Power Rankings: East

Grande stagione per Brad Miller, arrivato addirittura all'All Star Game

1-INDIANA PACERS
Fra tutte le squadre dell'Oriente sono forse l'unica con una quantità  di talento paragonabile alla media di quelle che faranno i playoffs nell'altra conference, sicuramente sono quella col gioco più fluido e piacevole da vedere, anche se nella seconda parte della stagione sono incappati in un momento di crisi, che i tifosi sperano sia passeggera.
COSA VA
La squadra gioca davvero bene: i Pacers sono tra le prime quindici squadre della lega in tutte le statistiche di squadra, offensive e difensive, e in molte sono ottavi o meglio.
Miller e O'Neal Jr sono una coppia perfettamente assortita e sono in grado di fare sfracelli contro chiunque, dato che varie avversarie per la corsa alla finale di conference hanno solo un lungo decente, e alcune nemmeno quello.
Poi non si può non parlare di Ron Artest, probabilmente il miglior difensore sull'uomo di tutta la lega, che ha iniziato la stagione con prestazioni da All-Star anche in attacco, poi ha rallentato un pochetto anche a causa di qualche problema disciplinare di troppo, ma sarà  un cliente terribilmente difficile ai playoffs.
COSA NON VA
Nei playoffs più che la supremazia tecnica e tattica conta il cuore, e questi Pacers devono ancora dimostrare di avere il cuore, la fame, la voglia di vincere necessaria a trasformare una bella realtà  della regular season in un collettivo unito e vincente, devono ancora dimostrare di saper eseguire i loro giochi anche quando la palla pesa tremendamente, quando l'avversario ormai conosce a memoria tutti i tuoi schemi e i tuoi trucchi.
Inoltre hanno i favori del pronostico dalla loro, e questo rende tutto ancora più complicato.
OBIETTIVI
Sono i favoriti d'obbligo per il titolo della Eastern Conference; se il risultato sarà  inferiore la stagione non potrà  che essere archiviata fra le delusioni, ma comunque non sarebe un disastro, visto che la squadra è giovane e futuribile.
LA CHIAVE
Nonostante il tanto talento a disposizione di coach Thomas, le speranze sue e dei tifosi alla fin fine passeranno ancora una volta attraverso le prestazioni di Reggie “Hollywood” Miller, che a 37 anni suonati ha già  deciso svariate partite con le sue personalissime interpretazioni del concetto di “buzzer beater”, e non vede l'ora di aggiungere qualche gemma alla sua nutrita collezione di esecuzioni d'autore ai playoffs.

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2-DETROIT PISTONS
Essere la sorpresa di una stagione è arduo, ma prima o poi l'annata in cui va tutto per il verso giusto capita a tutti. Confermarsi nella stagione successiva è molto più difficile, eppure i Pistons ci stanno riuscendo. Dopo la trade estiva che ha visto partire l'uomo-franchigia Stackhouse sono ancora più compatti, umili e concetrati, difendono duro come non mai e saranno un bruttissimo cliente per chiunque ai playoffs.
COSA VA
Sicuramente la difesa, probabilmente la migliore della lega. Si basa sulla imponente presenza fisica di Ben Wallace, e vince le partite grazie all'impegno incondizionato di tutti i componenti del roster, che eseguono a memoria movimenti ormai pienamente assimilati dopo due stagioni di lavoro con coach Carlisle. Che parlino le cifre: hanno concesso 100 o più punti solo 5 volte, sono la miglior difesa della lega per punti concessi, la seconda per assist subiti e la quarta per percentuale dal campo imposta agli avversari.
Parlando di conferme non si può non citare oltre a Ben Wallace anche Rip Hamilton, che si sta confermando un letale cecchino e regge alla grande il peso di essere il go-to-guy della squadra, dimostrandosi uno degli esterni meno pubblicizzati ma più efficaci dell'intera lega, mentre Billups apporta energìa, intensità  ed imprevedibilità .
COSA NON VA
L'attacco è asfittico e molto prevedibile, cosa piuttosto ovvia se si guarda al talento offensivo della squadra: in sostanza si basa tutto sulle interpretazioni di Rip Hamilton nell' in-behind-game, sull'intraprendenza di Billups e sulle giornate di grazia del vecchio Cliff Robinson.
OBIETTIVI
Raggiungere la finale di Conference è difficile ma possibile, ma anche uscendo anticipatamente la stagione sarà  comunque da considerare positiva: l'ossatura della squadra è giovane, grazie a Carlisle c'è un progetto tecnico chiaro che gode della fiducia di dirigenti e giocatori, il payroll è piuttosto leggero e, dulcis in fundo, nel draft 2003 avranno la scelta di Memphis a meno che questa non sia la prima assoluta.
LA CHIAVE
Difesa, difesa e ancora difesa.

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3-NEW JERSEY NETS
I campioni in carica dell'Oriente si sono riconfermati ai vertici della conference, grazie al fatto di essere una squadra equilibrata, concreta, magari non sempre spettacolare ma tremendamente efficace su due lati del campo. In più rispetto alla stagione scorsa hanno trovato un Kidd in versione go-to-guy, nella sua miglior stagione offensiva di sempre.
COSA VA
Con Jason Kidd in campo ogni rimbalzo offensivo è un potenziale contropiede da “courtside countdown”, ogni esecuzione offensiva è un assist al bacio pronto ad accadere. In questa stagione Giasone ha trovato a dargli manforte un Richard Jefferson a livelli stellari, soprattutto nelle gare casalinghe, un'arma in più da innescare nei fantastici contropiede dei Nets che si concludono quasi sempre sopra al ferro.
Se l'attacco è affidabile grazie alla lucida regia di Kidd, la difesa è comunque al di sopra di ogni sospetto: è la terza per punti subiti e percentuale dal campo concessa, grazie soprattutto all'inserimento in quintetto di Jefferson al posto di Van Horn.
COSA NON VA
Lo scambio che ha spedito a Phila McCulloch e Van Horn e ha portato Mutombo ai Nets ha avuto l'indubbio merito di permettere l'esplosione di Jefferson, ma il contributo dell'africano è stato assolutamente impalpabile finchè non si è infortunato. Se Mutombo non dovesse riprendersi pienamente e riuscire a contribuire almeno un po', i Nets si troverebbero con un notevole peso morto sul payroll.
C'è da dire anche che il rendimento di Kidd sembra calare proporzionatamente all'aumentare della ridda di voci sul suo futuro: se lui perde serenità  i Nets sono spacciati, senza Jasone non si va da nessuna parte; inoltre da un lato segna come mai in carriera, ma questo a discapito del resto del suo gioco: gli assist sono ai minimi storici, se si esclude il suo anno da rookie, e nelle ultime cinque stagioni non ha mai preso così pochi rimbalzi.
OBIETTIVI
Come minimo puntare a difendere con onore il titolo conquistato lo scorso anno, anche se negli ultimi anni nessuna squadra campione della Eastern è riuscita a confermarsi. Una volta conclusasi la stagione per i Nets inizierà  però un'altra partita, molto più importante della stagione stessa, ovvero il tentativo di respingere l'assalto degli Spurs a Jason Kidd. Se dovessero fallire si prospetterebbero scenari molto foschi.
LA CHIAVE
Riuscire a rendere al meglio pur passando dal gioco della regular season a quello dei playoffs, quando le difese si fanno più arcigne e le possibilità  di contropiede si riducono al lumicino; si ritorna indirettamente al discorso Mutombo, che è stato preso soprattutto per assicurarsi un grande vantaggio a rimbalzo difensivo: non riuscire a difendere il proprio tabellone vorrebbe dire diminuire ulteriormente le occasioni in campo aperto per Kidd &c.

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4-BOSTON CELTICS
I ragazzi di O'Brien non mollano mai, ma rispetto alla squadra che l'anno scorso sfiorò l'accesso alle Finali NBA questi Celtics sono obiettivamente inferiori: le lacune lasciate dalla partenza di giocatori che avevano dato un contributo sensibile non sono state assolutamente colmate, in più c'è il macigno dell'affare-Baker che grava sulla stagione biancoverde. Resteranno comunque saldamente nella metà  alta della classifica della Eastern, e si batteranno contro chiunque grazie al mitico Irish Pride, ma difficlmente riusciranno ad eguagliare la stagione scorsa.
COSA VA
Pierce e Walker, Walker e Pierce: non si può nemmeno dire che il combo sia determinante per questa squadra, il combo E' questa squadra, basta che il rendimento di uno dei due cali e anche l'ostacolo più futile dienta insormontabile: in due assommano cifre notevolissime (47 punti, 15 rimbalzi e 9 assist) seppur con percentuali che fanno storcere parecchio il naso (41% e 29% PP, 39% e 33% 'Toine).
La difesa biancoverde disegnata da Dick Harter è sempre una brutta bestia per tutti, magari non intimida e non fa giocate spettacolari ma ti strangola lentamente ed inesorabilmente, e se l'attacco funziona un minimo è in grado di vincerti anche le partite più ostiche.
Tony Battie si è dimostrato pedina fondamentale negli schemi dei celtici (fantascientifico 55.7% dal campo), ma è condizionato da alcuni malanni fisici.
COSA NON VA
Il roster è chiaramente incompleto: mancano un play di ruolo, un tiratore affidabile e un paio di lunghi fisici, mentre Baker ha quasi sempre languito inesorabilmente in fondo alla panchina con tanto di contrattone annesso, fino al momento della sospensione per problemi di alcolismo. L'arrivo di Blount è solo una panacea, resta il fatto che se Pierce e Walker non fanno i miracoli questa squadra ha troppo poco talento per emergere, persino ad Oriente.
Se in difesa i Celtics sono molto efficienti ed affiatati, l'attacco è molto spesso inadatto al proscenio: circolazione di palla quasi nulla (solo Houston, Miami e Toronto fanno meno assist di loro), poco movimento, molti giocatori quasi mai coinvolti, insomma come gioco di squadra se non è il peggior attacco della lega poco ci manca.
Tutto si basa sugli umori del combo, e guardando le cifre si può vedere come Pierce, nonostante brutte percentuali, sia al disopra di ogni sospetto (miglior procacciatore di liberi della lega); Walker invece presenta statistiche che ci fanno capire quanto agghiacciante sia la sua selezione di tiro: al momento in cui scriviamo ha preso 1072 tiri, di cui però ben 420 da tre (per le percentuali vedi sopra), e soprattutto andando in lunetta solo 220 volte!
Inoltre la situazione sotto i tabelloni è poco meno che drammatica: i biancoverdi sono ultimi per differenziale a rimbalzo, ultimi a rimbalzo offensivo, terzultimi per percentuale di rimbalzi presi rispetto alle possibilità , quartultimi nelle stoppate.
OBIETTIVI
Riuscire ad arrivare alla Finale di Conference confermando il risultato dell'anno scorso sarebbe un vero trionfo, più verosimile fissarsi come obiettivo il superamento del primo turno più in fretta possibile, e poi vivere alla giornata prendendo quello che viene.
L'obiettivo vero è un altro, e cioè cercare di recuperare prima umanamente e poi tecnicamenete Baker, che al momento è un ex-giocatore. Se non si riesce a recuperarlo almeno un minimo al basket giocato i biancoverdi sono condannati ad almeno un paio di stagioni di mediocrità , se invece si riesce a tirarne fuori almeno qualcosa allora si può sperare, anche perchè i nuovi proprietari hanno fatto capire che, finita questa stagione e passato l'incubo della LT, sono disposti ad aprire i cordoni della borsa.
LA CHIAVE
Il successo dei Celtics dipende in gran parte dalle loro percentuali da fuori: quando Walker riesce a tenere sotto controllo la sua irrefrenabile tendenza a prendersi tiri senza senso da otto metri (o quando, per volere divino, gli vanno dentro lo stesso), e quando PSquare non si incaponisce a cercare a tutti i costi la conclusione anche nelle serate in cui non va tutto dentro, e fa girare di più la palla, i Celtics possono battere chiunque. Certo non farebbe male che i non-combo contribuissero con qualche punto in più, ma è anche vero che non gli vengono concesse molte opportunità  per tirare, e quando succede non sono quasi mai in ritmo a causa della pessima circolazione.

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5-NEW YORK KNICKS
Stagione ad handicap per i newyorchesi, che hanno perso subito Toto' McDyess per tutta l'annata e Spreewell per le prime partite, un infortunio questo che ha anche portato una ridda di polemiche e quindi non ha certo aiutato la serenità  della squadra: ne è risultata una prima metà  di stagione deficitaria, con molte gare buttate via nei minuti finali pur avendo conseguito larghi vantaggi. il momento della svolta si può identificare nell'ultima partita del 2003, il 30 Dicembre contro gli Spurs, vinta di un punto. Da allora i bluarancio hanno un bliancio saldamente attorno al 50% di vittorie, se non sopra, e l'ottavo posto non è un'utopia, anche se resta obiettivo difficilissimo da raggiungere: certo che se avessero tenuto questo ritmo per tutta la stagione ora si parlerebbe di possibili accopppiamenti per il primo turno piuttosto che di posizione al prossimo draft.
COSA VA
Per tutta la stagione hanno tirato la carretta Kurt Thomas, lottatore inesauribile sotto i tabelloni, e Houston, che per la prima volta sta dimostrando che il contratto generosamente elargitogli da Layden non è totalmente immeritato: ottima stagione per l'ex Piston, che finalmente fa sentire il suo purissimo talento offensivo anche nei momenti chiave della gara.
Non si può non menzionare Spreewell che è l'anima e il collante della squadra, mentre un buon contributo sta arrivando anche da Eisley e Shandon Anderson, che da quando sono arrivati da Utah non avevano praticamente mai combinato nulla di buono: da rimarcare soprattutto la rinnovata confidenza di molti Knicks con il tiro da fuori, i bluarancio sono primi nella percentuale da tre punti.
COSA NON VA
I Knicks sono la seconda peggior squadra della lega nelle stoppate e la penultima nei rimbalzi, questo dice già  tutto sulla efficacia dei newyorchesi sotto i tabelloni: Thomas è un lottatore come pochi ma è praticamente solo, perchè il contributo di Harrington e Weatherspoon è quasi impalpabile.
Un'altra cronica posizione in cui i Knicks soffrono è quella di playmaker, Eisley sta giocando meglio delle attese ma è sostanzialmente un tiratore da fuori, non certo un giocatore in grado di guidare una squadra NBA, Ward è un veterano con buona sapienza difensiva ma anche lui non è certo Stockton, non resta che attendere cme si comporterà  il rookie Frank Williams.
OBIETTIVI
Intanto raggiungere i playoffs, poi tutto quello che arriva è tanto di guadagnato, anche perchè ci sono voci che insinuano l'ipotesi suggestiva di un ritorno anticipato di Toto' in calzoncini e canotta, nel caso si arrivasse ai playoffs.
LA CHIAVE
Il tiro da fuori di Spreewell: vista la carenza di peso sottocanestro è vitale tenere buone percentuali dall'arco, e visto che Houston è una sicurezza diventano determinanti le percentuali di Spree, sempre piuttosto ondivaghe (anche se ha pensato bene di mettere a libri un bel record con 9/9 da tre in gara singola).

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6- MILWAUKEE BUCKS
Ormai da anni sono una delle squadre più talentuose della lega, e ormai da anni non ottengono risultati degni del suddetto talento: l'estate scorsa è iniziata la smobilitazione, cedendo il primo dei Big Three, Glenn Robinson, agli Hawks, e proseguendo con la cessione anche del secondo, Ray Allen. Ora la fisionomia della squadra è radicalmente diversa da quella che due stagioni orsono faceva paura a tutti nell'Est, la chimica è andata definitivamente a farsi benedire ed è difficile immaginare che coach Karl riesca in un paio di mesi a riprendere in mano uno spogliatoio di cui ha perso il controllo ormai da lungo tempo.
Ma di gente che sappia giocare a basket ce n'è proprio tanta, e se questo conta ancora qualcosa è meglio non prendere troppo sotto gamba i cerbiatti.
COSA VA
Se non salta tutto per aria un coppia di guardie Payton-Cassell è semplicemente troppo imprevedibile (nel bene e nel male) per essere fermata. Certo, l'adamantino talento offensivo di Ray Allen mancherà  e non poco, ma squadre con più testosterone e lingue affilate di questa non ce n'è in giro: è un'arma a doppio taglio, ma se questi signori scoprono di avere delle affinità  elettive nessuno vorrà  trovarseli di fronte.
COSA NON VA
Sul piano tattico c'è da notare come i Bucks difendano male, ma soprattutto siano assolutamente deficitari a rimbalzo.
Poi c'è da dire che Karl è un grande allenatore dal punto di vista tattico, ma un pessimo gestore di risorse umane: niente di nuovo, certo, ma la Milwaukee attuale è il suo capolavoro: uno spogliatoio letteralmente a pezzi, sfiducia generalizzata nei suoi confronti da parte di stampa, tifosi e giocatori stessi, insomma un'accozzaglia di giocatori ma niente di più lontano dai concetti di “squadra” e “chimica”; una situazione molto simile al famoso “asylum”, la gabbia di matti che era diventato lo spogliatoio degli ultimi Sonics di Karl. Beh, per completare le somiglianze è arrivato nel Wisconsin il matto più matto di tutti, l'inimitabile Gary Payton con annessa lingua lunga, tagliente come una katana e sempre in movimento. Auguri George…
OBIETTIVI
Quantomeno arrivare ai playoffs, poi tutto quello che viene è tanto di guadagnato: quest'estate si tireranno le somme e potrebbero esserci grosse novità , visto che il senatore Kohl ha fatto intendere molto chiaramente di voler cedere la squadra al miglior offerente, e i bene informati suggeriscono che lo scambio per Payton ha essenzialmente questa motivazione: abbattere il payroll quanto più possibile non in un ottica di salary cap e caccia ai FA (perchè resta comunque troppo elevato), bensì per presentare ai possibili acquirenti interessati una situazione patrimoniale meno gravosa.
LA CHIAVE
Tim Thomas: i Bucks hanno investito tantissimo su di lui, in termini di soldi ma anche di credibilità , e finora non sta rispondendo alle attese: il talento a sua disposizione è semplicemente esorbitante, se riesce a scuotersi dall'apatìa che lo pervade potrebbe essere il collante tecnico perfetto fra le improvvisazioni a briglie sciolte di Cassell e Payton, la potenza e l'intelligenza tattica di Anthony Mason, l'atletismo del suo omonimo Desmond, il tiro mortifero di Michael Redd. Dopo che è stato liberato dalla presenza ingombrante di Glenn Robinson la situazione non è migliorata, vedremo che accadrà  ora che non c'è più nemmeno Allen.

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7-NEW ORLEANS HORNETS
La stagione degli Hornets non rende giustizia al talento presente nel roster, che farebbe presagire ben altre posizioni in una Eastern Conference in cui quasi nessuno può vantare un roster altrettanto profondo e ben distribuito. La stagione era iniziata alla grandissima, con solo 7 sconfitte nelle prime 24 gare. Il 15 Dicembre è iniziato un tremendo periodo con 3 vittorie in 15 gare, e da allora vanno avanti fra alti e bassi ma senza impressionare particolarmente.
COSA VA
Jamal Mashburn è riuscito ad ottenere la convocazione per l'All Star Game grazie ad una stagione solida e continua, impreziosita dal primo cinquantello della sua carriera, ottenuto poco tempo fa; 21.6 ppg, 6.2 rpg e 5.2 apg sono statistiche di assoluto valore.
Ottima la stagione di David Wesley, che continua a sdoppiarsi fra il ruolo di playmaker atipico e quello di off guard, ma non smette mai di metterla nel paniere altrui: è soprattutto grazie a lui che gli Hornets hanno la quarta miglior percentuale da tre della lega.
Da sottolineare anche l'ottima stagione di Magloire, il canadese ha strappato il posto di centro titolare al veterano Campbell relegandolo in fondo alla panca, tanto che alla fin fine Campbell è stato ceduto ed ora Magloire è indiscusso padrone del pitturato degli Hornets; sotto i tabelloni trova un sostanzioso aiuto nella solita, soffocante continuità  di P.J. Brown, per l'ennesima stagione uno dei migliori interpreti difensivi del ruolo di PF.
COSA NON VA
Il vero disastro della stagione degli Hornets è stato l'infortunio a Baron Davis, un giocatore impossibile da sostituire: ci proverà , almeno fino a fine anno, Kenny “Chibbs” Anderson, arrivato da Seattle in cambio di Campbell.
Ricondurre però tutti i guai della squadra all'assenza del proprio miglior giocatore sarebbe riduttivo, perchè in realtà  i problemi sono più profondi e strutturali: nonostante statistiche nella media (in quasi tutte le categorie svariano fra la decima e la diciottesima posizione, sia in attacco che in difesa) quello che proprio non va è l'assoluta mancanza di cuore, di grinta,di quel “quid” che trasforma un buon giocatore in un campione e una buona squadra in una squadra vincente.
E' facile attendersi che ancora una volta ai playoffs daranno filo da torcere a chiunque, dominando per lunghi tratti le gare, salvo poi sprecare banalmente tutto nel momento decisivo.
OBIETTIVI
Il talento presente in squadra legittimerebbe richieste di puntare al titolo nella Eastern, in realtà  nessuno si aspetta sul serio un risultato così, sarebbe già  eccezionale arrivare alla finale di conference.
LA CHIAVE
Innanzitutto il recupero del Barone, per poter sfruttare al meglio Wesley lontano dalla palla, alternando la sua tecnica e intelligenza con le qualità  atletiche di Courtney Alexander. Come detto, però, anche una perfetta quadratura tecnica del cerchio potrebbe non bastare se i giocatori non metteranno in campo qualcosa in più di quanto mostrato finora.

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8-PHILADELPHIA 76ERS
Pensi a Phila e immagini un Iverson pirotecnico in campo e fuori, un Brown costantemente sull'orlo di una crisi di nervi, una squadra magari asfittica in attacco ma tostissima in difesa. Vai a guardare e trovi invece un Iverson molto, troppo sotto controllo, quasi mai polemico con coach Brown che, per parte sua, resiste alla tentazione di stravolgere la squadra in sede di mercato, e una squadra dal rendimento molto altalenante, che infila striscie anche di 10 vittorie su 11 gare per poi subito dopo incappare in 14 sconfitte su 17 partite.
COSA VA
Nessuno ha veramente impressionato finora, l'unico a tenere costantemente un rendimento di alto livello è stato Snow, che come al solito da' tutto quello che ha in marcatura sull'avversario diretto, ma in attacco non si tira mai indietro: 12 punti abbondanti a partita col 44% dal campo, è ormai stabilmente la terza opzione della squadra.
Positivi anche Kenny Thomas, che pur giocando solo 28 minuti a partita è il miglior rimbalzista della squadra, e Keith Van Horn, che fornisce sempre un contributo apprezzabile in attacco non solo tirando da fuori ma anche buttandosi sotto canestro con grinta e convinzione, anche se in difesa resta tutt'altro che un fattore.
COSA NON VA
E' sempre difficile puntare il dito contro un giocatore così, ma al momento uno dei maggiori problemi di Phila, se non il principale, è Allen Iverson: certo, 27 punti abbondanti, più di 4 rimbalzi e 4 assist e 3 palle rubate a partita, ma anche quasi 4 palle perse e soprattutto un agghiacciante 27% da tre: più in generale sembra aver perso il sacro fuoco che lo animava quando i Sixers facevano paura proprio a tutti: non fa più polemica, è meno egoista ma gli capita anche di estraniarsi dalle gare.
I Sixers hanno perso efficacia difensiva con le varie trades che si sono succedute, non sono più la difesa intimidatrice e soffocante delle stagioni scorse, mentre in attacco il problema grosso restano i tiri da fuori: detto di Iverson, bisogna ricordare anche il 37.8% di Van Horn, il 26% di Coleman, il 27% di Buckner, il 32% di McKie fino ad arrivare al 16.3% di Snow.
OBIETTIVI
Superare il primo turno di playoffs, senza troppe velleità  di titolo nella Eastern, ma soprattutto mettersi attorno ad un tavolo a fine stagione, comunque sia andata, e valutare se non sia il caso di chiudere il ciclo-Brown e ricominciare da capo. Sempre che la dirigenza non si faccia venire la pazza idea di chiudere invece il ciclo-Iverson!
LA CHIAVE
Gli interrogativi dei tifosi sono molti, ma alla fin fine tutto si riduce alla Risposta, The Answer per eccellenza: questi Sixers sono molto più deboli, tecnicamente ed emotivamente, di quelli di due anni fa, quindi o Allen I alza notevolmente il livello del suo gioco o saranno dolori.

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9-ORLANDO MAGIC
Come sempre nelle ultime stagioni i Magic vivono tutta una stagione sul filo del rasoio, in bilico in quel limbo fra l'ultimo posto utile per i playoffs e il primo fra quelli che sfidano la sorte alla lotteria.
COSA VA
E' quasi inutile rimarcare il fatto che tutte le speranze di Orlando sono riposte nel loro giocatore-franchigia, Tracy McGrady. Stagione assolutamente strepitosa per il miglior marcatore stagionale, che sta ingaggiando una appassionante lotta a tre con Kobe e Garnett per il titolo di MVP.
COSA NON VA
Il problema cronico dei Magic è l'assoluta incapacità  di difendere il proprio tabellone, e questa stagione non fa eccezione: penultimi nei rimbalzi difensivi, terzultimi nelle stoppate, penultimi anche nella percentuale dal campo concessa agli avversari. Per questo motivo hanno sacrificato Mike Miller, che salvo ognuno è stato Rookie of the Year non più di tre anni fa, per arrivare a Drew Gooden, sperando che l'ex Jayhawk porti atletismo e presenza a rimbalzo ad una squadra disperatamente bisognosa di una mano sotto i tabelloni.
Parlando di problemi cronici è impossibile non menzionare l'ennesima stagione-calvario per Grant Hill, ormai anche i più ottimisti non nutrono più speranze di rivederlo in campo con costanza, e qualcuno si chiede se a questo punto non sia meglio per l'ex Duke appendere le scarpe al chiodo, piuttosto che continuare ostinatamente verso un pieno recupero che sembra quanto mai lontano.
OBIETTIVI
Raggiungere i playoffs sarà  una lotta come al solito, ma i Magic sono abituati alla bagarre e niente lascia pensare che non possano farcela anche quest'anno.
Difficile però immaginare che facciano molta strada una volta raggiunto l'obiettivo agognato, e a quel punto verranno i dolori veri; Gabriel ha fatto male qualche conto, quest'estate doveva essere il momento dell'assalto a Tim Duncan, e invece sarà  già  una fortuna se avranno soldi abbastanza per portarsi a casa un Loren Woods…
LA CHIAVE
Difendere alla meglio il proprio tabellone, marcare stretto il proprio uomo visto che quando qualcuno viene battuto sul perimetro gli avversari vanno facili fino al capolinea, mancando totalmente intimidazione, ma anche punire con costanza sugli scarichi dell'ineffabile TMac.

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10-WASHINGTON WIZARDS
Una stagione che ha portato ben poche emozioni per i tifosi della capitale che non fossero legate alle ultime pennellate d'autore di MJ. Annata scialba, senza infamia e senza lode, costantemente in bilico fra l'ottavo e il nono posto nella Eastern.
COSA VA
MJ, MJ, fortissimamente MJ: sarebbe ridicolo pretendere che tenesse medie kobesche ogni serata, ma più o meno una gara ogni quattro-cinque sembra ringiovanire di dieci anni, e in quelle serate tendenzialmente non ce n'è per nessuno.
Se guardiamo solo alle cifre la stagione di Stackhouse è al di sopra di ogni sospetto (22+4+5), ma in realtà  non sta riuscendo a prendere per mano questa squadra, se non ci pensa MJ sono dolori.
COSA NON VA
Kwame Brown aveva illuso un po' tutti con una prima settimana spettacolare, ma poi è rapidamente ripiombato nella mediocrità , da cui viene fuori con lampi occasionali. E' ancora presto per dare giudizi definitivi, per un liceale è più giusto aspettare a fare i conti almeno fino alla fine del terzo anno, certo che per i tifosi dei Wizards vedere Stoudemire dev'essere un tormento.
Per il resto è difficile trovare qualche giocatore davvero disastroso, sono più o meno tutti sullo stesso, mediocre piano. Un' occhiata alle statistiche di squadra però ci dice qualcosa sulle carenze complessive dei Wizards: sono sestultimi o peggio in punti totali, percentuale da tre, rimbalzi offensivi, difensivi e pure assist! Insomma una squadra con una brutta circolazione, senza playmaker degni di questo nome, debole sotto canestro e anche insufficiente nel tiro da fuori.
OBIETTIVI
Se MJ tiene duro ancora un po' i playoffs sono alla portata, ma Stack deve dargli una mano perchè il solo Air non può bastare. Quest'estate ci sarà  qualche soldo per andare sul mercato, non tantissimi a dir la verità  ma almeno si può cercare di coprire un paio di falle.
LA CHIAVE
Riuscire tenere botta quanto più possibile senza MJ, per poterselo permettere fresco nei finali di gara: se Stack e gli altri riescono a non fargli giocare più di 25-30 minuti, allora ogni partita punto a punto è teoricamente terreno di conquista. Se accade il contrario i Wiz sono semplicemente troppo carenti in tutti i reparti per poetr aspirare ai playoffs.

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11- CHICAGO BULLS
Doveva essere la stagione del rilancio, quella in cui si dovevano iniziare a raccogliere i primi frutti di quanto seminato nelle ultime stagioni, e invece i tifosi rossoneri devono rimandare i sogni di gloria di un altro anno ancora. A ben vedere il roster è talmente giovane, futuribile e talentuoso che una stagione di attesa in più non fa male a nessuno, però in un contesto come quello della Eastern, in cui a parte le prime quattro le altre fanno a gara a chi gioca peggio, qualche risultato in più era lecito attenderlo.
COSA VA
Bene, anzi benissimo Donyell Marshall, il veterano proveniente da Utah si è affermato come uno dei giocatori più efficienti della lega: 14+9 (e sesto rimbalzista offensivo della intera lega) in soli 30 minuti di utilizzo medio sono cifre eccellenti.
Sicuramente buona la stagione di Marcus Fizer e Jamal Crawford: il primo è stato fermato sul più bello da un grave infortunio, il secondo si è affermato con prepotenza confermando quello che di buono si diceva su di lui, soprattutto riguardo al suo carattere intraprendente; pure troppo intraprendente a dirla tutta, dato che ormai non fanno più notizia le sue aspre frizioni col rookie Jay Williams.
Senza infamia e senza lode la stagione di Jalen Rose: l'ex fab five ha cifre di tutto rispetto (23 + 4.4 rebs + 4.8 ast, ma anche 3.5 perse), ma come spesso gli è accaduto ha perso piuttosto in fretta l'entusiasmo: non si può dire che giochi con sufficienza ma di certo sembra aver di nuovo addosso quel velo di apatia, quel senso di “potrei ma non ne ho voglia, perchè non mi meritate” che tanto male ha fatto alla sua carriera, insomma non certo l'atteggiamento che vorresti da colui che dovrebbe essere il leader e modello per i giovani.
Non si può non parlare di Chandler e Curry: se non ci fosse Stoudemire si potrebbe parlare di stagione nel complesso positiva, hanno mostrato entrambi un miglioramento costante, con improvvisi lampi di talento purissimo (Chandler addirittura è stato fra le nomination per il titolo di player of the week nella settimana 15). Di certo hanno anche mostrato preoccupanti lacune in certi aspetti del gioco che non si possono insegnare (ad esempio una certa “morbidezza” in campo e refrattarietà  al lavoro in palestra); sono ancora giocatori in divenire, un primo giudizio lo si potrà  dare solo al termine della prossima stagione.
COSA NON VA
La più grossa delusione è Jay Williams, anche se trattasi di delusione relativa: le sue cifre non sono poi così tremende, 10 + 5 + 3 in 28 min, ma anche percentuali a dir poco disastrose (37% da due, 26% da tre, 61% ai liberi), sta di fatto che un giocatore dotato di cotanto talento, intelligenza, abitudine a giocare sotto pressione, doveva e poteva fare di più. Fuori dal campo inoltre si è dimostrato parecchio nervoso e si è spesso lamentato (per interposta persona, cosa molto più grave) di quanto il triangolo non gli vada a genio. Ovviamente non è una bocciatura ma una semplice rimandatura, ha solo bisogno di imparare qualche regola non scritta della lega (e tirare tanti liberi in allenamento) e poi potrà  essere un fattore anche nell'NBA.
Non si può non parlare anche di Krause e Cartwright; come detto, la stagione è deludente ma non certo disastrosa, quello che lascia francamente perplessi è la gestione tecnica della squadra: con tanto materiale giovane a disposizione, con un backcourt titolare Rose-Williams tutto genio e sregolatezza, non sarebbe stato forse più proficuo, sia a breve che a lungo termine, mettere da parte tanta intransigenza nel voler seguire a tutti i costi i dettami del triangolo? A nostro umilissimo parere con un sistema di gioco più “a briglie sciolte” i Bulls avrebbero avuto forse qualche W in più e miglioramenti individuali più sensibili, e sicuramente molti, moltissimi musi lunghi in meno.
OBIETTIVI
“La strada è ancora lunga, bimbi” potremmo dire parafrasando una vecchia pubblicità : non si può che concentrarsi sulla crescita del materiale umano a disposizione, ma dall'anno prossimo i miglioramenti in termini di risultato dovranno essere piuttosto marcati, la pazienza dei tifosi non è infinita.
LA CHIAVE
Fare esperienza, tanta esperienza, allenarsi parecchio al tiro da fuori (terzultimi nelle triple) e sperare che Rose si faccia venire la voglia di fare il leader a 360°.

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12-ATLANTA HAWKS
Il rapporto attese-risultati è fra i più drammatici di sempre: prima dell'inizio della stagione Lon Kruger aveva lanciato l'ormai dileggiatissimo motto “soddisfatti o rimborsati”, promettendo senza mezzi termini l'accesso ai playoffs… non ha mangiato il panettone (o quel che mangiano nella terra di Rossella e Rhett in occasioni simili).
Stagione senza mezzi termini disastrosa per una squadra che sulla carta sembrava avere il talento necessario per giocarsela a fondo con tutte le squadre del Levante.
COSA VA
Ehm… passaparola! Non si potrebbe avere la domanda di riserva?
COSA NON VA
Non si può non iniziare da Glenn Robinson: statistiche apparentemente buone (20 + 7 col 43%, però anche quasi 4 palle perse), ma dopo una prima settimana stellare (con tanto di titolo di Player of the Week) ha combinato veramente pochissimo di concreto: in poco più di due mesi è passato dall'essere il salvatore della patria, il fiore all'occhiello dela campagna acquisti-cessioni di Babcock, il grande campione acquisito in cambio di un piatto di ceci e un cavaturaccioli, all'essere il giocatore di gran lunga più odiato dai propri tifosi di tutta la lega: un cambio di prospettiva improvviso e clamoroso, ma non immotivato: certo i suoi punti li fa sempre, ma non passa l'arancia nemmeno sotto tortura (un assist all'incirca ogni 14 minuti, in compenso è fra i primissimi della lega per palle perse), fa andare i compagni fuori ritmo, si prende tiri non previsti dal playbook nè dal buonsenso, e per quanto riguarda la fase difensiva, beh, osserva.
Non certo esenti da colpe gli altri due “big three”: Abdur-Rahim mette il suo 20 + 8 col 46% dal campo ma senza entusiasmare, e soprattutto resta assolutamente deficitario sul piano dell'intraprendenza, in sostanza prende solo i tiri che gli altri due non hanno voglia di prendersi (ben pochi, quindi). Terry forse dei tre è il meno criticabile, è fra i migliori della lega negli assist ma resta insanabilmente bloccato nel suo equivoco tattico, sospeso fra il play e la guardia.
Nel complesso i tre suddetti mettono assieme solo 12 assist a fronte di ben 9 palle perse, non la statistica che vorresti dai tuoi giocatori-chiave.
Qualcosa va detto anche del manico della squadra: Kruger e Stotts si sono avvicendati senza grandi cambiamenti, a dire il vero con Stotts gli Hawks difendono meglio e hanno pure inanellato 5 vittorie su 6 gare a fine Gennaio, ma in sostanza la squadra difende ancora male e attacca peggio, e la colpa non può non ricadere almeno in parte su chi disegna gli schemi.
OBIETTIVI
Il vice presidente della società  che controlla la squadra ha definito emblematicamente gli Hawks “una aberrazione”; è facile pensare che si sia alle soglie di una drastica ristrutturazione a cominciare dai giocatori, passando per il coach per arrivare forse fino a Babcock, che pure quest'estate era l'eroe cittadino. I giocatori sono stati messi tutti in vendita molto esplicitamente, a cominciare proprio dai big three, resta il fatto che anche trovando qualcuno disposto a prenderli è difficile pensare ad un upgrade sensibile, visto che il valore di scambio dei suddetti è ai minimi storici.
LA CHIAVE
Cambiare allenatore prendendo qualcuno che parli poco e lavori molto sodo, scegliere un nucleo di tre-quattro giocatori di sicura affidabilità  e partire con una drastica rifondazione. Nel frattempo cercare di non rendersi troppo ridicoli.

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13-MIAMI HEAT
Un'altra stagione ne' carne ne' pesce per gli Heat e per la disperazione di Pat Riley: il coach con la brillantina l'anno scorso ha subito per la prima volta in carriera l'onta di non raggiungere i playoffs, ma purtroppo per lui sembra che non sarà  un episodio isolato. La squadra langue nelle ultime posizioni della Eastern Conference senza dare grossi segni di risveglio, c'è qualche soldo da spendere in estate ma non tantissimi, ci sono giocatori di alto livello ma nessun campione vero, insomma una squadra nel complesso mediocre, una vera macchia sul curriculum del suo allenatore-manager: piange il cuore a dirlo, perchè di uomini e coach così nell'NBA ce n'è pochi, ma non può essere che sia giunto il momento di prendersi una pausa?
COSA VA
Ottima la stagione del rookie Caron Butler, graziosamente donato a Riley dalle altre squadre che non lo hanno ritenuto degno di una chiamata prima della decima posizione al draft: sta giocando bene, pur con tutti gli alti e bassi dei rookie, ma sembra nell'NBA da anni ed è già  il go-to-guy della squadra.
Buono anche il rendimento difensivo, le squadre di Riley possono anche essere spazzate via ma non mollano mai senza combattere, gli Heat sono la seconda miglior squadra difensiva per quanto riguarda i punti e prima per assist concessi agli avversari.
COSA NON VA
Non si può dire che Eddie Jones stia giocando male, 18 punti + 5rebs scarsi + 3ast abbondanti sono cifre di tutto rispetto tenendo conto che da' sempre un buon apporto anche in difesa, però come al solito ci si aspetterebbe un atteggiamento diverso da un giocatore che, salvo ognuno, dovrebbe essere (ed è pagato come) la superstar della squadra: insomma, prende meno tiri di Butler e solo qualche decina più di Malik Allen (!!!), e continua a non scacciare la scomoda, lapidaria etichetta di “choke” affibbiatagli da Shaq.
Idem con patate per quanto riguarda Brian Grant, stesso contratto mastodontico e stesso rendimento in astratto buono (sopra i 10 rimbalzi senza problemi, sempre un grande apporto in termini di fisicità , impegno e difesa), ma se andiamo a vedere quanto è pagato e quale dovrebbe essere il suo peso sulla squadra, beh, non si può che ritenerlo insufficiente.
Poi non si può non parlare del fatto che gli Heat entrano di diritto nelle nomination per l'oscar di peggior squadra offensiva della lega: penultimi per punti e percentuale dal campo, ventiduesimi per percentuale da tre, ultimissimi negli assist,
OBIETTIVI
I playoffs sono un miraggio, la situazione in classifica è brutta ma non tanto da renderli una delle favorite per il LeBron derby, in estate si potrebbe dare la caccia a qualche FA con buone speranze di successo, ma scordandosi i pesci più grossi…
LA CHIAVE
Come detto, gli Heat sembrano proprio non essere ne' carne ne' pesce, si potrebbe cominciare scambiando uno fra Jones e Grant. Dal punto di vista tecnico c'è poco da dire, non c'è nessuno nel roster in grado di costruire gioco, tanti giocatori in grado di creare un tiro per se' o di impedirlo all'avversario, ma nessuno che possa rendere migliori i compagni; con tali premesse è difficile pensare a margini di miglioramento.

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14-TORONTO RAPTORS
Bersagliati dalla sfortuna, i Raptors hanno commesso sostanzialmente un solo grosso errore negli ultimi anni, lasciarsi prendere dall'euforia per gli ottimi playoffs di due stagioni fa e strapagare qualche giocatore di troppo, e stanno pagando ben oltre i loro demeriti. Stagione assolutamente deprimente, con pochissime luci. Cinque vittorie in sei partite nella prima metà  di Febbraio fanno ben sperare quantomeno nella possibilità  di salvare la faccia e l'onore.
COSA VA
Buona la stagione di Voshon Lenard, 15 punti in 30' di utilizzo medio, e 18 volte miglior marcatore della squadra, oltre le aspettative anche quella di Rafer Alston, il celeberrimo “Skip to my Lou”, vera superstar del basket dei playground che dopo vari tentativi infruttuosi sembra essere riuscito a dimostrare che può ritagliarsi un posticino anche fra i pro.
COSA NON VA
Sicuramente hanno avuto tanta sfortuna sotto forma di infortuni a raffica, ma il cap ingolfato li ha costretti a perdere Clark, giocatore fondamentale nell'economia della squadra e forse l'unico con Peterson ad avere importanti margini di miglioramento; inoltre anche se il talento è quello che è, non si può non sottolineare come i Raptors giochino davvero male: non prendiamoci in giro, Wilkens è l'allenatore più vincente della storia ma presto sarà  anche il più perdente, massimo rispetto per l'uomo ma l'allenatore è ormai cotto e stracotto, buono solo per una grandiosa festa d'addio e una dignitosissima pensione, nell'attesa di entrare nella Hall of Fame.
OBIETTIVI
Col ritorno di Vince Carter c'è quantomeno la possibilità  di togliersi qualche soddisfazione episodica, cadere ma con onore, poi quest'estate bisognerà  inventarsi qualcosa per dare una rinfrescata all'ambiente.
LA CHIAVE
Che Vincredible resti in salute e ritorni a volare, non foss'altro perchè c'è bisogno di un po' di ottimismo e buonumore nell'ultimo avamposto NBA rimasto al di fuori degli Usa.

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15-CLEVELAND CAVALIERS
Difficile giudicare una squadra che certamente lavora per il futuro, ha ottime prospettive e una base di giocatori più che valida su cui lavorare, ma che sembra anche avere le idee particolarmente confuse, ed una insanabile tendenza all'autolesionismo.
COSA VA
Indubbiamente Ricky Davis: di certo tira troppo, male, con pochissimo criterio, e ha la tendenza a fare un po' troppo il polemico rispetto a quello che ha conseguito finora, però ha dimostrato di poter segnare a piacimento contro chiunque, di avere carattere e di poter diventare, se ci si lavora un po' su, un giocatore NBA a tutto tondo (non solo 21 punti a gara, anche 5 assist e buone prestazioni difensive quando ne ha voglia); nel frattempo godiamoci le sue elettrizzanti escursioni sopra il ferro (ok, ha fatto un po' troppo lo sborone, però in tutta la lega il più serio candidato a far vedere i sorci verdi a JRich, là  dove l'aria si fa più rarefatta, era di certo lui), senza dimenticarci che ha un altissimo rapporto rendimento/costo: all'interno della ristetta elite di quelli che hanno scollinato almeno una vola sopra il quarantello (ben tre volte, niente male) è di gran lunga quello pagato meno, quasi un terzo rispetto a uno Houston o un McGrady, o se volete poco più che un sesto di Garnett.
Eccellente anche il rendimento di Ilgauskas, un pelo sotto ai 18 + 8 con due stoppate in solo 30' di utilizzo, statistiche fenomenali ma col solito punto interrogativo riguardo alla sua tenuta fisica: se riesce a non infortunarsi è uno dei migliori 3-4 centri della lega senza discutere, ma non è una novità .
COSA NON VA
Va bene scaricare Lamond Murray, ormai inutile anzi dannoso per l'ambiente nello spogliatoio, ma perchè accollarsi in cambio il contrattone di Yogi Stewart, uno dei più indigesti della lega? Perchè cacciare Lucas accusandolo degli scarsi miglioramenti visti nella squadra (ma come, l'obiettivo non era perdere più gare possibile?), quando se c'è una persona adatta ad insegnare ad un giovanotto viziato come si sta al mondo è proprio “Luke”? Senza contare che questa bella mossa ha dato parecchio fastidio niente meno che al Prescelto, il cui parere al momento è più influente di quello del sindaco di Cleveland e del governatore dell'Ohio messi assieme.
Fra le note negative della stagione menzioniamo anche Darius Miles, frenato nella sua evoluzione tecnica da alcuni guai fisici, e un Wagner senza paura di niente e di nessuno, ma continuativamente in lite con il canestro (37% da due e 32% da tre), anche se entrambi hanno tutte le possibilità  per lasciare il segno nella lega in futuro.
OBIETTIVI
L'Obiettivo è portarsi a casa il Bambino d'Oro, e per farlo il modo migliore è risultare a fine stagione quelli con più “L” nel tabellino (anche se la cabala lo sconsiglia): obiettivo che pare ampiamente alla portata, certo che anche se dovesse arrivare LeBron i Cavs sono lontanissimi dall'avere anche un minimo abbozzo di squadra o progetto tecnico, se invece non arriva è lutto nazionale.
LA CHIAVE
Il destino dei cavalieri è tutto nella “C-Word”, il “fattore C”, non però nel senso comune di “chimica di squadra”, bensì in quello più triviale di cu… beh, avete capito.
Per dirla tutta, se Lebron non dovesse arrivare più che una disfatta sarebbe una piaga biblica, perchè nonostante il talento a disposizione ci sono ben pochi motivi per cui essere allegri.

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