Nothin’ but a G thang

Drew Gooden in azione, qui con ancora la vecchia maglia dei Grizzlies…

Tre allenatori diversi, due diverse squadre, tre diverse situazioni tecniche: la carriera di un giocatore al suo 5°, 6° anno nella lega? No.
Sono ciò che hanno già  sperimentato due diversi giocatori al loro primo anno, Drew Gooden e Gordan Giricek, i cui destini sembrano essere, almeno fino a questo momento, legati.

Due rookie, al loro 6° mese di Nba, ma la cui carriera potrebbe dirsi appena iniziata.

Come? Ho appena scritto due cose l'una l'opposto dell'altra? Lasciatemi spiegare.

Se Gooden, classe Kansas 2003, è stato la quarta scelta assoluta di Logoman al draft di quest'anno, per Giricek l'arrivo a Memphis è stato un po' più" complicato: scelto da Dallas al n.40 del Draft 1999, Gordan è in seguito passato a San Antonio (più che lui, i suoi diritti, visto che lui ha intanto preferito evoluire qualche altro anno nella sua Europa), ed infine ai Grizzlies.

Una squadra, quella di Jerry West, i cui giocatori a contendersi i ruoli di guardia – Wesley Person, Michael Dickerson, Shane Battier – ed ala forte – Pau Gasol, Stromile Swift, Lorenzen Wright – certo non mancavano.

Ma "Houston, we have a problem!" : il caso vuole che tali ruoli siano proprio quelli che più si addicono ai due novizi.

Nonostante tali premesse, l'inizio stagione non era stato poi così sconfortante: sotto la gestione di coach Sidney Lowe, che in quanto a "esperimenti" non è secondo a nessuno (3 diversi quintetti nelle prime 4 partite), Drew e DoubleG, hanno infatti avuto un discreto minutaggio, vedendo talvolta il campo fin dal primo minuto.

Certo non era tutto rose e fiori, in particolare per Gooden, costretto ad alternarsi tra lo spot di ala piccola titolare e quello di sesto uomo, entrambe situazioni a lui sconosciute, addirittura a volte dimenticato sul pino (16 i minuti contro i Kings), mentre Gordan, complice l'infortunio quasi immediato di Michael Dickerson e lo stop momentaneo di Person, ha visto il proprio minutaggio raddoppiare o dimezzarsi da una partita all'altra, spesso senza una vera ragione.

Ma se per quest'ultimo tale trend sarebbe per lo più continuato per il resto della stagione, dandogli la possibilità  di giocare buonissime partite (anche 29 e 31 punti), accanto ad altre un po' più sottotono (2, 4 punti), per Gooden le cose sono presto cambiate"in peggio.

Dopo le prime otto partite, o meglio, dopo le prime otto sconfitte, che è come dire la stessa cosa, coach Lowe è stato licenziato, ed al suo posto è arrivato Hubie Brown, che aveva per la testa idee ben diverse dal suo predecessore.

Se per il mese di Novembre gli equilibri sono rimasti pressoché gli stessi rispetto alla gestione Lowe, con Gooden che nelle prime 14 partite era rimasto in campo per ben 10 volte più di 30 minuti, ecco che a partire da Dicembre fino alla trade che lo ha portato ad Orlando solo 6 volte su 35 partite ho visto nuovamente un minutaggio del genere, e solo 1 volta in circa due mesi e mezzo ha toccato i 20 punti.

Una cosa frustrante, soprattutto in considerazione di un particolare dato: in quelle partite in cui Drew aveva visto il campo per più di 30 minuti i suoi numeri erano stati addirittura migliori di quelli ebbe Malone al suo primo anno.

Ma coach Brown, forse guardando anche ai risultati della squadra (13 sconfitte nelle prime 13 gare) ha invece reputato necessario un qualche cambiamento.

E così, complice il veloce calare di tutte le categorie statistiche di "The Truth", sono cominciate ad arrivare le prime lamentele, rimaste piuttosto inascoltate, dato che qualche risultato di squadra cominciava invece ad aversi (era comunque difficile far peggio).

Ed insieme alle lamentele, un gesto comunque ingiustificabile, ovvero il rifiuto di partecipare ad un time out della squadra, in segno di protesta per il "pino" appena subito, gesto del quale si era comunque successivamente scusato.

Poi, all'improvviso, la trade.

Drew Gooden e Gordan Giricek hanno preso il primo volo per Orlando, mentre nella direzione opposta andavano Mike Miller e Ryan Humprey: uno scambio abbastanza inaspettato, se non da un punto di vista tecnico, quantomeno in considerazione di altri fattori, come il fatto che in tal modo Jerry West abbia in tal modo implicitamente ammesso di aver sbagliato qualche calcolo lo scorso Giugno, che forse un'altra ala forte proprio non serviva, senza dimenticare che raramente due rookie sono scambiati, soprattutto quando giocano così bene.

Dicevo, una trade più che comprensibile da un punto di vista tecnico, che è poi il solo che dovrebbe esser preso in considerazione: se infatti è vero che, numeri alla mano, Memphis potrebbe aver perso qualcosa, non si può certo negare Miller incarna il prototipo di ala piccola tiratrice di cui i Grizzlies avevano un estremo bisogno.

Ancor più validi erano però i motivi per cui coach Rivers ha deciso che sì, forse forse valeva la pena scambiare un giocatore da circa 16 punti e 6 rimbalzi di media, oltre che il miglior amico di T-Mac ai Magic (e sappiamo quanto queste cose oggi contino), sicuro che anche Tracy, dopo la delusione iniziale, avrebbe presto capito.

Sì, perché se c'era qualcosa che poteva veramente far fare il salto di qualità  alla squadra di coach Rivers, era proprio qualcuno che andasse ad occupare le posizioni di guardia (in precedenza occupata da T-Mac) e di ala forte, dando magari un discreto contributo al rimbalzo, ciò di cui i Magic forse più necessitavano.

Il Gm John Gabriel aveva infatti già  tentato di ottenere la coppia Jamal Crawford e Marcus Fizer, altri lunghi come Stromile Swift o Tyrone Hill, ma, con il senno di poi, è sicuramente un bene che nessuna di queste idee si sia trasformata in realtà .

E così, i due compagni di ventura hanno salutato Memphis senza troppi rancori, felici di esser stati acquistati da una squadra in piena corsa per i playoff, di poter giocare accanto ad uno dei più devastanti giocatori Nba, ma soprattutto del fatto che stavolta di loro c'era veramente bisogno.

Se le cifre riguardanti le prime otto gare giocate ad Orlando non possono certamente esser prese per oro colato, è pur vero che i due non hanno sicuramente tradito le aspettative, anzi.

Gooden, in circa 35 minuti a gara, sta tenendo cifre che definire buone sarebbe estremamente riduttivo, in quanto si parla di 18.5 punti e 11,6 rimbalzi (dei quali 3,9 nella metà  campo offensiva!!!) ad allacciata di scarpe, con il 52 % dal campo.

Giricek invece, in 41 (!!!) minuti di utilizzo medio, con i suoi 17 punti di media ha fatto dire a molti che se la trade avesse riguardato solo il croato e Miller, ebbene nessuno avrebbe potuto certo lamentarsi. Inoltre, oltre a tirare con quasi il 50% dal campo, aggiunge al "pacchetto" quasi 6 rimbalzi.

E se per il primo cominciano ad alzarsi alcune voci che lo danno come possibile "Rookie of the Year", scomodando i tanto (e giustamente) osannati Ming e Stoudamire, un trofeo al quale è comunque un po' tardi per aspirare, il secondo sta avendo un impatto che raramente un europeo ha avuto al suo primo anno nella lega: basta pensare ai circa 8 punti di media che ebbero Nowitzki e Stojakovic al loro primo anno.

Ma non solo i numeri ciò che i due hanno portato ad Orlando, ma anche energia, passione, intensità , qualità  sconosciute a gran parte del roster dei Magic.
Qualità , che hanno fatto paragonare le gesta di Gooden, e nello specifico, la sua reattività  al rimbalzo, all'indimenticabile Rodman" il trucco? Semplice:

"Io voglio la palla. Semplicemente la voglio, non so perché, mi viene naturale" dice Drew "E così, quando rimbalza via dal ferro, me la vado a prendere, ovunque essa sia.

Una capacità , quella di Drew, di cui molti hanno spesso dubitato, un po' guardando al suo fisico, visto che il ragazzo è "solo" 6' 10", un po' piccolo per essere la vostra ala forte di ruolo, ed un po' guardando alle cifre accumulate a Memphis, che Gooden giustifica comunque dicendo:

"Mi facevano giocare come ala piccola, per cui ero spesso costretto a stare sul perimetro, e non sapevo mai se buttarmi al rimbalzo o tornare subito in difesa

Ed intanto anche i numeri di Gordan crescono ogni partita che passa, e sono già  superiori a quelli che ebbe Miller al suo primo anno nella lega, anno in cui venne insignito del premio di Rookie of the Year (ok, diciamolo, fu un annataccia), mentre simili a quelle del miglior Miller sono anche le percentuali nel tiro dalla distanza, arma apprezzatissima da coach Rivers.

Certo, magari Gooden non ha la tecnica di Duncan, la verticalità  di Garnett, le mani di Webber, così come Giricek non ha l'atletismo di molti suoi pariruolo, non ha il tiro di uno Stojacovic o di un Ray Allen (ha comunque ottime percentuali dall'arco), ma entrambi hanno tanta voglia di riscattarsi, di dimostrare che valgono di più di quanto che anno fatto vedere a Memphis, e, sicuramente, hanno la grinta necessaria per farlo.

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