Il Pop ha centrato il Red Auerbach Trophy al settimo tentativo
Il trofeo di "Allenatore dell'anno" annoverava numerosi meritevoli candidati e di conseguenza sceglierne uno è stato tanto ingiusto quanto difficile.
Il coach degi Jazz Jerry Sloan avrebbe potuto ricevere un premio alla carriera, stante il fatto che non lo ha mai vinto, tuttavia nessuno in sede di pronostico dava i Jazz ai playoff e con un bilancio così positivo. Se la squadra è riuscita a fare meglio di quanto preventivato, il suo allenatore deve aver fatto un ottimo lavoro e se lo ha fatto con il duo "Stockton-To-Malone", ottant'anni in due, ed un gruppo di giocatori che nessuno nella lega bramava, l'impresa è ancora superiore anche se questo lo ha portato a ragranellare solo 143 voti che non sono stati sufficienti.
Il suo valore lo sta dimostrando da 15 anni a questa parte, ha vinto almeno 50 partite per 10 stagioni, ha superato le 60 vittorie in tre campionati, ha raggiunto la post-season ogni anno. In questa stagione è riuscito a portare Matt Harpring tra i candidati al premio di "Most Improved Player", ha fatto un ottimo lavoro con Calbert Cheaney e Mark Jackson che sembravano semplicemente rinati, senza dimenticare Andrei Kirilenko che sta letteralmente esplodendo e figurava tra i favoriti come "Sesto uomo dell'anno".
Eric Musselman con Golden State barzelletta della lega è riuscito a portare idee e sistemi innovativi, arrivando così a 231 voti, secondo nella classifica come miglior coach. "Muss" è riuscito a far uscire il talento dal suo gruppo, la squadra di Oakland non ce l'aspettavamo vicina al 50% di vittorie ed è convinzione diffusa che Eric meritasse il premio perchè 20 vittorie in più non sono ignorabili, considerando che i Warriors erano una squadra maledettamente abituata a perdere prima ancora di scendere in campo.
Eric ha valorizzato i propri giocatori, cercando di far convivere dei doppioni, non senza qualche sacrificio, come il rookie Mike Dunleavy che ha trovato spazio solo nel finale di stagione, oppure il rimbalzista Danny Fortson, giocatore che non reputa utile per l'economia della squadra. Ha lavorato bene sui lunghi, sui sophomores Gilbert Arenas e Troy Murphy, ora due certezze assolute, facendo ritornare Antawn Jamison ai livelli di due anni fa.
Menzione d'onore ovviamente per Rick Carlisle che arriva quarto con 117 preferenze, il quale col solito gruppo di sottovalutati guidati da un Chauncey Billups, letteralmente esploso nel sitema di gioco dei Pistons, da un Rip Hamilton lasciato andare da MJ fin troppo con leggerezza e dal "Difensore dell'anno" per la seconda volta consecutiva, Ben Wallace. L'ex-Celtics ha vinto la Conference e bissato il successo di Division, nondimeno ha raggiunto per la seconda stagione consecutiva la soglia delle 50 vittorie.
Sembrerebbe strana la prossima citazione ma Jeff Bzdelik, coach dei Nuggets, la peggior squadra NBA, ha fatto fin troppo con i giocatori che aveva a disposizione, quello che è riuscito realizzare nella propria metà campo è straordinario, tuttavia nelle cartelle per le votazioni il suo nome non c'era neppure. Bzdelik pur mostrandoci una manovra offensiva rivedibile se è poco, ha messo in campo una difesa di altissimo livello.
Arriviamo infine a chi si è aggiudicato con ben 281 voti il premio dei giurati, al coach dei San Antonio Spurs, Gregg Popovich. Il canuto allenatore ha un estrazione di tipo militare, si è laureato nel 1970 all'Air Force Academy e per anni è stato riservista per la CIA in attesa di una possibile chiamata per operare come "basista" nella ex-Jugoslavia.
Il percorso professionale di Popovich ha una brusca traslazione quando, stanco di aspettare, decise di cambiare genere e di dedicarsi a tempo pieno al basket e la sua grande occasione arrivò nel Luglio del 1988 quando Larry Brown passò dalla panchina dei Kansas Jayhawks, neo campioni NCAA, a quella dei San Antonio Spurs. Brown gli diede fiducia e lo assunse come suo assistente, tuttavia la giovane franchigia ha numerosi problemi ma l'entusiasmo non manca e Gregg contribuisce ai buoni risultati sportivi culminati con la conquista del secondo turno ai playoff del 1990, primo anno di David Robinson tra i pro.
Stanco di sentirsi chiamare "l'ombra" di Brown nel 1992 raggiunse Don Nelson ai Golden State Warriors come assistente GM e assistente allenatore, in cuor suo sperando di succedergli prima possibile. La delusione per la gestione Nelson è tanta, i Warriors con lo scambio Billy Owens per Rony Seikaly spezzano l'armonia di squadra, nondimeno i consigli di Popovich rimangono spesso inascoltati, così dopo solo 2 stagioni, il 31 Maggio 1994, decide di tornare a San Antonio, ambiente che dopo gli iniziali entusiasmi è piombato in un ansioso stato di apprensione per i deludenti risultati sportivi.
Nonostante un buon nucleo formato da Avery Johnson, Sean Elliott, Dennis Rodman e "The Admiral" che in quegli anni è un centro da 27 punti e 13 rimbalzi ad incontro, gli Spurs non decollano e accolgono Pop volentieri dandogli un incarico di assoluta responsabilità . Gli viene affidato l'onere di nuovo gemeral manager, successivamente nel dicembre '96, nell'anno orribile segnato da infortuni e problemi di ogni tipo, Popovich decide di esonerare Bob Hill e di subentrare lui stesso come head coach.
La cosa fa trasalire la lega e i suoi osservatori, tutti credono che il capro espiatorio Hill meritasse maggior rispetto e reputano ingiusto il suo taglio dopo una stagione così sfortunata. Popovich convinto del fatto suo va per la propria strada ed al Draft seguente ha la fortuna di scegliere Tim Duncan, il quale col passare del tempo avrebbe gradito, al pari di Robinson, il lavoro del coach, anteponendo alla propria conferma che rimanesse anche Gregg.
Popovich porta gli Spurs alla conquista del titolo nella stagione del lockout nel Giugno '99 ed ha attualmente un bilancio di vittorie in regular season del 64.6%, record che lo colloca dopo quasi 7 stagioni al timone, al primo posto per percentuale di vittorie tra tutti gli allenatori della squadra texana.
Il giorno dell'ufficializzazione del "Red Auerbach Trofy", il Pop si è detto soddisfatto ma ha palesato l'atteggiamento pacato di sempre dichiarando che "Speri sempre di continuare a migliorare come coach, negli ultimi quindici anni ho imparato molto, ho avuto maestri come Larry Brown e Don Nelson ma quello che ho imparato servirebbe a ben poco senza uno staff e un gruppo di giocatori come quello di cui dispongo oggi. Sono incredibilmente fortunato e vi assicuro che è un eufemismo".
Pop trasferisce gran parte delle sue fortune a chi gli sta accando, dagli assistenti allenatori, PJ Carlesimo, Mike Brown, Mike Budenholzer al general manager R.C. Buford che gli ha fornito una squadra all'altezza, a cominciare dallo steal al Draft con Tony Parker. Anche la guardia/ala Stephen Jackson ha avuto una stagione stellare, stante il declino di Steve Smith e i problemi che attanagliavano la caviglia di Manu Ginobili, è riuscito a ritagliarsi uno spazio in quintetto. Steph non lesina belle parole per il suo coach “So che molte volte le mie emozioni mi tradiscono e penso che Pop sia l'unico in grado di controllarle. Credo che io debba essere al suo fianco perché Pop mi fa diventare un giocatore migliore'' .
Non si può non far partecipe della "festa" Tim Duncan che rende possibile tutto questo dall'alto del suo rendimento costante come miglior giocatore della Lega intera per la seconda stagione consecutiva. Gregg non si nasconde dietro un dito e commenta così “Qualche anno fa abbiamo vinto la lotteria e potevamo scegliere al Draft per primi, alzi la mano chi crede che se non avessimo preso Duncan Popovich si troverebbe qui ora?''
Gregg fa bene a spartire le fortune degli Spurs anche se il suo l'ha sempre fornito e il premio appena ricevuto vale sia come premio alla carriera sia per la grande stagione appena conclusa da 60 vittorie, con un bilancio nell'ultimo mese che recita 18 successi e 2 sole sconfitte. Dopo aver perso gara 4 al primo turno dei playoff contro i Phoenix Suns il Pop ha detto che avrebbe volentieri barattato quella partita con il titolo come miglior coach ma crediamo che quel premio sarà motivo di orgoglio per tutto il resto della sua ancora lunga carriera.