Quant’è duro essere GM

A proposito di GM, Jerry Krause, l'uomo che vedete alle spalle di un giovanissimo MJ, si è appena dimesso, ufficialmente per motivi di salute… Un grande personaggio che se ne va…

La premessa. Il caso più eclatante nella NBA di oggi: il Ben Wallace che, da Detroit, domina la classifica dei rimbalzi e delle stoppate. Un giocatore non considerato da Boston, scambiato da Washington, rispedito al mittente da Reggio Calabria. John Gabriel, manager di Orlando, di sicuro rimpiange il momento in cui lo mandò nel Michigan per Grant Hill.

Joe Dumars fa parte della ristretta cerchia di GM che, contro il parere di tutti, hanno azzeccato lo scambio che modifica le sorti della squadra. Per la verità  l'ex guardia ha fatto di più: ha gabbato gran parte dei suoi colleghi, prendendo Cliff Robinsonn, ripudiato a Phoenix, Chauncey Billups, il più classico journey man, Corliss Williamson, oramai inutilizzato a Sacramento. Con questi uomini Dumars ha costruito i più sorprendenti dominatori della Central Division da molto tempo a questa parte.

Molti GM hanno costruito le fortune della loro squadre con colpi sottovalutati, mal valutati, quando non aspramente criticati. Lo stesso principe degli executive, Jerry West, oggi chiamato al titanico compito di rendere vincente Memphis, determinò il destino vincente dei Los Angeles Lakers, chiamando alla sua corte Shaq O'Neal, ma anche scambiando alla pari Divac per ottenere Kobe Bryant. In quel momento non tutti erano pronti a pronosticare per il giocatore da Lower Marion la carriera che sta facendo.

Consideriamo i Nelson, intesi come Don padre e Donnie figlio: letteralmente sbertucciati per aver dato lo spot di point guard titolare al terzo play dei Suns, tale Steve Nash. Criticati per aver preso Michael Finley, sacrificando Jason Kidd. Un giorno i due presero dalla A2 tedesca l'ala Dirk Nowitzky. Milwakee quello stesso giorno s'era svegliata con l'insopprimibile voglia di prendere Robert Traylor.

Ci fu lo scambio: apriti cielo. I due Nelson furono considerati due pazzi, troppo legati alla pittoresca frase: "Per la legge dei grandi numeri il prossimo Jordan nascerà  al di fuori degli States". A qualche anno di distanza quelle scelte appaiono sotto una diversa luce: il pick'n'roll Nash-Nowitzky è un'arma "abbastanza importante" per la squadra con il miglior record della Lega.
Nel 1999 Ernie Grunfeld, allora GM dei Knicks, pensò di dare più energia e vivacità  alla sua squadra: prese Latrell Spreewell, reduce da alcune "vicissitudini" con il suo ex allenatore Carlesimo, prese Kurt Thomas da Dallas e cedette Charles Oakley a Toronto per avere Marcus Camby.

Fiumi di inchiostro, Oakley che si dichiara tradito, inizio di campionato (quello dimezzato per la serrata) disastroso. Camby finisce fuori dalla rotazione della squadra e soprannominato dalla stampa "Question Marcus" . Il trio Houston-Spree-Ewing non riesce a coesistere. Tutto così fino ai playoffs, raggiunti con l'ottavo record.

Grunfeld, silurato, per Scot Layden, vedrà  la sua creatura raggiungere la finale. Forse per vendetta scelse il francese Frederick Weiss nell'anno in cui usciva il newyorkese Artest. Altro esempio: lo scambio Webber-Richmond, con il riottoso Chriss che riscatta dalla loro atavica depressione i Kings.
Il Compito del GM.

Una legge non scritta NBA assegna all'allenatore il compito di preoccuparsi del momento corrente della squadra, al GM quello di mettere tutto in prospettiva. Estremizzando il concetto: l'allenatore pensa a vincere i titoli come il Phil Jackson di Chicago. Il GM pensa a ricostruire la squadra sfruttando il valore dei suoi campioni come il Jerry Krause di Chicago. Memorabili le loro diatribe.

Se accettiamo questo assunto, il lavoro di un dirigente dev'essere giudicato nel medio-lungo periodo. Esempio: nel 2000 Donnie Walsh, plenipotenziario ai Pacers, scambiò Antonio Davis, con il rookie Johnathan Bender. Bender non diede nessun contributo alla squadra che in quella stagione fu battuta in finale dai Lakers. Davis sarebbe stato un uomo in più nel "comitato d'accoglienza" per O'Neal. A distanza di qualche anno Bender è un giocatore giovane, in una squadra emergente.

In altre parole: sacrificio nel presente, senza la controprova che con Davis sarebbe arrivato il titolo, per un futuro migliore.

Altro scenario: il recente scambio Allen-Payton. Classico esempio di come sia difficile valutare nell'immediato. Sulla carta vengono scambiati due Dream-teamer. Allen è più giovane.

Le variabili per valutare lo scambio sono diverse. Nel breve Milwakee può sfruttare la leadership del guanto per la corsa playoffs (non sicura la qualificazione) in una conference in cui un nulla può far pendere la tua bilancia. Nel medio: Payton potrebbe non rimanere nel Wisconsin a fine stagione.

Seattle ha fatto una valutazione diversa: sfrutto Gary per avere un altro campione più giovane. Poi cerco di prendere il play che manca dalle prossime scelte. In questo caso Wally Walzer, con la squadra eliminata, non ha sacrificato nessun presente. Sul piatto per i Bucks va messa anche la crescita di Mason e Redd.

Tornando a Donnie Walsh: la scelta dello scorso anno di mandare a Chicago Rose, la stella in fieri di Indiana, per ottenere il centro in Brad Miller e l'ala in Artest, pagherà  nella misura in cui Tinsley saprà  prendere la guida tecnica del gruppo.

Lo sport è solo attualità . Esaminiamo lo scambio Kidd-Marbury. L'anno scorso fu definito benedetto per Rod Thorn (lo stesso che con Griffin, ottenne Jefferson e Collins, pedine importanti per arrivare in finale) e un'autentica dabbenaggine per i Colangelo. Quest'anno la bilancia si è spostata per le grandi prestazioni di Starbury e l'entusiasmo ondivago di Kidd, ed è quasi in parità .

Se poi, come molti pensano, Giasone giungerà  alla corte di Duncan saremmo testimoni di uno dei più grandi ravvedimenti degli ultimi tempi. Se davvero Kidd dovesse lasciare il palcoscenico delle Meadowlands tutti l'avranno saputo prima, tutti l'avranno detto prima. E' uno strano mondo in cui certe decisioni non hanno paternità  (per i Nets scegliere Kittles e ignorare Bryant) ed altre ne hanno troppe.

Tutti hanno i loro scheletri nell'armadio: per anni Doug Christie, ottenuto in cambio di Sam Perkins, fu considerato l'unico vero errore nella carriera di Jerry West. In realtà , l'uomo del logo non si era ingannato nell'intravvedere il talento della guardia di Sacramento.

Il compito impossibile.Ogni scelta, a meno che non si firmi un Mc Grady o un O'Neal, può essere discussa. La vera difficoltà  sta nel mantenere la squadra competitiva e al tempo stesso rinnovarla.

Non ci è riuscito Jerry Krause. Non c'è riuscito Scott Laiden, nella capitale del mondo. Il GM di New York, appena arrivato, si è confrontato con la vicenda Ewing: cedere il più grande giocatore della storia della franchigia, cercando di guadagnarci. Troppo. E troppo poco quello che ha ottenuto: Rice, scambiato poi per Heisley e Shandon Anderson.

Conclusione. Il bello di queste discussioni è che tutto è opinabile: noi tutti possiamo avere la nostra idea, confortata da argomenti e statistiche. Le valutazioni vanno fatte un giorno e riconsiderata il giorno seguente. Questo è il fascino della pallacanestro: Chriss Webber può essere un deviante a Washington e un campione meraviglioso a Sacramento.

Geoff Petrie può esser criticato per aver mandato via Williams, l'uomo del passaggio di gomito; salvo poi rendersi conto che ha portato ai Kings il Bibby degli ultimi playoffs. Fa parte del fascino di questo gioco e del pianeta NBA.

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