Ciao Michael, ci mancherai!
Eccoci qua a commentare l'ennesimo addio del più grande di tutti i tempi. Nel 93, la prima volta, lasciò tutti basiti, con una decisione presa all'improvviso. Fu come un fulmine a ciel sereno per cui nessuno si era preparato.
Nel 98, dopo il secondo three peat, la notizia era nell'aria ma, anche se non si poteva chiedere scenario migliore per dire addio di 'The Shot', un canestro che rimarrà per sempre scolpito nella mente di tutti, sembrava un po' ingiusto che lasciasse uno sport che ancora dominava.
Adesso invece niente lacrime, niente rimpianti, la decisone è presa da tempo, tutti lo sapevano. E per questo motivo, quest'anno ogni arena gli ha tributato un doveroso omaggio. Palazzetti esauriti ovunque, standing ovation in palcoscenici che in passato aveva calcato dando tanti dispiaceri a quei tifosi, come Cleveland, Miami, New York (la sua vittima preferita), Utah, Phoenix.
Tutti volevano esserci per tributare l'ultimo saluto al 're'. E oltre ai classici filmati che ripercorrevano la sua ineguagliabile carriera, c'è stato di più. Denver gli ha donato una Harley Davidson, mentre Miami ha addirittura ritirato la maglia n.23, che mai più nessuno vestirà per gli Heat.
"E' il più grande di sempre e quello che ha fatto è stato positivo non solo per le squadre in cui ha militato, ma per tutto il movimento. Per questo abbiamo sentito il dovere di ritirare la sua maglia" ha detto Pat Riley, sorprendendo oltremodo Jordan, che così tante volte lo aveva castigato.
"Non lo dimenticherò mai" dirà poi a fine gara Air.
Anche l'ultima casalinga non è stata un'eccezione. Jordan ha ricevuto una bandiera dal segretario alla difesa Donald Rumsfeld, mentre il proprietario Abe Pollin, ha donato, a suo nome, 50 computer ai 18 licei della città . E quando è andato a sedersi a 2 minuti dalla fine, il pubblico gli ha tributato una standing ovation durata fino al termine del match. L'unica nota negativa? Le parole di Collins a fine gara, dure nei confronti dei suoi compagni "che non hanno mostrato nessun rispetto verso di lui durante tutta la stagione".
Stanotte è toccato a Philadelphia, la città dell'amore fraterno, ospitare l'ultima gara della sua carriera e ovviamente lo scenario è stato identico alle previsioni: grande ovazione alla presentazione, esultanza ad ogni suo canestro e 2 sorprese: una, abbastanza scontata, l'abbraccio con Dr.J e Moses Malone; l'altra, meno prevedibile, all'annuncio dei quintetti, con Ray Clay, vecchio speaker dei Chicago Bulls, che ha urlato per l'ultima volta il suo famoso 'And now, from North Carloina… at guard 6-6… number 23" MICHAEL… JORDAAAN'.
Inoltre, dagli spalti del First Union Center è partito un fragorosissimo 'WE WANT MIKE, WE WANT MIKE' quando nell'ultimo quarto, con la gara già virtualmente chiusa, Michael se n'era rimasto seduto in panchina, non volendo partecipare al garbage time, pur essendo il suo ultimo battito d'ali (un vincente è sempre un vincente).
Finalmente però, dopo 8 minuti di attesa, eccolo di nuovo in campo un paio di minuti, il tempo necessario per realizzare 2 liberi e ricevere la meritata, infinita ovazione: l'ultima!
Allen Iverson: "E' stato un grande onore per noi aver ospitato la sua ultima gara, e una grandissima emozione, come quelle che lui ci ha dato in questi anni".
La sua uscita di scena dunque non è stata trionfale come le precedenti, con il traguardo dei PO sfumato. Chi avrebbe potuto accettare una cosa simile? Dopo una carriera piena di soddisfazioni? Pochi, molto pochi. Certo, non sto dicendo che lui avesse già previsto 2 stagioni di 'sole' 82 gare, ma sicuramente sapeva che il rischio c'era.
E le mosse fatte in estate dimostrano come avesse 'leggermente' cambiato il tiro, rispetto agli obiettivi che si era prefissato 2 anni fa (far crescere il gruppo, estremamente giovane, caratterialmente, portando direttamente il suo esempio sul campo).
L'arrivo di Stackhouse in cambio di Hamilton non può essere che visto come un mezzo per cercare di assicurarsi la postseason, sacrificando un po' di futuribilità del team. Certo, come avrebbe potuto immaginare che Stack avrebbe prodotto una stagione nettamente al di sotto delle previsioni? Anche il resto dei giocatori che lo ha 'deluso' e che sono stati oggetto delle sue sfuriate dopo alcune gare decisamente inguardabili (parlo di Huges, Kwame Brown, Haywood) sono stati voluti da lui. Ma come si fa a stabilire a priori il carattere di un giocatore?
A Chicago Jordan ha sempre tenuto sotto controllo lo spogliatoio, costringendo i compagni a dare il 110% in campo e in allenamento, umiliandoli con canestri a raffica se questo non accadeva. Ma in quel caso i compagni non hanno certo gettato la spugna, anzi (Kerr addirittura si conquistò il rispetto di Michael facendoci a pugni durante un allenamento). Qui invece è accaduto l'esatto contrario, con gente che alla prima sfuriata, tendeva a nascondersi.
Comunque dire che il suo ritorno è stato negativo solo per questo è quanto mai riduttivo. Innanzitutto analizziamo la situazione di Washington. Fino a 2 anni fa in quanti si interessavano ai Wizards? O meglio, quanti sapevano della loro esistenza? Si, esistenza, perché dopo 20 anni di stagioni fallimentari (colpa anche di scambi al limite della follia, come Webber-Richmond, Wallace-Austin ecc…) la squadra della capitale era 'sparita' dalla mappa delle squadre NBA.
Impossibile trovare qualche gadget, maglia, o quant'altro in un negozio al di fuori di Washington. Mai nessuno che ne parlava, in tv, alle radio, nemmeno in città . Quanti di voi sanno che questa squadra ha vinto un titolo nel 78 ed ha partecipato alle finali del 71 e 75? O meglio, quanti di voi lo sapevano fino a 2 anni fa? Facile immaginare la risposta"
Adesso l'MCI Center è l'arena con la più alta affluenza media (poco sopra i 20.000 paganti per sera, 5000 in più dell'era pre-jordan), frutto di 82 sell out consecutivi, i gadget della franchigia si trovano ovunque (ovviamente predilezione per ogni cosa su cui sia impresso il 23, ma non solo") e ogni giorno non c'è un giornale, tv, radio che non dia qualche notizia su di loro.
Inoltre finalmente nella capitale si sono ricominciate a vedere gare di pallacanestro, invece dei soliti 'massacri' sportivi. Mai e poi mai i tifosi dei Wizards avrebbero immaginato di poter battere squadre come Lakers, Kings o Blazers, men che meno di assistere ad una striscia di 9W consecutive (realizzata nella passata stagione) e di lottare per un posto al sole. Il fatto che i PO non siano stati raggiunti brucia, ma non più di tanto. Non a chi era abituato a vedere le 25W come obiettivo stagionale.
"Prima di tutto - dice Stern - ha fatto capire alla gente di Washington che l'MCI Center può tremare. C'è una grande arena in questa città e non ci sono ragioni per cui non dovrebbe essere piena di entusiasmo come il Madison Square Garden, il First Union Center o lo United Center".
Anche i giocatori, nonostante non lo abbiano dimostrato sul campo tutte le sere, hanno giocoforza imparato qualcosa vivendo a contatto del più grande per 2 anni. Vedere un 40enne che si getta in campo senza paura, che lotta su ogni palla, che si allena più duro di tutti, non può non aver avuto alcun effetto su di loro. Impossibile.
L'anno prossimo saranno soli in campo e vedremo quanto di positivo avranno tratto da questa esperienza. Jordan infatti tornerà a vestire i panni del dirigente, anche se non è sicuro al 100% che il suo posto sarà nella capitale. Michael ha dichiarato che parlerà con Abe Pollin prima possibile, per decidere il suo futuro.
Washington è sempre stata la sua prima opzione, e Jordan vorrebbe tornare ad avere l'ultima parola sulle operazioni di mercato, come faceva prima di tornare ad indossare le scarpette, e riacquistare le sue quote da Lincoln Holdings, che al momento detiene il 44% del team.
Ma se questo non si dovesse verificare (ipotesi remota, ma non impossibile) per Jordan ci sarebbe anche un'offerta per andare a gestire la nuova franchigia che si formerà a Charlotte, tornando così vicino alla sua terra natale. E probabilmente, questa decisione influenzerà anche quelle di Collins (che potrebbe seguirlo a Charlotte), Kwame Brown e Stackhouse (che può decidere se uscire dal proprio contratto o rimanere). Oltre a quelle di altri giocatori ormai free-agent, come Lue.
Se Jordan dovesse rimanere, comunque, ci potrebbero essere anche delle decisioni drastiche sul futuro della squadra, visto che nessuno meglio di lui conosce i giocatori e sa su quale cavallo si può continuare a puntare e su quale è inutile riporre le speranze. Sembra anche un po' un controsenso il fatto che giocatori descritti da lui come 'perdenti e senza cuore' possano adesso venire gestiti da lui. Collins, che preventivava un sacco di cambiamenti, comunque è stato abbastanza chiaro: "Avremo un sacco di lavoro da fare in estate".
Discorsi sul futuro a parte, una cosa possiamo certamente dire: trovare un campione che si rimetta in discussione, senza paura di sporcare cifre, la sua immagine di vincente assoluto (quest'anno ha giocato per la prima volta nella sua carriera 2 gare senza uno scopo) non è facile, diciamo pure impossibile. Jordan invece l'aveva già fatto col baseball, e adesso lo ha rifatto con Washington. Anche per questo Michael è, e rimarrà , il numero uno tra i numeri uno. Ciao Air!