La grinta di Gary Payton, esperienza e cattiveria per i Bucks prima di andare in caccia dell'anello.
I Milwaukee Bucks sono una delle squadre più controverse, problematiche, di difficile lettura dell'intera NBA, ma anche una di quelle che offre più spunti di discussione.
Poco meno di due anni fa solo le magie di Allen Iverson impedirono ai ragazzi di Karl di raggiungere la Finale NBA, e i Bucks erano da tutti indicati come i futuri dominatori dell'Est: una squadra giovane, estremamente talentuosa, con un gioco piacevole, che si rafforzava ancor di più con l'acquisto di Anthony Mason, che apportava potenza, visione di gioco e pericolosità in post basso; certo, permaneva il problema della mancanza di un centro di peso, ma questo era un mal comune a quasi tutte le squadre del Levante.
La realtà si rivelò ben diversa, col senno di poi si potrebbe dire che quello scambio fu l'inizio della fine. La stagione successiva i Bucks restarono saldamente nelle posizioni di vertice della conference, salvo poi crollare clamorosamente nella seconda metà di stagione, tanto da non riuscire nemmeno a qualificarsi per i playoffs.
L'estate fu travagliata e turbolenta, lo spogliatoio era ormai spaccato, Karl ne aveva perso il controllo: per riportare l'ordine fu scambiato “Big Dog” Robinson per Kukoc. Uno scambio strano, fortemente criticato da stampa e tifosi, con il quale si cedeva un ex all-star con pregi e difetti ben definiti ma non certo in declino, in cambio di un giocatore quasi sempre infortunato, agli sgoccioli della sua carriera; uno scambio che inoltre portava un miglioramento solo leggero nella situazione salariale, e che fu dettato da motivi prevalentemente extra-tecnici: i dirigenti non guardarono più di tanto alla contropartita, si accontentarono di allontanare la “mela marcia” Robinson, il cui rapporto con Karl era ormai irrimediabilmente compromesso.
La stagione attuale si è lungamente trascinata nella mediocrità , la squadra ha vissuto di continui alti e bassi, senza mai allontanarsi troppo dall'ottavo posto, l'ultimo che consente l'accesso al Paradiso dei playoffs, ma senza nemmeno dare la sensazione di essere nettamente più forti delle altre contendenti.
A metà stagione è arrivata però una svolta inattesa e sorprendente, uno scambio ancora più criticato del precedente: “Ray of light” Allen, un giocatore di classe purissima, intelligente e assolutamente non problematico in campo e fuori, magari criticabile dal punto di vista della cattiveria agonistica ma tecnicamente e tatticamente inappuntabile, va a Seattle; in cambio arrivano dai Sonics Desmond Mason, giovane promettente, superatleta con amplissimi margini di miglioramento, e Gary Payton, giocatore che non ha bisogno di presentazioni ma all'ultimo anno di un sontuoso contratto, al termine del quale quasi sicuramente non verrà riconfermato e si accaserà in qualche squadra che gli permetta di dare l'ultimo assalto al fatidico anello.
Anche questa volta dal punto di vista tecnico lo scambio non sembra certo favorire i Bucks, e le sue motivazioni sono extra-tecniche: il proprietario della squadra, Herb Kohl, ha intenzione di cederla al miglior acquirente quanto prima, e quindi ha avallato la mossa per abbassare il sontuoso payroll che sforava i 60 milioni di dollari; alla scadenza del contratto di GP il totale dei salari si attesterà sotto ai 50 milioni, una cifra che non permette alcuno spazio di manovra in un'ottica di potenziamento della squadra, ma che quantomeno rende più allettante l'acquisto ad un potenziale compratore.
Dopo un periodo così travagliato e movimentato è oportuno fare un quadro della situazione, per analizzare le prospettive a breve e lungo termine della squadra. Dal punto di vista tecnico la situazione sembra ormai ben definita, gli aspetti positivi e negativi sono ben noti: i Bucks sono una squadra con grandissime potenzialità offensive: sono quinti per punti segnati, sesti per percentuale dal campo e terzi nel tiro da tre punti, e solo i Mavericks perdono meno palloni.
Analizzando le prestazioni dei singoli non si può prescindere dal backcourt titolare Cassell-Payton, una coppia unica nel proprio genere: due veterani, in possesso di un bagaglio di trucchi e trucchetti praticamente infinito, in grado di segnare in qualunque modo possibile ed immaginabile e di far segnare chiunque; due soggetti molto particolari caratterialmente, amanti del trash talk e con la potenzialmente distruttiva tendenza a dire sempre, inequivocabilmente quello che gli passa per la testa; una coppia esplosiva in tutti i sensi, che però ha trovato un affiatamento immediato e che può ben definirsi il punto di forza della squadra.
Analizzando le note positive della stagione dei Bucks non si può poi tralasciare Michael Redd, uno dei più seri candidati al titolo di sesto uomo dell'anno, un vero cecchino in grado di entrare in qualunque momento della gara e segnare punti a raffica in pochi minuti. Ha da poco superato la soglia necessaria per entrare nella classifica all-time dei tiratori, ed al momento si assesta al secondo posto assoluto nella storia della lega per percentuale nel tiro da tre punti, un sontuoso 44.2% che è secondo solo al 45.4% di Steve Kerr.
Infine merita più che qualche accenno la stagione di Toni Kukoc: come detto è arrivato ai Bucks fra lo scetticismo generale, ma la sua stagione non può che definirsi positiva, se non addirittura eccellente.
L'ex pupillo di Krause ha messo in mostra una inattesa tenuta fisica, solo 3 volte in dodici anni di carriera NBA ha giocato più gare di regular season rispetto alla stagione in corso, ma soprattutto ha apportato alla causa un contributo ben più determinante di quello che ci si attendeva; le sue cifre stagionali sono 11 punti, 4 rimbalzi, 4 assist e 42% dal campo in 29 minuti, ma non rendono giustizia all'importanza fondamentale di TK nel gioco dei Bucks.
Con il croato in campo la squadra gioca in modo molto più fluido ed efficente e la circolazione di palla diventa quasi entusiasmante; quando gioca almeno 30 minuti Milwaukee è 16-6, e quando elargisce più di 5 assist il record è 12-0.
La ciliegina sulla torta della sua stagione è stata la W contro i Rockets del 2 Aprile, gara in cui ne ha messi in 18 in 31 minuti con 6/11 dal campo e 5 assist, ma soprattutto ha giocato per tutto il quarto periodo da centro (!) marcando nientemeno che Yao Ming (!!), che dopo aver massacrato gli pesudo-centri dei Bucks per tutta la gara è stato sorpreso dalla mossa di Karl restando addirittura a secco nel quarto periodo (!!!).
Detto delle note positive della stagione, non si può che andare a vedere anche quelle negative: la squadra ha una delle peggiori difese della lega: i marcatori avversari vanno a nozze, tanto per fare un esempio a Marzo nell'arco di pochi giorni hanno subito 50 punti da Allan Houston, 48 da McGrady, 41 da Marbury, 40 da Jamison e anche 34 da Malik Rose.
Se la situazione difensiva è grave, quella a rimbalzo è addirittura drammatica: i Bucks sono ultimissimi per percentuale di rimbalzi catturata e penutimi per differenziale a rimbalzo, solo i Celtics fanno peggio.
Questi due fattori hanno uno stesso denominatore comune, ovvero la cronica mancanza di un centro efficace: nel ruolo si alternano Ervin “not magic” Johnson, Gadzuric e Pryzbilla, le cui cifre sommate assieme dicono 49 minuti, 7.5 punti, 12 rimbalzi e 3 stoppate a partita… ogni commento è superfluo, tanto per fare un paragone Troy Murphy di Golden State ha all'incirca lo stesso rendimento giocando solo 24 minuti.
Altre situazioni problematiche ormai croniche rispondono ai nomi di Anthony Mason e Tim Thomas: il primo, come detto, ha vissuto in queste ultime stagioni una situazione paradossale: è arrivato con la meritata fama di giocatore determinante, un giocatore fisicamente impressionante, un vero armadio dalla forza fisica erculea cui affianca morbidezza di tocco, visione di gioco e agilità degne di un buon playmaker; invece da quando è arrivato lui i Bucks sembrano non azzeccarne più una, il rapporto con coach e compagni non è mai andato al di là di una fredda cortesia, e nonostante un minutaggio comunque buono (sopra i 30' a partita) le sue cifre non sono mai state così basse negli ultimi 10 anni (7 punti e 6 rimbalzi).
Il suo innesto ha fatto saltare il banco perchè in una squadra con tanti potenziali terminali offensivi le sue richieste di rifornimenti in post basso sono eccessive e dannose, anche considerando il fatto che i Bucks fanno della circolazione di palla la propria forza, e quando l'azione ristagna in post basso tutto il meccanismo va fuori giri. Negli ultimi tempi ha subito anche l'onta di alcuni DNP-CD, e una ingenerosa statistica ci ricorda che nelle ultime 16 gare in cui è sceso in campo i Bucks hanno un record di 4-12…
Il discorso si fa ancora più complesso parlando di Tim Thomas: negli ultimi anni si era affermato come sesto uomo di altissimo livello, partendo dalla panchina ma ritrovandosi sempre in campo nei quarti periodi di gioco e risultando spesso decisivo; un ruolo determinante in una franchigia NBA, ma considerato quasi da tutti troppo riduttivo rispetto al suo talento e al suo imponente salario, da vera superstar NBA.
Per questo motivo il GM Ernie Grunfeld ebbe poche esitazioni al momento di allontanare Robinson, convinto che il rendimento di Thomas sarebbe aumentato proporzionalmente all'aumentare del suo minutaggio. Le cose non sono andate così, il talentuosissimo prodotto di Villanova ha appena ritoccato le sue statistiche (da 27 a 29 minuti, da 11 a 13 punti, da 4.1 a 4.9 rimbalzi) cadendo presto in disgrazia presso coach Karl, che mal ne sopporta l'atteggiamento indolente, svogliato, passivo.
Ne è conseguita una stagione ricca di alti e bassi, durante la quale Karl ha più volte provato a cambiargli posizione per stimolarlo, spostandolo da ala piccola ad ala grande, e in alcune gare addirittura da centro. Non è servito a molto, e alla fin fine il coach ha scelto di tornare al passato e utilizzarlo stabilmente da sesto uomo, il suo ruolo originario e forse l'unico che gli permette di rendersi utile alla squadra; da allora il suo rendimento è aumentato sensibilmente (17+8), ma sono aumentati anche gli attriti: in una recente gara contro Denver il ragazzo si è rifutato di rientrare in campo dopo che Karl lo aveva relegato in panchina per punizione dopo un periodo giocato in modo sciagurato.
Alla fine della fiera che valutazione dare della stagione dei Bucks e delle loro prospettive future? Sicuramente più che di ricostruzione si può parlare di decostruzione: in un anno la squadra ha perso due pilastri fondamentali, benchè spesso criticati e non sempre senza ragione, che non verranno adeguatamente sostituiti, perchè Kukoc è agli sgoccioli della sua carriera e Payton andrà via.
Giudizio quindi sostanzialmente negativo sul futuro di Milwaukee, che l'anno prossimo si troverà ad avere un roster tecnicamente molto più povero di quello di due stagioni orsono, e una situazione salariale meno gravosa ma sicuramente non rosea: i contrattoni di Thomas, Caffey e Mason ingolfano il payroll e non si vede come Grunfeld possa scaricarli senza rimetterci dal punto di vista tecnico: insomma, la squadra dovrà ripartire dal nucleo di giovani Mason-Redd-Thomas-Haislip, sperando che il primo continui a migliorare e il terzo si svegli dall'apatia; una certezza (Redd) e tre scommesse, cui si affiancheranno i veterani rimasti, ormai sul viale del tramonto (Kukoc, Cassell ed anthony Mason l'anno prossimo avranno rispettivamente 35, 36 e 38 anni); un po' poco per una squadra che grondava letteralmente talento.
Inoltre c'è da considerare la questione-allenatore: Karl, che passerà alla storia come il primo ad aver subito l'onta della sconfitta guidando i professionisti del Team USA, ormai sembra aver fatto il suo tempo. La sua preparazione ed esperienza non sono in discussione, ma ha dimostrato di non saper gestire dei talenti dal carattere forte quanto il suo, con i quali è sempre finito prima o poi in rotta di collisione.
E' l'allenatore più pagato della lega, grazie al fatto che tre anni fa sembrava il più serio candidato alla panchina dei Tar Heels di North Carolina, ma Kohl per trattenerlo gli fece la classica offerta che non si può rifutare.
La suddetta panchina, dopo il falimentare triennio Daugherty, è di nuovo libera: Karl, nonostante le dichiarazioni di facciata, farebbe carte false pur di prenderne il posto, e Kohl questa volta sarebbe ben contento di lasciarlo andare, ma al momento sembrano altri i favoriti all'ambitissimo trono, in primis Roy Williams e Larry Brown: se dovesse spuntarla Karl sarebbe la soluzione migliore per lui ma soprattutto per i Bucks, una rinfrescata all'ambiente sembra necessaria.
Come si è visto il futuro a medio-lungo termine di Milwaukee è pieno di ombre, ma paradossalmente il futuro prossimo potrebbe riservare soddisfazioni inaspettate: grazie ad un finale di stagione buono pur senza fare sfracelli, ma anche grazie ad un vero harakiri dei Wizards, hanno conquistato l'ottavo posto per i playoffs; una situazione che di per sè non giustificherebbe salti di gioia, visto che dal 1984 solo 2 squadre su 38 sono riuscite a superare il turno partendo da quella posizione: una di queste fu Denver, che fece il miracolo ai danni dei Sonics allenati proprio da Karl, l'altra i Knicks che eliminarono Miami, ma si trattava della famosa stagione con l'asterisco e quindi le risultanze della stagione regolare erano piuttosto aleatorie.
Un altro elemento che sembrava lasciare poco spazio all'ottimismo era il fatto che al primo turno i Bucks verosimilmente affronterano Detroit e lo spauracchio Ben Wallace a centro area, ma la fortuna potrebbe aver dato una grossa mano ai Bucks: Big Ben si è infortunato e salterà la disfida, i Pistons senza di lui valgono la metà , e quindi Milwaukee potrebbe addirittura trovarsi ad essere la mina vagante del tabellone ad Est.