Dopo la vittoria, i Celtics preparano la sfida contro i Nets. Parola d'ordine: fermare Jason Kidd
Gran bel primo turno per Boston che supera anche troppo agevolmente Indiana.
Alla vigilia della serie le previsioni erano nettamente a favore dei Pacers: è la squadra con più talento ad est con ottimi giocatori in tutte le posizioni, un record più alto in stagione regolare, il vantaggio del campo e soprattutto la consideravano la candidata ideale per sfidare le corrazzate dell'ovest senza sfigurare.
Di contro i Celtics non hanno giocato bene nelle ultime partite di stagione regolare e sostanzialmente sono una squadra più debole dell'anno scorso. Per questo molti hanno ipotizzato che vincesse Indiana, ciononostante i Celtics hanno dominato la serie, molto di più di quanto dica il risultato finale: 4 a 2.
In effetti la serie si poteva concludere anche 4 a 1 ed obiettivamente sarebbe stato un risultato più veritiero, ma Boston ha mancato della volontà necessaria per chiudere la serie ad Indianapolis in gara 5.
Per come si sono poi messe le cose, è stata una fortuna non concludere la serie alla quinta partita, perché altrimenti non ci saremo goduti lo spettacolo offerto in gara 6, probabilmente la gara con il più alto grado di dominazione degli ultimi due anni di play-off. Durante la visione della partita a tratti c'era l'impressione di un dominio di Boston imbarazzante su tutti e due i lati del campo.
E dire che alla vigilia nessuno ipotizzava una vittoria sicura dei Celtics, ma evidentemente i Pacers devono ancora crescere, se mai ci riusciranno, per poter competere ad alti livelli. Forse però il problema non sono i giocatori, ma l'allenatore, quel Isiah Thomas che fa di tutto per rendersi antipatico.
Nei play-off il clima è così diverso rispetto alla stagione regolare, dove le partite non assumono un'importanza fondamentale, il gioco si fa più fisico, la mano inizia a tremare perché negli spogliatoi tutti si fanno più seri, la tensione aumenta in modo incredibile e le certezze acquisite durante le 82 partite precedenti, di colpo perdono di valore.
Qualcuno azzarda pure che i play-off siano un campionato a sé, in realtà cambia solo l'importanza delle partite, e quando iniziano si comincia a vedere i giocatori veri, che non hanno paura, ai quali non trema la mano durante il tiro decisivo, non tremano le gambe per difendere sull'attaccante pericoloso, piuttosto si esaltano quando altri giocatori tendono a nascondersi.
Per questo non ci si deve meravigliare se un giocatore vero come Paul Pierce inzia a risolvere una partita dietro l'altra. Artest era il candidato ideale per marcarlo, difensore solido, duro quanto basta, ha il fisico, l'atletismo e la tecnica per fermare Double-P. Adesso si dovrebbe dire "aveva", poiché ha fallito completamente nel suo compito.
In fin dei conti però non bisogna addebitargli tutte le colpe, poiché quando Thomas tentava di far marcare Pierce da altri giocatori, in particolare Harrington e Reggie Miller, i risultati per Indiana sono stati disastrosi, quindi tornava subito alla marcatura originaria. Era comunque chiaro che il problema è stato irrisolvibile per Indiana.
In più Pierce ha delle caratteristiche che lo rendono uno dei giocatori più pericolosi ed efficaci dell'intera NBA: ha giocato molto bene negli scorsi play-off; nel quarto periodo è uno dei più efficaci giocatori NBA; il suo gioco sul perimetro ed in penetrazione non teme confronti con nessuno; il suo controllo del corpo è eccellente; è uno dei migliori nel tiro dalla media distanza.
Sommare il talento delle due squadre e candidare alla vittoria della serie chi ne ha di più, è un errore madornale, lo dimostrano le prestazioni in particolare di Eric Williams, Tony Delk e Walter McCarty, elogiati nientemeno che da Donnie Walsh, padrone degli Indiana Pacers, affermando che sono veterani "migliori di quello che la gente pensi". Eppure alla vigilia non venivano neppure considerati.
McCarty in particolare è stato inserito come titolare da coach O'Brien per il suo atletismo e la possibilità di ricoprire ben 4 ruoli (non riesce a giocare solo da play).
Il giocatore ha contribuito alla vittoria dei Celtics con delle azioni così ben fatte che qualcuno ha ipotizzato di candidarlo come migliore giocatore della serie. Anche se la provocazione ha vita breve perché nessuno può realmente togliere questo riconoscimento a Pierce, è sintomatico anche solo il fatto che venga citato come migliore un giocatore firmato la scorsa estate col minimo salariale dopo che la possibilità che non firmasse per i Celtics era molto concreta.
Come già successo l'anno scorso, anche in questi play-off Antoine Walker ha sacrificato la sua indole di all-around, che spesso lo porta a fare di tutto, spesso con risultati non auspicati. Nella serie contro Indiana ha giocato di più sotto canestro quando l'avversario era troppo leggero (Bender) o troppo piccolo (Artest) o con non sufficiente tecnica per marcarlo (Croshere). Solo con O'Neal ha sofferto un po', ma il giocatore è veramente forte ed è stato un problema per i Celtics. Per fortuna era da solo, quindi non è riuscito a contrastare la vittoria di Boston.
Se l'attacco è stato ottimo, anche la difesa ha fatto la sua parte. "Un buon attacco viene da una buona difesa" è uno dei detti più corretti del basket, ed i Celtics anche in questa serie ne sono stati degli ottimi interpreti.
"C'è stato un senso d'urgenza" ha detto Eric Williams "sapevamo che se non incrementavamo il nostro livello di difesa avremmo fatto fatica a passare il turno". Missione compiuta anche sotto questo punto di vista: avanti il prossimo.
Adesso arrivano i New Jersey Nets di Jason Kidd, bestia nera dei biancoverdi. La chiave sarà bloccare il loro contropiede altrimenti si rischia una seconda eliminazione dopo quella subita l'anno scorso in finale di Conference.