DAL-SAC dopo Gara 7

L'atletismo di Clark avrebbe potuto essere utile ai Kings, ma Adelman non l'ha quasi mai impiegato…

Ha tentato in tutti i modi di giustificare la sconfitta nella serie con Dallas, adducendo soprattutto l’assenza di Chris Webber, che è sicuramente il miglior giocatore della franchigia, ma che nei Kings, probabilmente, non ha un’importanza assoluta visto il roster a disposizione, si è congratulato con i propri giocatori e ha mandato giù il secondo boccone amaro dopo l’eliminazione dei Lakers nella scorsa postseason, ma quest’anno Rick Adelman può essere considerato davvero uno dei grandi colpevoli della disfatta della squadra favorita per il titolo nel pre-stagione.

Gara7 è stato l’emblema di come Adelman abbia perso la concezione fondamentale di come possa essere pericoloso l’attacco della propria squadra, andando sempre dietro a tutte le trovate di un genio malefico quale Don Nelson, che lo ha sovrastato tatticamente e psicologicamente in tutta la serie.

Incredibile, soprattutto, dopo la vittoria di gara6, in cui era apparso chiaro come i Kings potessero imbavagliare Dallas e riuscire a portare la partita su un campo in cui le loro armi tattiche potessero sopperire alla mancanza della loro stella. Il fatto di aver nettamente battuto i Mavs a rimbalzo, in quella gara, e averli dominati nel rimbalzo d’attacco, aveva permesso a Sacramento di avere seconde chance importantissime in una serie in cui il tiro è stato molto incostante, spesso deficitario e in più aveva ridotto sensibilmente i possessi offensivi di Dallas, tenendoli quindi ad un gioco meno “far west” in cui il loro corri e tira, molte volte, è devastante nelle giornate in cui le mani sono calde.

Nella gara decisiva, invece, dopo essere riuscito a recuperare uno svantaggio considerevole nel primo quarto ed essere andato in vantaggio verso la fine del primo tempo, Adelman ha perso totalmente il filo della partita, andando a sprecare l’inerzia accumulata con la rimonta e regalando piena fiducia all’attacco di Dallas, che aveva avuto un accenno di difficoltà .

I continui esperimenti fatti nei quintetti schierati da lì in poi hanno chiaramente evidenziato una coscienza tattica alquanto confusionaria che andava prevalentemente a cercare di battere i Mavs sul campo a loro preferito, cioè la corsa.

Aver tolto dalla partita un Divac, apparso sì in notevole difficoltà , ma pur sempre fattore fondamentale nel gioco offensivo dei Kings, che permette di avere una dimensionalità  interna che come dimostrato in gara6, è sofferta dai Mavs, e non aver praticamente mai utilizzato Keon Clark (colpo dell’estate acquistato proprio per dare profondità  al reparto lunghi) ha agevolato Nelson nei suoi piani, in quanto ha permesso a Nowitzky, schierato molto spesso da n.5 nei quintetti piccoli di Dallas, di evitare marcature scomode a centro area che probabilmente lo avrebbero limitato e lo avrebbero messo in difficoltà  nel controllo dei rimbalzi nella propria area, difficoltà  che sicuramente gli avrebbero tolto smalto nella metà  campo offensiva, dove il tedesco ha fatto il bello e il cattivo tempo.

Adelman ha utilizzato quintetti ancora più piccoli di quelli di Nelson, con addirittura Stojakovic come “lungo” atipico e 4 piccoletti, cosa che nel quarto periodo ha fatto scappare i Mavs per l’allungo decisivo che ha chiuso la gara. L’aver utilizzato quintetti piccoli, in copia a quelli di Nelson, ha lanciato la gara in un’autentica corrida, in cui l’unico dogma è “prima tiri prima segni”.

Quello che però Adelman non ha capito in questa serie è che Dallas in questo tipo di gioco, nelle giornate calde, è imbattibile, ed infatti i Kings hanno pagato dazio. Hanno continuato a cercare le conclusioni nei primi 5-10 secondi dell’azioni, forzando molto spesso dalla lunga distanza o buttandosi immediatamente in penetrazione, che anche se segnate, venivano ripagate da Dallas con un repentino contropiede da rimessa che trovava praticamente sempre la difesa Kings impreparata.

Le colpe di Adelman, anche nel non aver registrato la propria difesa nell’arco della serie, apparsa sempre in netta difficoltà  sulla marcatura di Van Exel e sulla circolazione repentina dei Mavs, in particolare sulle accelerazioni di Nash, sono notevoli e sicuramente verranno evidenziate in fase di analisi di questa Semifinale di Conference.

Il futuro dell’ex coach di Portland potrebbero essere messo in discussione dai fratelli Maloof, che hanno speso molto per formare questa macchina perfetta di gioco, invidiata da molti e pronosticata al vertice da quasi tutti in sede di preseason.

Adelman ha un grande difensore nel GM Geoff Petrie e alla fine probabilmente riuscirà  a restare sulla panchina dei Kings, ma con un bell’asterisco di fianco che ne sottolinei il gravoso impegno di far dimenticare queste due dolorose postseasons ai fans e ai proprietari.

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