Contro i Nuggets si vince… ma basterà ?
Houston @ Sacramento 108-109
Houston @ Los Angeles 108-90
Los Angeles @ Houston 96-93
Houston @ San Antonio 85-98
Denver @ Houston 89-102
“Non ho bisogno di fare dichiarazioni. Tutti sanno che tipo di giocatore sono. Ho fatto questo per 10 anni e soltanto perché contro di me ha giocato bene una volta ciò non significa che abbia ottenuto il titolo di MDE (Most Dominant Ever). Ho preso io quel titolo da Hakeem un paio di anni fa”.
Il messaggio non sarebbe potuto essere più chiaro. Se per caso qualcuno si era illuso circa la possibilità che la Grande Muraglia dei Rockets potesse rubare la scena a sua maestà Shaquille O’Neal in tempi brevi, queste parole ricacciano indietro qualsiasi sogno di gloria a breve scadenza.
The Diesel ha deciso, e non poteva essere più puntuale, visto che tra poco sarà vietato sbagliare, di giocare come sa e per Houston è stata notte fonda.
Lo stesso copione si è ripetuto nella sfida contro i San Antonio Spurs di Tim Duncan, Anche in quell’occasione il (forse) futuro Rookie Of The Year, ancora scosso dalla brutta figura rimediata contro i gialloviola, offriva una prestazione imbarazzante e, dopo soli 16 minuti e soprattutto dopo un terribile 1 su 9 dal campo (2 punti) Larry Smith decideva di togliere dalla partita il giocatore, davvero in crisi in queste due partite.
Se con le piccole Houston non fa fatica, con le cosiddette grandi la situazione cambia radicalmente, a dimostrazione, se ancora ce ne fosse bisogno, che i texani, per poter assurgere al ruolo di grande squadra, hanno ancora parecchio da lavorare.
La settimana si era aperta con la sconfitta contro i Sacramento Kings ma in quell’occasione i ragazzi si erano comportati molto bene e lo stesso Yao Ming era capace di regalare una prova convincente, chiudendo con 11 punti, 19 rimbalzi e 2 palle rubate, rimanendo sul parquet di gioco 33 minuti. Lodi anche per Steve Francis, autore di 38 punti e 9 assists ma alla fine a sorridere erano Webber e compagni.
A mio avviso comunque, per chiudere l’argomento Yao, il problema è sempre il solito: al di là delle sue prove, più o meno convincenti, il cinese è servito troppo poco, non è coinvolto come si dovrebbe nelle trame offensive di Houston; mi rendo conto che è al primo anno di NBA, ma dato che, oltre all’altezza, c’è anche qualcos’altro (vedi una buonissima tecnica di tiro e dei movimenti rapidi in area pitturata) sarebbe opportuno modificare l’impianto tattico cercando di sfruttare maggiormente le doti di questo campione, il quale, nel giro di qualche anno, potrebbe realmente diventare un centro dominante.
Ciò che preoccupa lo staff tecnico di Houston è l’incapacità dei giocatori di reagire, nel corso della partita, alle situazioni avverse. Perché non raddoppiare Shaq, oltretutto essendo avanti nel punteggio a tre minuti dal termine, magari ricorrendo al fallo tattico, all’abbraccio stile WWF? Anche nell’affrontare gli Spurs è mancata quella voglia di vincere, di “fare”, indispensabile per raggiungere la postseason.
Se il pubblico vede Francis urlare contro Smith per essere stato sostituito, dopo aver prodotto 8 punti, 1 assists e 4 palle perse in 29 minuti, capisce che qualcosa a livello di mentalità non funziona.
Nel corso della settimana sono arrivate le vittorie contro i Clippers e contro i Nuggets ma la strada per i playoffs è lastricata di difficoltà e le ultime 9 gare saranno senza dubbio 9 finali, una lotta tremenda con i Suns, e per chi uscirà sconfitto dal testa a testa sarò purtroppo il tempo dei processi, delle critiche e delle recriminazioni (tantissime per i Rockets!).
A dicembre si guardava dall’alto Minnesota, adesso si rischia di andare in vacanza anzitempo.
A questo punto l’allenatore può ben poco. Coach Rudy non ha sicuramente usato la frusta con la truppa in questi mesi mentre Larry Smith pare essere più “cattivo” da quel punto di vista, e, se la mano del primo era “piuma” la sua è invece molto vicina la ferro ma i risultati sul campo differiscono ben poco gli uni dagli altri.
Se qualcuno ha ancora voglia di “sgobbare”, se il desiderio di disputare i playoffs è più forte di quello di sdraiarsi all’ombra di qualche palma qualche speranza c’è, altrimenti buone vacanze a tutti. Ripeto, il calendario è tutt’altro che in discesa quindi chi non vuole più lottare (perché, finora lo hanno fatto?) lo dica presto perché il tempo è scaduto, se ancora non si fosse capito.
Purtroppo il roster, con l’eccezione di Glenn Rice, non ha la minima idea di come si debbano affrontare certe situazioni e ciò è un grave handicap, dato che è proprio di questo che la squadra nel suo insieme ha bisogno. Chi vi scrive è sconcertato dal comportamento di presunti campioni, più volte “All Star” i quali però non hanno fino ad ora dimostrato di avere la “testa” dei fuoriclasse. A chi di dovere la possibilità di smentirmi.
Per quanto riguarda le condizioni di salute di Tomjanovich, lo stesso, durante una conferenza stampa tenutasi il 26 marzo, ha annunciato che non tornerà in panchina per le ultime decisive partite della sua squadra.
“Penso che sia la cosa migliore per i ragazzi, A questo punto della stagione, ogni team ha bisogno di un coach in grado di dare il 100% per aiutare il gruppo a vincere. Per quanto io ami la squadra e per quanto voglia dare il massimo per essa, so che adesso i mie pensieri sarebbero rivolti ad altro. Non mi vergogno di questo. So che molti avrebbero reagito allo stesso modo”.
Circa la possibilità di un suo ritorno in caso di playoffs ha così risposto: “Non so cosa porterà il futuro, cercherò di fare la cosa giusta ragionando giorno per giorno”.
Davanti a fatti del genere, il basket ridiventa davvero un gioco.
Stay tuned!