DAL-POR Gara 7

“Wunderbar” Dirk Nowitzki, MVP della serie.


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MAVERICKS 107, TRAIL BLAZERS 95
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Non si può dire che siano mancate le emozioni, in questa splendida serie fra Mavericks e Blazers, e Gara 7 ne è stata il degno epilogo. Alla fine l'hanno spuntata i texani, per la gioia dei 20.000 indemoniati dell'American Airlines Center, ma non si può non concedere l'onore delle armi agli indomiti Trail Blazers, che sono arrivati a 3 minuti di distanza dal centrare un'impresa storica, il passaggio del turno dopo essere andati sotto 0-3 nella serie.

Per vincere questa gara i Mavs avevano bisogno di tre cose: reggere a rimbalzo, ricevere un sostanzioso contributo offensivo da almeno due dei “big three”, ma soprattutto ritrovare grinta, cattiveria agonistica, fiducia nei propri mezzi.
I primi due obiettivi li hanno centrati, per il terzo ci ha pensato coach Nelson: prima ha scritto a grandi lettere sulla lavagna dello spogliatoio le parole di Patterson, secondo cui i Mavs erano “terrorizzati”; poi ha lasciato il discorso pre-partita a “the little general”, Avery Johnson, nei confronti del quale madre natura è stata avara coi centimetri, ma generosissima quanto a leadership e saggezza: l'ex Spur, per cui la carriera da allenatore è ormai alle porte, ha infiammato l'animo dei suoi compagni, sottolineando il fatto che vincere una Gara 7 è tutta questione di volontà , di intensità , di voglia di vincere.

Sistemato il lato psicologico della partita, Nelson si è preoccupato di quello tattico: l'allenatore dei texani si è ricordato di essere colui che ha sostanzialmente inventato lo “small ball”, e dopo 6 gare ha lanciato in quintetto Eduardo Najera al posto di Bradley. Una soluzione coraggiosa, visto che il messicano si è trovato a marcare nientemeno che il Principe del Baltico, quell'Arvydas Sabonis cui rende una quindicina di centimetri. Questa coraggiosa intuizione tattica, a lungo andare, ha pagato preziosi dividendi: Bradley e LaFrentz non sono mai stati contemporaneamente in campo, i texani hanno giocato costantemente una sorta di zona 1-3-1, che ha permesso di reggere alla grande a rimbalzo (42 pari a fine gara), di limitare i danni provocati dalle penetrazioni degli esterni e soprattutto di ritrovare pericolosità  in contropiede (29-7 il computo dei punti in transizione, mentre nelle ultime tre gare questa voce statistica era sempre stata a vantaggio di Portland).

La gara è avvincente ed equilibratissima fin dalle prime battute: i Blazers fanno subito la voce grossa sottocanestro, costringendo Bradley e LaFrentz a 5 falli in due alla fine del primo quarto, e segnando tutti i primi 8 canestri con layups o schiacciate; ma i Mavs riescono a contenere bene gli esterni avversari e soprattutto a non andare sotto a rimbalzo, grazie principalmente a Nowitzki, che per tutto il primo tempo prende pochissime iniziative offensive, concentrandosi esclusivamente sull'andare convinto a rimbalzo difensivo. Nel secondo quarto piazzano un bel parziale iniziale di 21-7, ma i Blazers rispondono subito con 14-5: è una gara punto a punto, e resterà  tale.
All'intervallo i top scorers sono Van Exel, Sabonis (12 e 8) e Stoudamire, Nowitzki ha già  8 rimbalzi ma pochi punti, in compenso Wallace e Wells (primo e secondo marcatore dei Blazers in postseason) sono ancora a secco con 0/6 in due.

Il terzo periodo è una tappa di trasferimento, impreziosita dagli 11 punti di Nowitzki, in attesa del quarto, quello decisivo, quello in cui salgono in cattedra i campioni: Van Exel segna o fornisce un assist nei primi 8 possessi dei suoi, Nash mette 9 punti e qualche canestro cruciale, e a fine gara i due piccoli e Nowitzki avranno messo a segno il 72% dei punti della squadra (78/107); dall'altra parte Wallace si sveglia dal letargo e ne mette 12, mentre entra in gara anche Scottie Pippen (solo 5 punti ma tanto fosforo).
Il gioco probabilmente decisivo per l'inerzia della partita, e della serie, arriva sul 90 pari: possesso Mavs, lo schema prevede un pick and roll fra Nowitzki e Van Exel, ma il tedescone non si fa trovare al posto giusto; è la classica situazione di “broken play”, lo schema è andato a farsi benedire e i 24 secondi stanno scadendo: “Nick da Quick” non ci pensa su due volte, spara da 8 metri e mezzo buoni e segna segna il +3. Un canestro alla Van Exel, commentato da par suo: “Beh ma lui è tedesco, quando gli viene comodo fa in modo di non capire quello che gli diciamo!”.
Da questo momento in poi la gara è nelle mani dei padroni di casa: i Blazers riescono a portarsi sul 93-93 con Pippen, ma a questo punto ci pensa Nowitzki nelle vesti di “closer”: 7 punti in fila per andare sul 100-93 (e fra questi la sua prima tripla a segno dopo ben 172 minuti di astinenza, che durava da Gara 4), i Blazers non segneranno più dal campo e i Mavs chiuderanno la gara con un parziale di 14-2.

I Mavericks passano così il turno grazie a quello che era mancato nelle ultime gare: le geniali intuizioni di Nelson (dopo il 3-0 sembrava essersi un po' seduto sugli allori, venendo “overcoached” da Cheeks), la voglia di lottare sotto i tabelloni (grazie soprattutto all'applicazione e all'intensità  di Nowitzki, Najera e Finley, 26 rimbalzi in tre), una ritrovata vena al tiro (76% dal campo nel quarto periodo, mentre i Blazers hanno segnato solo 2 dei loro 12 tentativi da due punti nel quarto), un Nash magari non spettacolare ma molto concreto (21 punti, 7 assists e 6 rimbalzi).

Cosa si può dire di questa serie?
Innanzitutto che ha vinto la squadra più forte: i Mavericks hanno dimostrato che il loro gioco può essere vincente anche ai playoffs, anche contro un avversario ostico, che sembrava fatto apposta per mettere in luce le magagne di una squadra che può dare spettacolo a suo piacimento ma rischia sempre di raccogliere molto meno di quanto seminato. I ragazzi di Nelson hanno dimostrato voglia di sacrificio, cuore, capacità  di adattarsi a situazioni tattiche inattese, e hanno meritato di andare avanti.
Ora arrivano i Sacramento Kings, la squadra più talentuosa e profonda di tutta la lega; i texani hanno dalla loro l'inerzia emotiva di una serie dalle mille emozioni, e anche un po' di scaramanzia: nelle ultime 4 stagioni la squadra che ha eliminato i Blazers ha poi vinto il titolo…

Per quanto riguarda gli sconfitti, i Blazers escono da questa serie a testa altissima: hanno avuto tanti infortuni (Anderson subito fuori, Pippen praticamente ha giocato una gara e mezza, Sabonis ha saltato una partita e per la gara decisiva è venuto a mancare anche Dale Davis), sullo 0-3 nessuno avrebbe puntato un centesimo su di loro, e si preparavano già  gli strali contro una squadra nevrotica, lunatica, schizofrenica, e chi più ne ha più ne metta. I rossoneri hanno invece dimostrato di avere cuore, di saper giocare di squadra quando conta per davvero; Cheeks, per parte sua, si è tolto una bella scimmia dalla spalla vincendo le sue prime tre gare di post-season, e probabilmente si è guadagnato la riconferma. Dopo le prime tre partite era praticamente da considerarsi già  disoccupato, invece con un paio di felici intuizioni ha ribaltato lo scenario tattico ed emotivo della serie, arrivando ad un soffio dall'entrare nella storia.
Se il futuro dei Mavs è chiaro, e si chiama semifinale di conference, quello di Portland è quantomai incerto: Paul Allen ha già  fatto capire che l'obiettivo primcipale di quest'estate sarà  fare un po' di pulizia, sfoltendo il roster e cercando soprattutto di liberarsi di quei giocatori che creano problemi fuori dal campo (lo so che state pensando “e allora chi rimane?”, ma cercate di essere clementi).
Il primo a partire sarà  Patterson, a Daniels probabilmente non verrà  rinnovato il contratto, potrebbero seguirli a ruota McInnis e Derek Anderson.
La squadra del futuro partirà  da Randolph e Wells, mentre le splendide prestazioni contro i Mavericks di Stoudamire potrebbero garantirgli la riconferma, ma anche fare arrivare nell'Oregon invitanti offerte da altre franchigie.
Le situazioni più delicate sono però quelle di Rasheed Wallace e Scottie Pippen.
Il primo è stato ancora una volta totalmente imperscrutabile: dominante per due quarti è mezzo di Gara1, è uscito per un problema alla caviglia ed è stato inesistente nelle tre gare successive; in Gara 5 ha messo il canestro decisivo, in Gara 7 dopo un primo tempo in cui non lo si è visto per nulla ha giocato uno splendido quarto periodo… difficile dire che sarà  di lui, la possibilità  che la pazienza di Allen e Whitsitt nei suoi confronti sia esaurita è molto concreta.
Da Pip è un problema anche più pressante: la sua presenza cambia totalmente il volto della squadra, il suo contratto è in scadenza, i Blazers farebbero carte false pur di averlo in squadra la prossima stagione; lui però sente di avere ormai pochissime cartuccie da sparare, ed è fortemente tentato dalla pazza idea di chiudere la carriera al calduccio in california, ritrovando i suoi vecchi generali Jackson e Winters, per vedere se si può fare qualcosa di buono giocando assieme a Shaq e Kobe.

Chi sono stati i giocatori decisivi?

Damon Stoudamire è stato un protagonista del tutto inatteso: per lui 15 punti e 4 assist venendo dalla panchina, ma le cifre non ci dicono di quanto abbia fatto soffrire Steve Nash, che salvo ognuno è uno dei primi tre playmakers della lega; non male, per uno che ha fatto il dodicesimo uomo per gran parte della stagione.
L' ingresso in quintetto di Zach Randolph in Gara 4 ha cambiato la serie: nelle tre partite successive 20 e 10 di media, e un contributo in doppia doppia anche in gara 7 nonostante una serataccia al tiro.
Nick Van Exel è stato il secondo miglior marcatore dei suoi, sempre decisivo nel bene e nel male, e ormai può considerarsi il terzo dei “Big Three”, viste le perduranti difficoltà  di Finley.
Da menzionare anche Najera, il cui contributo è stato come sempre oscuro ma decisivo, e Scottie Pippen, la cui sola presenza fa immediatamente migliorare il gioco dei Blazers, anche se non tocca il pallone: vederlo dare continuamente indicazioni ai compagni, chiamarne i movimenti, pilotarli come se stesse giocando alla playstation, è uno spettacolo nello spettacolo.

Il titolo di MVP della serie non può che andare a Dirk Nowitzki: il tedescone ha dimostrato di essere di un altro pianeta rispetto a tutti gli altri contendenti della serie; le nude cifre dicono 29.8 punti e 8.9 rimbalzi, ma se non teniamo conto dell'infausta gara 6 andiamo a 34.3 e 10.3, numeri davvero impressionanti. Ha vinto praticamente da solo Gara 1 e Gara 3, e ha segnato indelebilmente tutte le vittorie dei suoi mettendo a segno parziali letali in un amen, preferibilmente a cavallo fra il terzo e quarto periodo. Serve altro?

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