Il repertorio di Kobe Bryant comprende anche le stoppate…
Lakers 98 @ S.Antonio 89
Lakers 108 @ Atlanta 91
Lakers 96 @ Houston 93
Washington 94 @ Lakers 108
Lakers 98 @ Seattle 119
Memphis 94 @ Lakers 112
– 8
No. Non si tratta del brusco abbassamento di temperatura registrato in queste ultime ore su alcuni stati dell'Unione. Si tratta del count-down che lega i Lakers al termine di questa strana, stranissima annata di stagione regolare.
Tanto per non smentirsi, nell'ultima settimana la squadra di coach Jackson è riuscita a sperimentare ogni tipo di emozione sportiva possibilmente provabile su di un campo di pallacanestro.
Partendo dall'inizio, bisogna raccontare del tonfo patito dai giallo viola in terra texana. Gli Spurs del sempre più aristocratico Tim Duncan, che è bene ribadirlo agli occhi di questo commentatore è sempre il più serio candidato al titolo di MVP, hanno accolto i Lakers con un benvenuto servito dallo stesso capitano degli Speroni e da un Manu Ginobili ormai in piena forma play-off. L'argentino, ha costituito per questa volta, l'arma in più nella sacca di Popovich chiudendo la sua gara con 14 pesantissimi punti e mettendo in grave difficoltà la difesa angelina con movenze e penetrazioni decisamente troppo tecniche, per Fisher e Fox.
A fare il resto del lavoro ci ha pensato il soprannominato Tim Duncan che ha segnato la sua partita con 27 punti e 17 rimbalzi. Una bella inversione di tendenza per gli Spurs, che in attesa degli scontri post season hanno fatto il pieno di fiducia e di chimica di squadra proprio contro coloro che negli ultimi 3 anni erano stati il loro babau. Dal canto loro Kobe e Shaq hanno cercato di tenere in piedi la baracca con 31 e 32 punti, ma alla fine le parole di Jackson sono risuonate forti e chiare: “Entriamo in campo in ogni gara sentendoci favoriti, ma non è sempre così. Alcune volte dovremmo avere l'umiltà di abbassare la cresta e di pensare al nostro gioco”. Punteggio finale pre sfuriata, se così la vogliamo chiamare, 98 a 89.
Poi, come già accaduto più volte, i Lakers hanno provato ad approfittare di due trasferte, forse non agevoli ma possibili, per riprendersi morale e ridurre il distacco dai Jazz in vista della definizione della griglia play-off.
Ad Atlanta i Lakers se la sono presa con calma.
Hanno giocato con scarsa intensità e applicazione appena sufficiente per due quarti, poi hanno ingranato la marcia in più e hanno chiuso la gara con 17 punti di distacco (108 a 91) mostrando solo in parte il potenziale in loro possesso. Non che con questi Hawks ci fosse bisogno di spremersi, ma i musi dello staff nel dopo partita non sembravano essere ancora quelli di un team soddisfatto. Per la cronaca, nella gara interna Shaq ha battuto Kobe di tre punti (31 a 28) mentre Fox si è fatto vedere con un 2 su 3 nelle triple.
Il cambiamento dei Lakers si è decisamente materializzato poche ore più tardi, sul parquet degli Houston Rockets. La presenza di Yao Ming ha decisamente risvegliato l'appetito dello squalo Shaq, che ha deciso di mostrare al cinese la versione dura della sua faccia da buontempone. Il risultato dell'operazione ha portato il rookie di Houston a passare un pomeriggio non proprio divertente: 10 rimbalzi ok, ma anche soli 6 punti, parecchie spallate assorbite, un fallaccio di Fox subito, alcuni minuti in bacino di carenaggio e una lezione di cui far tesoro per le prossime (sicure) sfide ad alto livello con O'Neal e gli altri grandi centri della lega.
Dal canto suo il numero 34 ha realizzato 39 punti, con 7 su 8 nei liberi, coadiuvato da Kobe a quota 31 e la contesa è stata archiviata con un 96 a 93 frutto soprattutto dei 54 punti in zona pitturata dei californiani.
La ciliegina della settimana è arrivata però nella partita contro Washington. L'ultima gara di Jordan allo Staples avrebbe potuto essere un vero camino real per MJ, peccato che ad attenderlo ci fosse un Kobe rimasto forse un po' troppo remissivo e mansueto nelle ultime gare.
E' nata con questi presupposti la devastante prestazione del numero 8 contro i malcapitati Wizard. Diciamo subito che la squadra della capitale ha messo in mostra un Jordan assolutamente all'altezza, con 23 punti portati a casa, uno Stackhouse da 22 punti e un Tyronne Lue da 17. In casa Lakers però Bryant ha deciso di fare il fenomeno per davvero e ha messo la sua firma al primo tempo di L.A. con 42 punti e 7 su 8 nelle triple.
I 24 minuti seguenti sono serviti alla guardia per arrotondare le sue cifre a quota 55 punti dal campo, ma l'impressione al di là dei numeri è stata quella del passaggio di consegne.
E Shaq? Il centro dei Lakers si è limitato a osservare e a fruire della vena del compagno segnando 26 punti e prendendo 13 rimbalzi facili facili, ma lo show è stato nel dopo gara, quando le sue dichiarazioni hanno reso piuttosto bene l'idea sulla gara da lui vista.
“E' stata una prestazione impressionante, ha detto il capitano angelino,una partita di questo genere non l'avevo vista nemmeno alla playstation. Kobe si è comportato in ossequio alle regole del karatè, dove un ragazzo per diventare uomo deve uccidere il proprio maestro”. Il punteggio per i Lakers alla fine è stato di 108 a 94.
Certamente, dopo una gara simile la trasferta a Seattle non poteva fare paura ai Lakers, rilanciati ancor prima che in classifica nel morale, dalla vittoria casalinga. Invece, così come temuto dai più pessimisti fra i tifosi dei campioni in carica, la partita contro Allen e compagni è stata una delle più brutte della stagione.
Molli sulle gambe, svogliati al limite dell'irritante, i Lakers hanno portato in campo una ventata di novembre. Kobe ha certamente pagato lo sforzo psicologico e si è limitato (o è stato limitato da un grande Allen?) a 14 punti e il resto della banda non ha fatto molto per aiutare Shaq, autore di una diligente gara da 34 punti finali.
A rincuorare un po' l'umore di Jackson, irritato per il mancato aggancio ai Jazz, è stata la tenuta nell'ultimo quarto della squadra, che in fondo non è naufragata e ha offerto dopo un secondo quarto da k.o. alcuni segnali non totalmente negativi. Ma si è trattato solo di garbage time. Alla fine il 119 a 98 per i Seattle è apparso assolutamente meritato.
Normale infine che i Lakers riuscissero a riscattarsi nella gara interna contro Memphis. Una gara sostanzialmente senza storia. Troppo compatti e arrabbiati i lacustri per permettersi altre distrazioni per questa settimana. Alla fine la vittoria è arrivata con uno punteggio di 112 a 94, uno Shaq da 34 punti, un Kobe da 29 e un Madsen da 11 punti e 6 rimbalzi.
Una piccola digressione finale però è dovuta alla bella prova di un uomo che nonostante non sia un campione sta dando grandi emozioni al pubblico di tutta la NBA. Lorenzen Wright ha giocato anche la scorsa notte con il nome della sua defunta quarto genita sulle scarpe e ha giocato una gara da 14 punti e 15 rimbalzi. Ha giocato con il cuore ancora inevitabilmente spezzato, quanto ci vorrebbe ad un uomo qualsiasi per riprendersi dalla morte di una bambina di un solo mese di vita? Ma ha giocato e ci ha messo tanti attributi.
Oltralpe dicono chapeau"per una volta si può concordare con i cugini.
Il meglio della settimana: Kobe. Basta la parola? C'è da crederlo. Quest'anno i traguardi raggiunti dal giovane fenomeno sono stati legati alla sua crescente maturità . 10.000 punti, il mese di febbraio e ora la grande gara davanti al suo maestro, ispiratore e anche un po' idolo (ma non diteglielo) che è sembrata rappresentare una prova d'esame. In fondo i titoli vinti fino ad ora sono sempre stati in coabitazione con Shaq se non merito in maggioranza di quest'ultimo. Quello che verrà da oggi in poi, potrebbe essere farina del sacco del nostro paisà .
Il peggio della settimana: Troppo facile dire che le sconfitte di S. Antonio e Seattle rappresentano i soliti cali di tensione prima della grande abbuffata di gloria dei play-off. Grazie a questi “cali di tensione” i Lakers non avranno certo il tempo di poter carburare nella post season e con sole otto partite da giocare il rischio di un incredibile gara sette contro Sacramento o gli stessi Spurs già al primo turno non sembra essere poi così pellegrino. Va bene la rotazione sarà ridotta, nessuno spazio per i peones della panchina (ciao Samaki") ma la pressione sul duo di capitani sarà comunque grande. Jackson dice che non si può sempre dominare come nel 2001/2002. Se lo dice lui"
E adesso?
I Lakers dovranno affrontare compatti e concentrati l'anticipo di play-off della prossima gara a Dallas. Sarà davvero interessante vedere la capacità di crescita nei momenti cruciali di questa versione dei campioni del mondo. Meno gravoso dovrebbe essere invece la seconda trasferta consecutiva a Memphis, ma a questo punto dell'anno ogni aggiunta alla casella vittorie potrebbe risultare decisiva per lo spot in post season. Dopo questi impegni da ricordare che dovranno essere Phoenix, Dallas e Sacramento a dover fare visita nel fortino patinato dello Staples.
Alla prossima"