e non smetterò di farlo finchè gioco”.
E' stata una partità pregna di spunti tecnico-tattici. Molti di aspettavano dei raddoppi sistematici in post-basso su Tim Duncan dopo la squassante prova in gara1 del caraibico; invece coach Scott è rimasto in single coverage per quasi tutta la partita alternando Martin, Collins e addirittura Mutombo. Paradossalmente le rarissime volte in cui è scattato il raddoppio, New Jersey ha pagato sempre un dazio pesante con le triple di Ginobili e Jackson.
Altro aspetto interessante è il quintetto con cui i Nets hanno effettuato il sorpasso a metà del secondo quarto: con Kidd e un motivatissimo Lucious Harris, c'erano Martin schierato da ala piccola con Rodney Rogers e Mutombo sotto le plancie.
Popovich ha faticato a trovare subito le contromisure, soprattutto su Rogers che ha approfittato del mismatch per segnare un paio di canestri importanti.
Finchè la situazione falli di Kenyon Martin gliel'ha concesso, Scott è rimasto con il quintetto alto e San Antonio ha faticato non poco per trovare la via del canestro.
Anche la difesa sul pick&roll che coinvolgeva Duncan è cambiata rispetto a gara1. I giocatori sul lato debole erano più flottati in mezzo all'area, impedendo così sia la penetrazione del palleggiatore che il taglio a canestro del caraibico.
C'è da dire che anche l'errato posizionamento dei giocatori in attacco, quello che in gergo viene chiamato spacing, ha permesso agli uomini di Scott di chiudere l'area e ha forzato non poche palle perse spursine. Alla fine sono state 21 e unite agli 11 errori dalla lunetta(7 di Duncan) hanno condizionato pesantemente l'esito finale della partita.
Esito che poteva essere diverso “grazie” alle scellerate scelte difensive dei Nets negli ultimi 11.8 secondi.
Se c'è una “regola” sulle rimesse laterali a pochi secondi dalla fine, è “mai concedere un passaggio facile in angolo”. Scott ha avuto un timeout per ricordarlo ai suoi giocatori. Risultato? Taglio a “L” di Jackson dalla posizione di playmaker e ricezione in angolo per la tripla del -1. Scott dovrà lavorare maggiormente su questi particolari, perchè molte partite si potrebbero risolvere su questo tipo di azioni.
Adesso si va ad est per 3 partite consecutive e Popovich dovrà trovare degli adeguamenti per attaccare il “quintettone” dei Nets che potrebbe rivelarsi più ostico del previsto.
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