Michael Redd e' uno dei principali candidati al titolo di Sixt Man of the Year
Il finale di stagione regolare come ogni anno nella NBA, oltre a dare spunti sull’ordine delle squadre qualificate ai playoff e sulla battaglia per gli ultimi posti disponibili, è teatro di interminabili dibattiti sugli awards stagionali.
Quest’anno come non mai il premio di MVP è stato oggetto di discussioni infinite al limite della sopportazione, in cui come nella politica, vari sono stati i partiti creati e varie sono state le correnti di pensiero formate su chi meriterebbe l’ambito premio.
Per quanto riguardo il premio di sesto uomo dell’anno, fortunatamente, la diatriba è ben più contenuta, anche se, come per l’MVP, molti sono i pretendenti che ambiscono a questo premio particolare, ma che tra i giocatori ha una valenza molto sentita.
Nella passata stagione il migliore è stato Corliss Williamson, nella miriade di premi dati ai Detroit Pistons, e proprio dal bad guy dei Pistons partiamo per analizzare i favoriti a vincere il titolo di quest’anno. Williamson dopo le meraviglie del 2002, in questa stagione, ha un po’ tirato la carretta e molto probabilmente vedrà il suo titolo andare a qualcun altro.
Le statistiche dell’ex Arkansas parlano di 25 minuti di impiego, 4 in più rispetto all’anno scorso, ma nessuna partenza in quintetto e soprattutto un calo nel fatturato offensivo, che lo ha fatto passare dai 13.6 punti dell’anno scorso ai 12 di quest’anno.
Williamson, inoltre, ha viaggiato in stagione con la peggior media dal campo della sua carriera NBA, un 45% che risulta essere deficitario anche rispetto alle stagioni buie degli esrodi con i Kings e dell’annata tragica con Toronto.
L’ala dei Pistons quest’anno, con l’arrivo di due marcatori del calibro di Billups e Hamilton e con l’esplosione di Okur nella seconda parte della stagione ha avuto meno responsabilità in attacco del 2002, dovendo oltretutto giocare molti minuti in ala piccola, lontano dal post occupato da Rebraca nella prima parte di stagione, da Wallace e dal turco, sporcando così le sue medie abituali, anche perché molto più temuto dagli allenatori avversari e quindi marcato stretto.
Probabilmente nei playoff, in particolar modo, con l’infortunio di Big Ben, avrà più spazio in attacco, ma la sua ricandidatura al premio appare più dovuta in quanto attuale detentore che per meriti veri e propri nella stagione, rispetto agli avversari diretti per l’award.
Uno che invece pare pronto davvero a ricevere il premio di sesto uomo dell’anno è Michael Redd, autore di una stagione davvero sugli scudi, che ha portato i Bucks a scambiare niente meno che Ray Allen, per dare più spazio al ragazzo dell’Ohio e costruire su di lui la squadra del futuro.
Redd in questa stagione, soprattutto nella prima parte un po’ confusa a livello di andamento di squadra, è partito in quintetto, dimostrando subito i progressi già evidenziati dalla stagione scorsa, diventando in poco tempo uno dei migliori realizzatori del team e un tiratore a tratti letale per qualsiasi difesa.
Dei contendenti al titolo di sesto uomo dell’anno è quello avente la media punti più alta (15.1), distribuita in 28 minuti di media di utilizzo, dato che si evince da una seconda parte di stagione in cui l’ex Ohio State, con l’arrivo di Payton e Desmond Mason è passato da essere la possibile guardia titolare a ritornare sesto uomo a tutti gli effetti nell’attacco dei Bucks, molto ben avviato dopo una partenza ad handicap.
Il suo tiro da 3 è tra le armi più pericolose dell’intera NBA, ed infatti la percentuale del 44% è la seconda assoluta in tutta la lega, a dir poco sensazionale se si pensa alla quantità di tiri dalla distanza presi da Redd. L’aver guidato per molte partite l’attacco di Milwaukee e la considerazione costruita all’interno della NBA come mortifero tiratore, capace anche di essere incisivo a rimbalzo, lo pone al vertice della lista nei candidati al premio di panchinaro dell’anno.
Il suo più acerrimo rivale nella corsa al titolo, potrebbe essere Bobby Jackson dei Sacramento Kings, anche se a dire la verità , il folletto ex Minnesota ha passato la sua stagione tra parquet ed infermeria che sul pino dei Kings, pronto a dare la scossa al suo team con l’enorme energia che sa sprigionare.
Infatti, l’infortunio di inizio stagione di Bibby lo ha catapultato nel ruolo di play titolare e secondo violino (complice anche l’assenza di Stojakovic) di Sacramento, tanto che nei primi 2 mesi Jackson ha viaggiato a 20 punti di media in quasi 34 minuti di utilizzo, e in parecchie gare di inizio stagione è stato il vero go to guy dei Kings falcidiati dagli infortuni.
Poi la sfortuna si è abbattuta anche su di lui e proprio sul più bello si è rotto un polso, dovendo rimanere fuori dai campi per quasi due mesi. Nel frattempo, a Sacramento, Bibby è ritornato al timone e l’arrivo di Jim Jackson ha aumentato la profondità della panchina dei Kings, per cui al suo ritorno BJ ha trovato in una situazione ben diversa da come l’aveva lasciata, ed infatti il suo progressivo rientro nella rotazione della squadra è stato molto più lento, riportando la sua dimensione a quella di panchinaro di lusso con un minutaggio diminuito fino ai 22 minuti di media degli ultimi mesi con 10 punti e una media al tiro decisamente in ribasso.
L’infortunio infatti ha praticamente raffreddato le medie di Jackson sia da un punto di vista psicologico sia da quello puramente tecnico, in quanto il polso infortunato è quello della mano tiratrice, e dopo il rientro la sua mano ha fatto fatica a ritrovare la meccanica giusta che lo aveva portato a sfiorare il 52% dal campo nella prima parte di stagione.
Avendo saltato parecchie gare ed avendo complessivamente giocato solo la metà delle gare uscendo dal bench, non ha tutti i crismi necessari per candidarsi a sesto uomo dell’anno, però la crescita esponenziale dell’ex Gophers in questi due anni potrebbe aprirgli più di una porta.
Andrei Kirilenko, invece, di porte aperte ora e in futuro ne ha tante, e forse è quello che più di tutti meriterebbe, per un fattore tecnico purista del gioco, il titolo senza neanche discutere.
La sua stagione partita subito alla grande (con un 30ello tra l’altro ai Lakers), nonostante un inizio non esaltante dei Jazz, è calata leggermente a livello di numeri negli ultimi due mesi, senza però intaccare le eccellenti cifre del ragazzo, appena al secondo anno, che ha migliorato tutte le statistiche individuali rispetto all’anno scorso.
Il russo ha chiuso la stagione a 12 punti di media, ad un battito di ciglia dal 50% dal campo, con 5 rimbalzi abbondanti ad incontro e 2.2 stoppate, che lo pongono tra i primi 10 della categoria, e se rapportate il tutto sui 48 minuti fanno quasi 4 a gara! Un intimidatore d’area capace dalla posizione di ala piccola di poter giostrare su tutto il fronte dell’attacco, ma anche di avere la capacità di marcare almeno 3 ruoli in zona difensiva.
La sua pulizia tecnica in attacco è quasi disarmante, e la sua presenza a rimbalzo d’attacco ha risolto parecchie gare per coach Sloan, in più il ragazzo in difesa, sulle linee di passaggio, e sui tiri avversari è un autentico muro, arma tattica devastante nelle mani dei Jazz soprattutto per la sua già citata versatilità su ambi i lati del campo.
Personalmente il premio lo daremmo al russo senza pensarci due volte, ma forse paga la giovane età e il fatto di essere un europeo, ma il suo futuro è già scritto a caratteri dorati.
Due piccoletti che si giocano qualche chance in questa corsa sono Nick Van Exel e Earl Boykins, veri sesti uomini tattici, a cui gli allenatori fanno affidamento in molte situazioni di gioco, decisivi per Dallas e Golden State in molte gare, con la capacità di saper subito andare a canestro con facilità (Van Exel in particolar modo) e l’intelligenza cestistica contrapposta ad un fisico da normo tipo (Boykins).
Non a caso Musselmann a Golden State in molti quarti periodi si affida al nano da Eastern Michigan per vincere le partite, piuttosto che al tanto decantato Arenas, mentre Van Exel ha la condizionata stima di Nelson che lascia all’ex Lakers fare letteralmente ciò che vuole in attacco, nonostante la presenza di gente come Nash, Nowitzky e Finley.
Le loro speranze di vittoria sono però meno pubblicizzate di quelli sopraccitati, per cui ci sentiamo di dar loro poche probabilità , anche se la loro stagione, soprattutto quella di Boykins, è stata a dir poco fantastica.
A conti fatti quindi la battaglia dovrebbe essere ristretta tra Redd e Bobby Jackson, con una possibile intrusione di Kirilenko, vero vincitore morale fin da subito del premio.