Jordan sta cercando in tutti i modi di motivare la sua squadra per portarla ai playoff
Sarà un addio.
Diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto, ma sarà un addio.
Certo, parleremo dei Washington Wizards, della loro corsa verso l'ottavo posto della Eastern, dei rimproveri di Michael ai compagni, della situazione di Stackhouse, di Kwame Brown, come ne stanno parlando tutti i giornali in America ma permetteteci di sottolineare come probabilmente questa lotta per i playoff toglie l'attenzione dal fatto che queste sono ormai le ultime partite (che ci sia il prolungamento in postseason o meno) del più grande giocatore di tutti i tempi, “Black Jesus in Sneakers” come lo chiamava l'allora incensurato Jayson Williams.
Non ci sono per lui passerelle di gloria, niente sedie a dondolo come per Kareem nel suo “farewell tour”, distoglierebbero l'attenzione da quello che è il vero obiettivo di Michael Jordan e (un po' meno, sembra) dei suoi Washington Wizards: regalare un ultima volta al miglior attore protagonista di sempre il palcoscenico dove ha fornito le sue migliori performance, la postseason.
La situazione della Eastern
Nella inestricabile Eastern Conference, la franchigia della capitale duellerà fino al termine della stagione con i Milwaukee Bucks. Al momento, i Wizards sono a mezza partita di distanza dagli uomini di Gorge Karl per la corsa all'ottavo invito disponibile al gran ballo dei playoff della costa dove sorge il sole.
Il calendario sembra essere sfavorevole a Jordan e compagni: i campionati mondiali di pattinaggio artistico all'MCI Center hanno costretto Washington ad una trasferta all'ovest di sei partite consecutive (ma solo un back to back, Portland e poi Seattle), alle quali seguiranno 9 match: 4 in casa (Sacramento, Boston, Atlanta e New York) e 5 “on the road” (Atlanta, Boston, Cleveland, Miami, Philadelphia). Calendario assolutamente non facile, al quale si è aggiunta l'inaspettata rimonta dei New York Knicks, che hanno ancora qualche speranza di rientrare in corsa.
Tre squadre, una volata che sarà in bilico fino all'ultimo: ora tutti sembrano finalmente pronti a prendersi quella scommessa vincente contro Jordan il quale in passato li aveva invece sempre costretti a stracciare la ricevuta.
Gli sfoghi di Michael
“E' frustrante vedere che un quarantenne ha più voglia di ragazzi di 23-24 anni: si butta per recuperare palloni vaganti, fa tutto quello che può per portare questa squadra ai playoff, ma questo atteggiamento non è corrisposto dagli altri”.
Parole e musica di Michael Jeffrey Jordan, all'indomani della sconfitta dei suoi al Madison Square Garden contro i New York Knickerbockers, dopo che il n. 23 ha segnato 39 punti e si è quasi rotto la mascella nel tentativo recuperare una palla vagante.
E poi ancora: “Non cercherò di salvare questa squadra, non è il mio lavoro. Non dovrebbe essere il mio lavoro trascinarla come facevo con i Bulls nell'84: abbiamo giocatori giovani e di talento, se pensano di potersi tirare indietro ed aspettare che io segni 50 punti, fra un po' avranno un brutto risveglio. Se vogliono giocare duro le partite che ci rimangono, giocheremo duro. Se vogliono arrendersi, beh, io posso anche andare a giocare a golf al caldo invece di stare qui…” dopo la sconfitta con i Phoenix Suns, nella quale hanno concesso agli avversari 109 punti (51 nel primo tempo) e nella quale M.J. ha riposato negli ultimi 9 minuti, quando la squadra era ormai sul –30.
Lo sfogo dopo quella partita è andato avanti parecchio, tutto giocato sulla sfida ai giovani a farsi avanti, a prendersi delle responsabilità , ad avere un atteggiamento più aggressivo, più convinto, a metterci lo stesso impegno del sopracitato quarantenne, con una non tanto celata minaccia “L'anno prossimo dovrò tornare 'di sopra', negli uffici, e allora prenderò delle decisioni anche sulla base di quello che ho visto in questi due anni da vicino”. Chi deve sentirsi chiamato in causa?
The players
Qua c'è abbastanza materiale da istituire una Commissione Federale. Partiamo da quello che doveva essere (o dovrebbe essere) il go-to-guy della franchigia, Jerry Stackhouse, per arrivare al quale si è sacrificato, la scorsa estate, Rip Hamilton, considerato da tutti (dirigenza compresa) il futuro per la squadra della capitale.
All'inizio si era detto che Stack avrebbe avuto compiti soprattutto realizzativi e che Jordan sarebbe partito da sesto uomo per non rubare troppo spazio all'ex Piston. Beh, dopo una manciata di partite tutti sono stati colpiti da amnesia fulminante: Collins si è “scordato” che Jordan doveva partire dal pino, Michael ha “dimenticato” di dover concedere a Stack i suoi 20-25 tiri a partita, ancora Collins ha “rimosso” che le situazioni che il nativo di Kinston predilige sono gli isolamenti sul lato sinistro dell'attacco, dove può battere l’avversario diretto in palleggio, andare sulla linea di fondo e chiudere con una di quelle affondate che sono il suo marchio di fabbrica.
Alla fine, dopo i rimproveri di M.J. (che non ha fatto nomi, ma nella partita del MSG guarda caso Jerry ha segnato 5 punti con 7 tiri dal campo), Stackhouse si è lasciato scappare qualche parolina: “Non mi prendo le colpe, perché non dipende tutto da me. Mi piacerebbe domani segnare 50 punti e far vincere la partita, ma non è tutto sotto il mio controllo. Dobbiamo fare alcune cose che secondo me favoriscono il mio gioco”.
Ora, calcolando che può uscire dal contratto al termine di questa stagione, ed esplorare la giungla della free agency, le possibilità sono due: o Collins lo convince che, una volta che il 23 ricomincerà ad indossare la giacca e la cravatta, quei giochi per lui saranno chiamati con frequenza, oppure Jerry saluterà tutti ed approderà a nuovi lidi.
L'altro grande accusato è Kwame Brown, e qui le note si fanno dolenti anche per Jordan, perché ogni critica indirizzata verso il ragazzo del South Carolina si rivela un boomerang, dal momento che Kwame è stata una scelta fortissimamente voluta dall'allora GM dei Wizards, che salvo casi di omonimia dovrebbe essere lo stesso che ora se ne lamenta, anche se mai apertamente. L'inizio di stagione del pupo aveva fatto ben sperare, ma progressivamente il suo rendimento è andato scemando, e di conseguenza anche il suo minutaggio (o viceversa, a seconda dei punti di vista dai quali guardate la cosa).
Ora “Bobo” (così veniva chiamato in famiglia quando era piccolo) pensa che coach Collins abbia perso fiducia in lui, e si sente troppo sotto pressione da parte dell'allenatore “Almeno fossi in campo, ingigantirebbe ogni mio errore, ma vuol dire che sarei là , cercando di aiutare i miei compagni. Ora sono sotto il microscopio lo stesso, ma passo la maggior parte del tempo seduto!”.
Brown ha dimostrato bagliori di classe, dominando a tratti alcune partite sia in attacco che in difesa, ma la domanda è: quanto tempo vorranno aspettarlo i Wizards, visto anche che già a febbraio era stato offerto in giro per cercare di arrivare ad un giocatore capace di contribuire da subito? Poco, temiamo.
The Coach
Doug Collins è sempre stato in un ruolo ambiguo, difficile. E' stato ingaggiato da Jordan GM, ora deve gestire una squadra di gente scelta o voluta da Jordan GM, tra cui il Jordan giocatore, sapendo che tra qualche mese questi tornerà alle mansioni dirigenziali ufficialmente e a tempo pieno.
Tutto questo sembra aver tolto un po' di autorità al coach, che dovrebbe comunque (a meno di colpi di scena clamorosi) rimanere in sella anche per il futuro a breve-medio termine. I rapporti con Stackhouse non sono idilliaci, ma la sensazione è che non appena questi diventerà il punto focale dell'attacco dei Wizards (sempre che decida di restare) il barometro del suo umore punterà al bello stabile; Kwame Brown per ora è frustrato, ma si è investito tanto su di lui , e il coach dovrà cercare di far fruttare quell'investimento nel futuro (a meno che non giunga una proposta di trade irrifiutabile). La buona relazione con M.J. garantisce a Collins una sufficiente tranquillità .
Il futuro
Il roster dei Wizards è un mix di talento giovane (Haywood, Dixon, l'infortunato Jared Jeffries, Hughes, Thomas, Lue) e veterani all'ultima fermata del Greyhound NBA (Laetnerr, Oakley, Russell, Jordan).
Le prospettive per il futuro? Probabilmente questa squadra non ha bisogno di grandi rinforzi, ma solo di far maturare il talento a disposizione, cercando di tenere Stackhouse (che senza Jordan dovrebbe tornare quello di Detroit, grande realizzatore che a richiesta sa anche mettersi al servizio della squadra) e dando maggiore spazio a Brown e al poco citato Jeffries, che viene da molti analisti indicato come la possibile sorpresa della prossima stagione (quella attuale l'ex Indiana l'ha persa quasi tutta per un infortunio).
Le doti ci sono, sta a questi ragazzi dimostrarle, anche se qualcuno fa notare che se non reagiscono stimolati dal più grande di sempre difficilmente lo faranno con qualcun altro.
Come finirà la rincorsa di Washington?
Barkley ha pronosticato che i Wizards non arriveranno ai playoff. Considerato l'esito della scommessa precedente di “Sir Charlatan” (come lo chiama il sempre amichevole Vecsey) – quella su Yao Ming, finita baciando il culo di un asino – Jordan ha tutte le ragioni nel commentare: “Chuck? Beh, non l'ho mai considerato un profeta…”, ma la sensazione è che perchè questa lotta sia coronata dal successo ci sarebbe bisogno di tre ingredienti: un grande finale di stagione per MJ, il supporto del resto della squadra e… un vero e proprio suicidio dei Bucks, i quali hanno un calendario molto meno complicato dei rivali.
Allora la partita contro Phila del 16 aprile potrebbe davvero essere (per la terza volta) l'ultima di M.J. Preparate i videoregistratori…