A Da Pip, qui in azione contro MJ, il compito di guidare i Blazers
Signori e signori, benvenuti a Portland! Ammirate il team più off-limits della Lega, dove i giocatori picchiano le proprie mogli, dove la droga e gli psicologi sono di casa, dove i campioni si permettono di insultare e minacciare di morte gli arbitri usandoli come sputacchiere… ah, quasi dimenticavo, la squadra sa anche giocare a basket, quando vuole.
Ecco riassunto in poche righe il Blazers-pensiero, vero e proprio vademecum per cercare di capire qualcosa della super-squadra messa in piedi da Paul Allen, il miliardario socio di Bill Gates che negli ultimi anni è riuscito nell’intento di raggruppare sotto un’unica bandiera una cerchia di campioni in grado di lottare per la conquista di un anello, che, non sarà quello di Frodo Baggins, ma è lo stesso causa di sogni, ansie ed incubi nelle menti di chi, ogni anno, cerca di impossessarsene.
I tifosi di Portland non avranno sicuramente dimenticato la Finale di Conference disputata tre anni fa contro gli arcirivali dei Los Angeles Lakers; in quell’occasione la squadra andò davvero vicino alla grande impresa, ma, nell’ultimo quarto di gioco, il demone della paura (di vincere) si impadronì di Wallace e compagni, i quali vanificarono quanto di buono avevano fatto fino a quel momento e uscirono sconfitti, aprendo così la strada al primo titolo dei gialloviola, all’ultimo atto vincitori sugli Indiana Pacers di Hollywood Miller, allenati all’epoca dalla leggenda bianca Larry Bird.
Da lì in poi vi è stata un’alternanza di alti e bassi e le vicende dei singoli sono spesso finite sulle pagine dei giornali e non per motivi legati al basket ma a questioni ben più serie e poco onorevoli.
A chi si occupa dei Blazers non manca mai il materiale su cui lavorare, ma per fortuna si può ancora parlare di basket giocato, visto che dal punto di vista del talento, la franchigia dell’Oregon è la regina di tutta l’NBA.
Coach Maurice Cheeks ha avuto sicuramente il suo bel da fare per cercare di portare un minimo di ordine ma, alla fine, dando uno sguardo agli ultimi mesi, sembra che sia riuscito nel suo intento e la squadra ne ha guadagnato in serenità (se di serenità si può parlare quando ci si occupa di Portland!), stabilendosi nelle zone alte della classifica, regalando ai tifosi prestazioni molto convincenti. Il secondo posto nella Pacific Division non sembra per ora minacciato da nessuno anche se i Lakers fanno sempre paura, soprattutto in ottica playoffs.
L’opera di pulizia all’interno del roster ha dati i suoi frutti: Damon Stoudemire relegato al ruolo di panchinaro e regia nelle mani del “vecchio” Scottie Pippen, campione vero e disposto a portare la croce per il bene della franchigia (11.4 punti, 4.3 rimbalzi e 4,5 assists per l’ex Bulls).
Anche gli altri due esterni, Derek Anderson e Bonzi Wells, stanno dando il loro contributo con, rispettivamente, 14.4 e 16 punti a gara, pur con percentuali da 3 abbastanza misere (entrambe intorno al 30%).
Se il direttore d’orchestra è dunque Da Pip (riuscirà a reggere fino alla fine?), la bocca da fuoco, il centravanti del parquet, è il signor Rasheed Wallace, uno dei primi 4-5 giocatori della Lega per quello che fa vedere sul campo da gioco, uno degli ultimi in quanto a disciplina e Bon Ton.
Si dice che in fondo in fondo sia un uomo generoso, di gran cuore, ma a volte si ha l’impressione di dover scavare molto in profondità per giustificare il suo comportamento; sarà retorica, ma con un'altra testa (mi viene in mente MJ, uno che a basket ci lavora) chissà dove sarebbe adesso il caro Sheed, il cui rendimento, da un po’ di tempo a questa parte, è più che positivo, a dimostrazione di quanto è stato detto finora circa la cura Cheeks. Il ragazzo, se si impegna, fa paura a tutti: 18.3 punti a partita, conditi da 7.70 rimbalzi e anche 2.3 assists, con il 47% dal campo.
Dove vogliono arrivare i Blazers? Ma al titolo urlano i tifosi, che già pregustano l’avventura della postseason, con la novità delle sfide al meglio delle 7 gare fin dal primo turno. Se si smette di sognare però è più realistico parlare di superamento di un paio di turni, nulla di più, salvo miracoli.
Vivere alla giornata dovrebbe essere il motto di Portland, senza troppe illusioni ma con la convinzione di potersela giocare alla pari con chiunque. Dallas, San Antonio e soprattutto Sacramento paiono però più complete e superarle sarà molto difficile.
Il nemico numero uno, da battere ad ogni costo, è l’irrequietezza di alcuni elementi, la cui testa ha la stessa pericolosità ed imprevedibilità di una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere sul più bello.
Lottare non costa nulla, tranne impegno, sacrificio e dedizione, qualità che in passato, spesso e volentieri, non hanno fatto parte del DNA della creatura di Allen. Ad aprile tutte le risposte! Stay tuned!