Donald T. Sterling ci sarà anche il prossimo anno, ma Brand?
Doveva essere l’anno della svolta, doveva essere l’anno della rivincita, ed invece ancora una volta ci toccherà raccontare di una stagione mediocre e dell’ennesimo record perdente che la franchigia di Donald Sterling ha collezionato.
Una stagione semplicemente orrenda, partita male anche a causa dei problemi fisici di alcuni giocatori, e proseguita sempre peggio, con sconfitte su sconfitte, con prestazioni imbarazzanti da parte della squadra, che nel 2003 ha collezionato 15 vittorie contro ben 36 sconfitte.
A pagare, come spesso avviene in questi casi, è stato Alvin Gentry, licenziato il 3 marzo quando l’annata era oramai compromessa, e la spiegazione con cui il GM Baylor ha giustificato la cacciata del coach “bisognava dare una scossa all’ambiente” appare poco convincente, sia perché le cose non sono affatto migliorate, sia perché se si voleva dare una scossa alla squadra, bisognava farlo molte settimane prima, quando la stagione poteva essere salvata, non quando i destini erano già decisi.
Gentry ha le sue colpe naturalmente, le gare perse nonostante nell’ultimo quarto la squadra fosse in vantaggio superano abbondantemente la ventina, ma questo trend negativo è continuato con il suo sostituto, Dennis Johnson, segno che i problemi vanno ricercati da un’altra parte.
Brand, Olowokandi, Miller, Odom, Maggette, Piatkowski, Fowlkes, Parks e Rooks dal primo luglio saranno free agent, ecco il vero problema dei Clippers di questa stagione: tutti questi giocatori hanno giocato l’annata senza conoscere il proprio destino, con la paura di infortunarsi seriamente, con la necessità di mettersi in mostra per vedere le proprie quotazioni aumentare, con l’egoismo di chi sa che qualche punto e qualche rimbalzo in più significa qualche milione di dollari in più sul proprio conto in banca, con l’egoismo di chi, davanti ad un dolore fisico preferisce alzare bandiera bianca per non rischiare uno stop ben più grave.
Ecco spiegati i collassi del quarto periodo (al di là delle braccia conserte di Gentry), ecco perché il talento ti porta a giocartela sino ad un certo punto ma poi devi essere una squadra per portare la doppia W a casa: devi essere un gruppo, devi aiutare il tuo compagno, devi passare all’uomo libero piuttosto che pensare a tirare, devi fare quelle piccole cose che ti fanno vincere (un tagliafuori, un tuffo per recuperare una palla vagante, uno sfondamento preso) ma che nei tabellini non compaiono, devi essere un team, non solo un insieme di ottimi giocatori che giocano per conto loro.
Ha ragione Lamarvelous quando afferma che il contratto non può essere una scusa per giustificare la pessima stagione dei Clips “perché comunque sappiamo tutti che il prossimo anno non resteremo disoccupati e un buon contratto lo spunteremo, qui o da qualche altre parte” ma la precarietà e l’incertezza sul proprio futuro ti condizionano inevitabilmente, e alla fine chi te lo fa fare di sputare sangue e sudore sul parquet, o ascoltare cosa ha da rimproverarti il coach, se tanto sai che fra qualche mese saluti la compagnia e te ne vai?
Se nella tua mente si insinua il pensiero che i giorni in quest’ambiente stanno per finire, chi te lo fa fare ti abbassare le ginocchia in difesa? E quando vedi che qualche tuo compagno ha qualche dolorino e salta allenamenti e partite, come fai a non chiederti “ma chi me lo fa fare”? E quando questi pensieri fanno capolino nella testa di ben nove giocatori, è inevitabile il collasso, talento o non talento.
Perché si è arrivati sino a questo punto? Di chi sono le colpe?
Di Sterling e del suo braccetto corto?
O di Baylor che ha ammassato talento su talento senza la certezza di trattenerlo?
O dei giocatori che comunque hanno dimostrato, salvo alcuni casi, poca professionalità ?
Diciamo che la colpa è di tutti, facile sarebbe dare addosso a Sterling, ma in estate a Olowokandi fu offerto un contratto di 6 anni per 60 milioni di dollari (50 garantiti e 10 sotto forma di premi a rendimento, come accesso ai playoff e convocazione all’All Star Game) e la risposta del suo agente fu che se Bibby aveva ricevuto un contratto di 7 anni a 75 milioni, perché il nigeriano, che fu scelto prima nel Draft, doveva guadagnare di meno?
E quando a Elton Brand vennero offerti 60 milioni per 6 anni, fu il potentissimo agente David Falk a chiederne 75. La poca propensione ad aprire il portafoglio da parte di Sterling è nota, ma si può condannarlo perché non offre 85 milioni al signor Olowokandi?
Si può dire che sia un folle perché non esaudisce le richieste dei suoi giocatori? Dai Clippers negli ultimi 2-3 anni sono andati via Mo Taylor, Lorenzen Wright e Derek Anderson, tutti avevano chiesto un prolungamento a suon di milioni di dollari, ha forse fatto male Sterling a farli scappare?O bene han fatto i Rockets a dare 50 milioni di verdoni in 7 anni a Taylor? Anche i 50 milioni in 7 anni che Portland ha garantito ad Anderson sono stati un buon affare?
Sterling ha mille difetti, ma non strapagare i giocatori non può che essere un pregio, più volte ha detto che per lui non è un problema dare un bel contratto a chi lo merita, ma bisogna meritarlo, in fin dei conti per ora ha ragione lui, e come ha detto l’autorevole Peter Vecsey dalle colonne del New York Post, chi è scappato dai Clippers in questi anni non si può dire che abbia cambiato la storia del basket, di Jordan, di Shaq o di Kobe fuoriusciti dal mondo Clippers ancora non ci sono tracce…
Elgin Baylor ha operato molto bene nelle ultime stagioni, ma le sue mosse di mercato alla luce di quello che è successo, sembrano operazioni del tutto indipendenti dalla reale volontà della proprietà : se hai un Miles o la scelta numero 2 nel Draft del 2001, perché cederli per giocatori che vanno a rimpinguare le fila di chi sarà in scadenza da lì a qualche mese?
O lo fai perché sai che la società vuole questi giocatori ed è disposta a mettere sul tavolo milioni di dollari nel momento dei rinnovi, altrimenti che senso ha cedere giocatori che per i prossimi due anni non rappresentano un problema sotto l’aspetto contrattuale?
Forse Baylor pensava che i buoni risultati della squadra avrebbero convinto Sterling ha fare un sacrifico economico, solo così si possono spiegare le sue mosse sul mercato, ma va detto che anche in caso di arrivo ai playoff in questa stagione, trattenere almeno 3 tra Miller, Brand, Odom, Olo e Maggette, significava impegnarsi per quasi 200 milioni di totali, una cifra molto alta anche se ti chiami Lakers o Knicks, figuriamoci per i Clippers!
Probabilmente Baylor e Sterling pensavano che l’arrivo di Miller avrebbe proiettato la squadra ai playoff, e una volta capita la reale competitività della squadra, ci si poteva sedere al tavolo per decidere a chi dare l’estensione contrattuale: purtroppo le cose sono andate in maniera diametralmente opposta alle previsioni, l’incognita del proprio futuro è comparsa nelle menti dei giocatori, e la stagione è stata ancora una volta in linea con la storia dei Clippers.
Cosa succederà nei prossimi mesi nessuno può immaginarlo, il campionato mediocre è costato alla franchigia quel po’ di credibilità che si era faticosamente guadagnata negli ultimi due anni sia a livello tecnico, perché andare ai Clippers non significava più esilio NBA, sia a livello di marketing, perché nelle ultime due stagioni il marchio dei Velieri è stato il più trendy delle Lega, le canotte dei vari Odom, Miles e Brand risultavano tra le più vendute, le headband di Miles e Richardson hanno fatto proseliti in tutto il pianeta, e andare a vedere una partita della seconda squadra di L.A. non era più un gesto di autoflagellazione ma un appuntamento da non perdere assolutamente.
Ma è costato anche ai giocatori, perché oggi Olowokandi difficilmente può sperare di ottenere un contratto superiore a quello che gli offrirono i Clippers qualche mese fa, Andre Miller ha confermato che i dubbi sulla sua capacità di far migliorare una squadra sono più che legittimi, mentre Elton Brand non ha trovato la formula magica per crescere di qualche centimetro, e anche se lavori come un ossesso, sei un solido professionista e la tua doppia doppia la garantisci ogni sera, chi può offrire il massimo salariale ad una power forward di 2 metri?
Il solo Maggette ha visto aumentare il proprio valore di mercato, ha raggiunto il massimo in carriera in punti, in rimbalzi, in assist, in palle recuperate e soprattutto è salito al 35% nel tiro dalla lunga distanza: al momento di entrare nell’NBA, dell’ex Duke si diceva che se fosse riuscito ad unire ai mostruosi mezzi fisici che madre natura gli aveva generosamente donato, un tiro dalla lunga distanza più che affidabile, poteva aspirare a diventare una delle prime guardie della Lega, e la continua crescita evidenziata in questi primi 4 anni, lo piazzano al vertice tra i free agent dei Clippers in base al rapporto prezzo-qualità .
Discorso a parte merita Odom, le cui qualità sono indiscusse (basterebbe citare la volta in cui Sterling piombò negli spogliatoi promettendogli tutti i soldi che voleva dopo che Lamar aveva letteralmente vinto da solo una gara contro New York), ma i problemi di cannabis prima e gli infortuni dopo (83 gare saltate nelle ultime due annate), hanno bloccato l’avanzata del newyorkese tra le star della Lega, dopo i primi due grandi campionati.
Lamarvelous ha 23 anni, un talento unico, in questa stagione ha deciso due gare allo scadere e si è preso la responsabilità di dire a Sterling che non deve smantellare la squadra, ma vive una situazione un po’ kafkiana: trovare una squadra che rischierebbe sul ragazzo 50-60 milioni di dollari è impresa titanica, mentre i 34 milioni in 6 anni tramite l’eccezione al salario che tutte le squadre NBA gli offrirebbero, sono comunque inferiori al suo valore.
Lui ha già detto che restare a L.A. è la prima opzione, ma un pensierino per tornare a casa e giocare per i Knicks tramite l’eccezione lo sta facendo, molto probabile che se non spunterà un contratto ricco, potrebbe accontentarsi di accettare l’eccezione al cap con opzione per diventare free agent dopo 3 anni, mossa che gli consentirebbe di avere comunque un futuro sicuro in caso di nuove ricadute in campo e/o fuori, ma che soprattutto gli permetterebbe di ritornare sul mercato con una certa forza contrattuale, se sul campo le potenzialità si saranno trasformate in certezze.
Fare previsioni sull’estate che attende i Clippers è difficile, qualche certezza sembra esserci, come la partenza di Andre Miller che non si è mai inserito nel gruppo, così come sembra molto probabile dopo mesi e mesi di polemiche, l’addio di Olowokandi, che dopo l’intervento al ginocchio è stato irrintracciabile per settimane, salvo riapparire nelle ultime gare di regular season, dichiarando che “se andrò via dai Clippers è perché i Clippers mi hanno detto che non rientro più nei loro programmi”, un’affermazione che lascia intendere che la porta non è del tutto chiusa, ma sembra più che altro una dichiarazione di facciata.
Sicuramente (ma con i Clippers si può essere sicuri di qualche cosa?) l’errore fatto con Olowokandi non verrà ripetuto, ha detto Andy Roeser, vero braccio destro di Sterling: se qualcuno resterà non sarà solo per un anno grazie alla qualyfing offer (e successiva libertà di andarsene dove gli pare al termine della stagione), più probabile che si resterà alla finestra, pronti a pareggiare qualsiasi offerta ritenuta pareggiabile da Sterling.
Perché i Clippers qualche milione di dollari dovranno spenderlo per forza, a causa del soft cap, il tetto salariale minimo previsto dal contratto collettivo, che obbliga tutte le squadre ad avere un monte salari superiore ad una determinata cifra per non incorrere in sanzioni da parte di David Stern. Il payroll del team a luglio sarà di 14 milioni di dollari (prima scelta compresa), e siccome il sof cap dovrebbe aggirarsi oltre i 25-26 milioni di verdoni, ci saranno 11-12 milioni da spendere assolutamente!
E siccome lo stesso problema si presenterebbe la stagione successiva, è probabile che piuttosto che offrire quei soldi a una mezza dozzina di giocatori di livello medio basso per superare questo soft cap, ci sia l’intenzione di trattenere qualcuno dei prossimi free agent, Brand e Maggette in primis.
Tutto è possibile nel mondo Clippers potrebbero puntare sulla linea verde dei Dooling, Wilcox, Ely, Richardson e Jaric, potrebbero utilizzare i propri free agent in vari scambi che porterebbero giovani e scelte dal Draft, potrebbero fare sul serio ed assumere un coach di nome (Silas ha detto no, affermando che lui ha intenzione di vincere ora, mentre i Clips hanno altri progetti, non certo un bel segnale… ) con l’intenzione di trattenere almeno due, se non tre, tra Brand, Odom, Miller, Olowokandi e Maggette, non ci resta che attendere qualche settimana per conoscere il futuro della franchigia californiana, fare ipotesi è esercizio inutile nel mondo dei Clippers, si rischiano solo brutte figure.
L’unica certezza è che si è passati dalla lotta per i playoff all’ennesima lotta per vincere la lotteria, ma anche le palline hanno deciso di dedicarsi ad altri lidi, e così dai sogni di gloria dei playoff, dalla speranza di portarsi a casa LeBron James, si ritorna verso l’oscurità , anche se con 10 milioni in più sul proprio conto in banca (tanto gli ha fruttato la squadra questa stagione) l’ignoto a Mister Sterling tanta paura non dovrebbe fare…..