Elton è ancora giovanissimo, ma indubbiamente una delle migliori ali forti della lega.
Se è vero che,come diceva qualcuno,la normalità non è altro che la media tra infinite anormalità ,sarebbe un bell'affronto definire "normale" il signor Elton Brand,che non è una vera e propria superstar solo perché al momento la sua dimensione non è la stessa di molti colleghi,magari pari ruolo,che lottano e si complicano la vita niente di meno che per l'anello,per i Clippers decisamente un'utopia. Anzi, "la" utopia.
Sarebbe già un successo che Brand andasse ai playoff,ma a quanto pare dovremo pazientare ancora per un po', visto che la nave Clippers è ancora forse una nave-scuola,data la giovane età dei suoi componenti. Tra i quali,per giunta,Brand è uno dei più esperti.
Ma Brand è in una fase di stasi,un livello ottimale ma non stratosferico;non nella media ma piuttosto in quella "aurea mediocritas" cui facevano riferimento i latini. Non la nostra "mediocrità ",bensì una vera e propria stabilità . Ecco,Brand è costante,è affidabile.
E,inserendosi per un attimo nell'interessantissima disputa sorta sul nostro forum tra "brandiani" ed "odomiti", se Odom è il geniaccio che può risolvere un incontro da un momento all'altro con una giocata mirabolante,Brand è la struttura portante della nave,che non è un galeone solo perché è guidata da due star,ancora prive del super-prefisso.
Dunque cosmologicamente Brand è il punto di partenza. Rappresenta la stabilità ideale per dare inizio ad un progetto a lungo termine,un colosso del rimbalzo che sa farsi valere in attacco e come intimidatore, senza nulla togliere alle ambizioni del collettivo, né a quelle dei suoi eclettici compagni. Leggasi Odom, per l'appunto, ma anche Quentin Richardson, Andre Miller e affini.
Ma il giudizio per ora è sospeso; servirebbe qualche partita in post-season per riuscire a farsi un'idea del ruolo di Elton Brand nella NBA, per poter quantificare l'effettiva distanza tra il ragazzone da Duke e un Garnett, un Duncan, o un Karl Malone.
Di certo nel sistema dei Clippers ha un'importanza non da poco, come testimoniano i 40 minuti di media a partita, nei quali il giovanotto ci delizia regolarmente con più di 18 punti e 11 rimbalzi di media. Ed il tutto è proprio di regola; la doppia-doppia è pressoché un'abitudine, e attualmente si trova al terzo posto della speciale graduatoria, in lotta, guarda caso, con i due numero 21 su cui pensa di far leva la Lega almeno per il prossimo decennio.
Purtroppo anche in questo caso sono entrati in gioco i numeri, spesso e volentieri il solo parametro ritenuto (erroneamente) credibile per valutare un giocatore.
Ma, d'altro canto, ci sono altri elementi interessanti per perorare la causa di Brand" ad esempio la sua partenza in quintetto all'All Star Game dello scorso anno, nel quale andò a sostituire il giocatore più inarrestabile dell'intera NBA, il segreto di Pulcinella dei cugini ricchi e vincenti" oppure potremmo menzionare la convocazione ai recenti Mondiali di pallacanestro di Indianapolis, in una delle più fragorose umiliazioni per lo sport made in U.S.A. "ma se nella circostanza gli Stati Uniti sono risultati disgraziatamente normali, non è da escludere che Brand vada, in questo senso, controcorrente.
Desolante il raffronto con le statistiche degli anni passati: Elton Brand è da sempre in doppia-doppia di media, ha sempre giocato almeno 37 minuti, non ha mai avuto percentuali dal campo inferiori al 47 %, e si è consolidato in qualità di grande artista del rimbalzo offensivo. Per ciò Brand non è un operaio né un secondo violino, ed incarna un giocatore "sui generis",la cui mentalità non può che migliorare.
Già siamo stati testimoni di un salto di qualità nella passata stagione, quando il sorridente Elton ha felicemente salutato la città del vento per trasferirsi in California ad attentare, quanto meno, ai playoff. In questo caso, più che mai, le statistiche contano poco o nulla.
Sono calati di poco i punti, sono cresciuti i rimbalzi, ma è la mentalità ad essersi evoluta, o meglio ad essersi "risollevata" nel cambio di ambiente. E' noto a tutti come Brand fosse insofferente ai tempi dei Bulls, non certo anni di vittorie, e non certo un contesto paragonabile a quello che significa Duke nel college-basket.
Era altresì manifesto quanto fosse seccante per un giocatore dare il massimo tutte le sere e vincere 15 partite all'anno. Da qui il desiderio di essere ceduto, evento che poco tempo dopo ha coinvolto pure il suo ex-compagno Ron Artest, anch'egli emerso con prepotenza in questa stagione.
Un biennio ai Bulls, nel dopo-Jordan e sotto la guida di Tim Floyd è stato una sorta di calvario.
Quello che per ora resta un biennio ai Clippers, con Odom e Gentry, è stato molto più divertente, ma non così tanto più produttivo in fatto di risultati.
Che allora non sia necessario un ulteriore salto di qualità ?
Quel che è certo è che Brand farebbe comodo a moltissime squadre NBA di primo piano, e al contempo sarebbe intenzione di LA tenersi stretto questo ventiquattrenne dal placido sorriso, che si guadagnarono in cambio di Brian Skinner e dei diritti su Tyson Chandler, che per la verità fino ad ora non è stato esattamente entusiasmante" alla luce di tutti questi elementi, appare come una ciclopica ingiustizia il fatto che Brand non abbia ancora giocato una partita che sia una di post-season, e che neppure per quest'anno ci sarà possibile vederlo.
Non se la prenda nessuno,tanto meno nel forum, se per il momento Brand è una questione in sospeso" poi magari Brand dominerà mentre Odom resterà un fenomeno da baraccone dal potenziale inespresso, sempre ammesso che i destini dei due siano separati"