Thomas ha avuto a disposizione un ottimo gruppo ma questo non è bastato a superare il primo turno…
Visto che di questi tempi CSI e' una delle serie televisive che va per la maggiore, proviamo a ricostruire la "scena del crimine". Anzi, prima di tutto spieghiamo che il crimine in questione e' il non aver condotto gli Indiana Pacers ad una postseason consona al valore della squadra. E siccome l'eliminazione e' avvenuta in 6 gare, le scene del crimine sono piu' di una.
Premettiamo subito che per un "delitto" di questo genere sono necessari complici di un certo livello, ed i Boston Celtics sono stati certamente all'altezza della situazione, soprattutto con Paul Pierce che per il secondo anno consecutivo conferma la sua fama di sicario primaverile.
Ma i Celtics non sono certo Sacramento, e se in 15 giorni abbiamo visto un pronostico chiaro clamorosamente smentito, ci deve essere un movente piu' pesante di un semplice avversario superiore. E quindi cominciamo dai giocatori, vittime e colpevoli allo stesso tempo.
Per talento e carattere, Indiana aspira prepotentemente a diventare cio' che Portland e' da anni nella costa est: un gruppo di giocatori con abilita' tecniche e fisiche nettamente sopra la media, ma con isterismi e sbalzi caratteriali che sfociano sinistramente in tendenze all'autodistruzione.
Come spieghereste infatti l'abominevole numero di tecnici, flagrant fouls e provvedimenti disciplinari che hanno visto come oggetto Ron Artest e soci (24 Flagrant, esattamente il doppio della seconda)? D'accordo la difesa dura, d'accordo i messaggi da inviare agli avversari, ma e' tutto da verificare se questo atteggiamento da bad boys ha rafforzato la credibilita' della squadra oppure ha nuociuto.
Gia'"..bad boys. Un paragone niente affatto casuale, visto che al timone di questa squadra siede da tre d'anni Isah Thomas, che degli Original Bad Boys di Detroit era la mente ed il braccio armato, cestisticamente parlando. Arrivato alla corte di Walsh con un palmares di gestore di uomini tutto da verificare (non sono certo stato io a fare il commissioner della CBA mentre questa faceva bancarotta") si ritrovava in una situazione tutt'altro che comoda. Doveva infatti gestire una squadra reduce da una grandissima postseason (2-4 in finale contro i Lakers del miglior Shaq ogni epoca) ma che aveva perso centro titolare (Rik Smits) e allenatore (il figlio prediletto dell'Indiana, all'anagrafe registrato come Larry Joe Bird, e scusate se mi asciugo qualche lacrima). Lo stesso Walsh, con una manovra alquanto sorprendente, aveva bocciato la soluzione interna che prevedeva la promozione del giovane Rick Carlisle, preferendo un nome decisamente piu' spendibile come carisma, il nostro Isah appunto. I tre anni successivi non sono certo stati prodighi di soddisfazioni per la franchigia, visto che la postseason si e' chiusa sempre al primo turno. E paradossalmente, mentre le prime due stagioni hanno seguito la stessa falsariga (ingresso faticoso come ottava testa di serie, grandi battaglie ed uscita dignitosissima contro la squadra che avrebbe rappresentato l'Est in finale), l'anno piu' deludente rischia di essere proprio quello con il record di regular season migliore, ovvero il 48-34 di quest'anno.
Toglietevi pure ogni residuo dubbio dalla testa: a me il coach Isah Thomas non piace proprio. Ma stavo per vedere il mio giudizio ribaltato dopo il fragoroso inizio di stagione di Indiana: pronti-via ed il 15 dicembre siamo 18-5, con la perla aggiuntiva di essere stati i primi a fermare i Dallas Maverics, scattati come un dragster ai blocchi di partenza ad Ovest. E la marcia e' proseguita sicura fin dopo la pausa dell'All Star Game, con un bilancio di 37-15 il giorno di San Valentino, con tanto di primato ad Est. Poi pero' arriva improvviso il buio: non certo giustificate interamente da un calendario proibitivo, arrivano 12 sconfitte in 13 gare, e la squadra talentuosa di inizio stagione lascia spazio all'accozzaglia di solisti che si trascina stancamente fino alla fine della regular season, chiusa con un timido recupero.
Motivi? Difficile trovarne: gli infortuni non sembrano aver inciso troppo, se e' vero che il titolare con minor presenze e'Artest (69), che pero' ha perso 7 gare per sospensioni, e che nessuno degli uomini da 30 e piu' minuti di media ha perso piu' di 12 gare (R.Miller). E allora? E allora la sensazione e' che abbiamo di fronte un gruppo di primo livello, probabilmente il migliore della sua Conference, dove pero' la divisione dei ruoli non e' ancora ben definita, e dove chi deve prendere le decisioni non ha chiarito bene e subito i compiti dei singoli.
Emblematica ed eclatante e' stata la prestazione di gara 1, rivelatasi devastante per l'esito della serie. Pacers sempre davanti, con vantaggi anche in doppia cifra (+10 a 6 minuti dalla fine), ma incapaci di avere risposte convincenti quando Boston ha cominciato ad andare sistematicamente da Pierce, e titubante nelle scelte d'attacco, con gli ultimi tiri presi da gente che non avrebbe certo titoli per gestire i palloni piu' importanti della gara. Reggie Miller, tanto per fare nomi, e' uno dei piu' consumati killer dell'ultimo quarto, con "esecuzioni" epiche anche in anni recenti (prego rivolgersi ai Nets dello scorso anno, che hanno letteralmente riempito la biancheria intima di materiale organico dopo la bomba da casa sua che ha forzato gara 5 al supplementare). Ma la gestione degli ultimi secondi di gara e' stata tremenda: Reggie e' stato utilizzato solo per le azioni d'attacco (ma ha tirato una sola volta dal campo nel quarto finale), restando poi confinato in panca per gran parte degli ultimi istanti di gara, causa l'esaurimento dei timeout e la conseguente incapacita' di fermare il gioco per fare sostituzioni; un errore costosissimo, rimarcato in seguito anche dai tifosi Pacers, che hanno preso a fischiare Thomas nelle gare successive. A quel punto buona parte delle sicurezze di Indiana se ne sono andate, e Boston ha continuato a cavalcare Pierce (ma non solo) fino a chiudere agevolmente la serie.
Ed ora apriamo lo scottante capitolo "contratti", perche' l'estate che attende il GM Walsh non e' propriamente riposante: in scadenza ci sono i contratti di 3 giocatori molto importanti: i due Miller e Germaine O'Neal. Reggie e' reduce dalla sua peggior stagione, ha in programma di operarsi entrambe le caviglie e l'anagrafe denuncia 37 anni. Walsh ha ripetutamente detto che terra' conto di quanto "Hollywood" ha dato alla squadra, ma e' un fatto che i 12 Milioni e passa dell'ultimo anno di contratto dovranno essere rivisti verso il basso. Questo in funzione dei due rinnovi tecnicamente piu' importanti, visto che stiamo parlando di due lunghi convocati all'All Star Game di Atlanta, quindi una coppia in grado di spostare gli equilibri di Conference. Se Brad Miller ha mantenuto un profilo molto basso nelle recenti interviste ("adesso mi riposo, vado a pescare, poi ci rifletto") il "piccolo" O'Neal ha rilasciato gia' una serie di dichiarazioni di dubbia interpretazione: nell'immediato post-partita di gara 6 ha espresso un inquietante "ho fatto molta fatica a togliermi la divisa di gioco, anche perche' non ero sicuro che l'avrei piu' indossata in seguito", salvo poi ribadire che "la mia priorita' e' ovviamente quella di firmare con i Pacers". A questo aggiungiamo che "per la firma di questo contratto pensero' anche alla famiglia" (quindi ai soldi), il tutto impreziosito da un "se giochero' ancora per i Pacers, voglio che il mio coach resti Isah Thomas". Premettendo che tutte queste dichiarazioni potranno essere facilmente smentite dalla realta' dei fatti, la dichiarazione finale spegne un po' il fuoco da sotto le scarpe dell'ex Piston, soprattutto alla luce della stima che questi gode anche presso Ron Artest, che lo considera molto responsabile della propria positiva evoluzione. E' evidente che con queste premesse Walsh dovra' fare molta attenzione, dato che fallire sul fronte O'Neal potrebbe creare un effetto domino che si rifletterebbe negativamente sul futuro di tutto il roster.
Questi sono i fatti: siccome pero' posso offrirvi il mio parere senza supplemento economico, vi posso tranquillamente dire cosa farei se fossi il GM: recuperare il cellulare di Jeff Van Gundy, attualmente in vacanza attiva presso la TNT, convincerlo che a questa squadra manca solo un grande stratega per diventare una contender stabile, poi trasferirmi in ufficio e spiegare ai tre free agent che hanno la migliore occasione ad Est di fare qualche finale di fila. Convincere Reggie a fare la chioccia per meno soldi, dare il massimo ad O'Neal (scontato) ed un bel contratto a Brad, magari non troppo lungo se questi bussa a troppi soldi. A questo punto ci ritroviamo con un santone della difesa, motivatore come pochi, in grado di reggere qualsiasi pressione (per uno che ha allenato i Knicks, la stampa Indiana sembrera' il Corriere dei Piccoli) e newyorkese di adozione come Artest lo e' di nascita. Se le cose prenderanno questa piega, non potrete certo dire di essere rimasti spiazzati.