Yao è ormai una stella della NBA
La Nike e i maggiori colossi dell'abbigliamento sportivo da diversi anni sponsorizzano tornei “esibizione” dai connotati più o meno amichevoli, lo scopo principale oltre a pubblicizzare il marchio è quello di individuare nuovi talenti, potenziali nuove stelle della NBA e cercare di accaparrarsi i diritti “commerciali” del talentuoso giovane individuato prima della fitta ed agguerrita concorrenza.
Alla vigilia delle olimpiadi del 1996 sua maestà Michael Jordan durante un tour pubblicitario si è imbattuto nel pivot che oggi indossa la maglia dei Rockets; il “buon” Yao Ming.
MJ, che di talento se ne intende, cominciò a tessere le lodi del centrone (che all'epoca dell'incontro con Jordan aveva circa 17 anni) al suo agente e naturalmente anche allo staff dei Bulls, i tempi non erano però ancora maturi per un trasferimento immediato di Yao (più per problemi politico-burocratici che tecnici) e per qualche tempo il suo nome e la possibilità di vederlo giocare nella NBA sfumarono a poco a poco.
Il primo vero scouting su Ming nel 2000 fu realizzato su commissione dell'instacabile Nelson da sempre in caccia di talenti stranieri (Don non a caso è autore del “mitico” teorema che anima ogni scout che si rispetti: “Se pensiamo alla popolazione in USA e la paragoniamo a quella di tutti gli altri paesi, quante sono le possibilità che il prossimo Jordan sia straniero?”)
le note di quel report fecero ben presto il giro tra gli esperti di mercato delle varie franchigie e cosi la febbre “cinese” scoppiò in modo definitivo, inesorabile.
Il meccanismo del Draft però limitava fortemente le possibilità di ingaggiare il ragazzone senza correre il rischio di farselo soffiare sotto il naso, la dirigenza Mavs cercò quindi di ingaggiarlo come “agente libero” intavolando una difficile trattativa con gli Sharks (la squadra di Yao) che come era facile prevedere non portò a nessun risultato concreto.
Le autorità cinesi infatti sin dall'inizio si opposero fortemente al trasferimento del giocatore; poi con il tempo valutarono attentamente la questione e si convinsero che i margini di profitto, l'immagine del paese e del basket autoctono in particolare ne sarebbero usciti rafforzati, un occasione davvero ghiotta.
Cosi, nel febbraio del 2002 David Stern desideroso di allargare le frontiere della lega da lui gestita cominciò la trattativa (rivelatosi comunque lunga e davvero estenuante)per traghettare Yao Ming nella NBA, colui che senza ombra di dubbio avrebbe avuto il privilegio di essere scelto con il primo pick del draft che si sarebbe svolto dopo qualche mese.
L'impresa fu un successo ma le condizioni imposte dalle autorità cinesi hanno comunque destato perplessità , polemiche e sconcerto nel patinato mondo della lega con il logo di Jerry West, infatti il ragazzo dovrà corrispondere buona parte del lauto ingaggio alla “patria” e inoltre nelle prossime stagioni rischia di dover saltare diverse gare di regular season per rispondere alla chiamata della sua nazionale!
Come è noto l'urna della lottery ha baciato Houston, un team solido con un buon roster ma ancora intrappolato tra l'illustre passato (due titoli conquistati con Olajuwon nel 94 e 95)ed un presente dalla buone prospettive grazie al nucleo giovane della squadra ma spesso penalizzato da un rendimento al di sotto delle attese a causa di infortuni e dalla inesperienza di molti giocatori.
L'attesa del suo esordio scatenò una vera e propria tempesta mediatica in USA e come era facilmente prevedibile gli analisti sportivi e i tifosi si spaccarono quasi subito in due fazioni: quella più nutrita all'insegna dello scetticismo, (la maggior parte degli appartenenti a questo “schieramento” non lo aveva mai visto giocare o semplicemente non considerava la possibilità che Yao avesse solo la metà del talento che in molti decantavano) curiosamente buona parte dei giocatori NBA erano di questa opinione… il partito pro-Ming da subito pur in minoranza si è sempre fatto “sentire” anche nel poco felice mese d'esordio di Yao, periodo in cui il poverino il parquet lo guardava dal binocolo o peggio era preda inconsapevole dei lazzi dei giocatori di pelle scura della lega.
L'aspetto razziale è forse il meno edificante dell'intera faccenda, gira voce che ci sia un vero e proprio torneo tra i giocatori neri per sbeffeggiare il malcapitato centrone, quasi al livello di persecuzione cui è costretto Bradley il centro dei Mavs, bersaglio ideale di Shaq e soci, forse l'esempio migliore per compredere il cinismo di questa lega.
Ming ha rischiato (e rischia tuttora) lo stesso trattamento, illuminante in questo senso la dichiarazione pre-draft di Richardson dei Clippers: “Si capisce che sa giocare a basket ma è troppo leggero per questa lega, io vi dico subito che appena lo vedo gli schiaccio in testa senza problemi”; il primo mese di regular season in effetti ci han provato in tanti in questa impresa, spesso con successo.
Memorabile in questo senso una giocata di Marbury che trovatosi accoppiato a Yao per un cambio difensivo ha effettutato un palleggio incrociato a velocità supersonica che ha letteralmente “legato” le gambe del malcapitato causando una pesante ed umiliante caduta sul campo da gioco, le telecamere che hanno indugiato sul suo volto smarrito sono state più eloquenti di qualunque parola.
Novembre, grazie ad un mese di esperienza sulle spalle ha registrato una impennata del minutaggio di Ming e un rendimento straordinario sia in attacco sia in difesa dove centimentri e propensione alla stoppata non rendono facile a nessuno un layup nella zona pitturata e reso quasi impossibile la pratica dello “schiaccia-contro-il-cinese”
In una partita contro gli Spurs il nostro si è preso il lusso di umiliare (dal nick dell'autore dell'articolo potete immaginare lo sconcerto per l'accaduto) Tim Duncan, il veterano David Robinson e il guizzante Tony Parker, i primi due lo hanno subito sopratutto in difesa dove non hanno potuto controbattere ad un impressionanate serie di conclusioni in aerea (semi-ganci, tiri cadendo all'indietro, conclusioni fuori equilibrio, un piccolo clinic) mentre il terzo, si è visto recapitare al mittente due conclusioni in sottomano che sembravano già entrate nella retina… il tutto naturalemente ha consentito ai Rockets di conquistare una vittoria di assoluto prestigio.
Degna di rilievo anche la prestazione al tiro (9 su 9) contro i Lakers privi di Shaq che gli ha definitivamente spalancato le porte del quintetto e permesso di conquistare più palloni dal duo Mobley-Francis (ancora però più propensi a tirare che a passargli la palla).
Proprio in questo periodo il giocatore di Houston si è guadagnato l'affetto e la simpatia del pubblico tanto che lo spot di centro nell'ultimo all star game non gli è sfuggito a spese del veterano Shaquille O'Neal.
Recentemente c'è stato l'atteso scontro contro il numero 34 in gialloviola in una rivincita del match del citato 9 su 9, più che il risultato in questa occasione il vero interesse era costituito dallo scontro tra i due big man, i primi 3 tiri di Big Aristotele sono stati stoppati facilmente dal centro di Houston, tra lo stupore assoluto dei presenti, giocatori e spettatori.
Yao dopo l'exploit di Novembre e un discreto mese di dicembre è poi inevitabilmente calato come succede ad ogni rookie, garantendo comunque uno standard che permette al momento attuale di giocarsi i playoffs in una western conference durissima, Rudy T. in ogni caso ne limita sapientemente il minutaggio cercando in ogni modo di proteggerlo dall' ambiente esterno.
Il carattere amabile e la innata gentilezza del personaggio hanno fatto breccia nell'ambiente NBA quasi subito, i bagliori di dominio (frase estrapolata da un vecchio editoriale di Max Giordan) ci sono, il tempo non può che essere dalla parte di questo ragazzone.
Il maggior difetto di Yao forse è l'inabitudine ai contatti (i “bump”) degli astuti pariruolo in aerea e la mancanza di cattiveria in attacco dove raramente abusa del suo marcatore anche avendone la possibilità .
Passatore di buon livello per un lungo, stoppatore sopra la media è ancora poco covincente a rimbalzo dove inesperienza e un fisico ancora poco avezzo alle sportellate in aerea non lo aiutano di certo, in questo aspetto deve indubbiamente migliorare sopratutto considerando la concorrenza che deve affrontare nella western conference.
Nel suo caso non stiamo parlando di un talento fisico cinquestelle che deve comprendere il gioco, a lui serve solo ancora un pò di tempo per imporsi definitivamnte come una delle stelle del firmamento NBA,le premesse ci sono tutte, attendiamo fiduciosi.
In ogni caso Richardson, passerà ancora una stagione senza disputare la post-season, Ming con molte probabilità i Playoffs li giocherà da protagonista per la gioia di Stern che ha trovato la gallina dalle uova d'oro e per lo scoramento totale di Barkley, costretto per una scommessa (persa) sulle doti tecniche di Yao a baciare in diretta televisiva il fondoschiena di un asino!
Le capacità di giocare del cinesone sono senz'altro inversamente proporzionali alla “bravura” di Sir Charles come analista sportivo temo…
Le statistiche al momento indicano anche un 80% ai liberi; interessante l'osservazione espressa da Walton in una intervista: “Il tempo ci dirà se diventerà “solo” un un ottimo giocatore o un giocatore dominante, quello che è certo è che vista la carenza di alternative ne suo ruolo, il futuro gli sorride di certo”.
Restate sintonizzati ci sarà comunque da divertirsi dalle parti di Houston…
P.S Mentre impazza la Yao mania, gli altri due asiatici nella lega Wang Zhizhi dei Clippers (in precedenza già ai Mavs dove non ha fatto particolare impressione) e Mengke Bateer dei San Antonio Spurs fanno l'altalena tra la profonda panchina e la lista infortunati, penalizzati sopratutto dai limiti difensivi e dicono i maligni dalla mancanza di determinazione, in attesa di tempi migliori anche loro due sperano di di continuare a beneficiare dell'effetto Ming, non di rimanerne “schiacciati”…