Power Rankings: West

Chris Webber deve dimostrare di poter portare i suoi Kings al titolo NBA

1-SACRAMENTO KINGS
Non sono la squadra col miglior record, ma certamente sono la squadra da battere. Troppo talentuosi, troppo completi, troppo spettacolari in attacco ma contemporaneamente concreti in difesa.
COSA VA
L'attacco è assolutamente irresistibile, schiera virtualmente tre playmakers contemporaneamente (Christie, Webber e Divac), esegue ormai a memoria i dettami dell'attacco Princeton di Pedro Carrill e rispetto alla scorsa stagione ha uno Stojakovic in più: il serbo ha superato i problemi fisici ed è in forma come non mai.
In difesa la superstar incontrastata è Doug Christie, assolutamente letale sia sull'uomo sia nell'orchestrare una difesa di squadra che grazie all'applicazione e alla dedizione riesce a sopperire ad alcune carenze individuali.
Poi c'è Bibby che ha superato l'infortunio e vuole confermarsi micidiale clutch player, c'è Webber e il suo talento esorbitante, c'è Divac con la sua capientissima valigia piena di esperienza, fondamentali d.o.c. e un milione di trucchi viziosi per prendersi vantaggio sull'avversario, c'è Bobby Jackson, letale sesto uomo che prima dell'infortunio stava dimostrando che in quasi tutte le altre squadre sarebbe titolare fisso. E ancora Pollard, Clark, Jackson…
COSA NON VA
Molti infortuni hanno finora impedito a coach Adelman di schierare con costanza la formazione tipo, e la chimica di squadra potrebbe risentirne. In ogni caso il nemico peggiore dei Kings sono loro stessi: sanno di essere i più forti, e questo a volte li fa scadere nel narcisismo, fino a farsi sorprendere da avversari nettamente inferiori.
Inoltre se prima o poi dovessero trovarsi ad incontrare i Lakers dovranno affrontare anche gli spettri del passato, e la famigerata e terribile “paura di vincere”…
OBIETTIVI
“Go for the gold, just go for the gold!”. Unico obiettivo è vincere il titolo.
LA CHIAVE
Doug Christie: è la vera mente della squadra ma anche il miglior difensore, nei momenti cruciali della stagione ci saranno occasioni in cui Adelman dovrà  scegliere se sacrificarlo in marcatura fissa sull'avversario più pericoloso (diciamo, per esempio, un signorino col numero 8 e tante somiglianze con MJ?), oppure risparmiarlo in difesa per sfruttare la sua lucidità  e visione di gioco in attacco: l'anno scorso in gara 7 contro i Lakers scelse la prima soluzione, Kobe giocò comunque una grande partita e Christie, distrutto dalla fatica, sbagliò quasi tutto nei minuti finali.

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2-DALLAS MAVERICKS
Una partenza quasi da record, 14 W consecutive che hanno destato grandissima impressione in tutta la lega, visto che i texani sembravano finalmente aver affiancato una difesa degna di questo nome ad un attacco esplosivo come sempre. Statisticamente sono la squadra più forte di tutte, ma quello che le statistiche non dicono è che le pochissime sconfitte subite dai Mavs sono state più significative di molte vittorie.
COSA VA
Nowitzki e Nash hanno ormai una intesa che sfiora il paranormale e il loro rendimento è costantemente su standards altissimi; Finley contribuisce con la solita intensità , è più continuo in attacco rispetto alla scorsa stagione e tira dalla distanza come mai in carriera; Bradley non è più uno zimbello per i “brotha” in giro per la lega, si sta dimostrando un vero fattore in difesa e da' il suo anche in attacco; Van Exel sta parlando poco e contribuendo in modo sostanzioso da sesto uomo.
COSA NON VA
Quando giocano in scioltezza sono un vero spettacolo, ma hanno mostrato (vedi gare contro Lakers e Kings) di soffrire psicologicamente le partite importanti contro avversarie dal grande nome, quelle in cui il pallone è più pesante del solito: quando “sentono” particolarmente la partita vanno in difficoltà , eseguono male, tirano con percentuali nettamente inferiori e soprattutto si abbandonano a clamorosi periodi di vuoto difensivo, per minuti e minuti. Inoltre tendono a soffrire quando gli avversari mettono un grande atleta con braccia lunghe in marcatura fissa su Nash, con l'obiettivo di pressarlo a tutto campo per stancarlo fisicamente.
OBIETTIVI
A Cuban non piacciono le mezze misure, l'idea di puntare a qualcosa che non sia il titolo non lo sfiora nemmeno; in realtà  un obiettivo più realistico per i Mavs potrebbe essere la finale di Conference, qualcosa di meno sarebbe un insulto ad una grande stagione, ma ambire al titolo forse è un passo leggermente più lungo della gamba.
LA CHIAVE
Difesa, difesa e ancora difesa: i miglioramenti rispetto all'anno scorso sono sensibili, certo, ma rispetto alle altre pretendenti al titolo i Mavs sono ancora qualche gradino sotto.

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3-SAN ANTONIO SPURS
Stagione di alti e bassi per gli speroni, che però hanno ingranato una marcia in più proprio nelle ultime settimane: nove-vittorie-nove consecutive in trasferta, record assoluto.
Fra le pretendenti al titolo sono sicuramente quella meno pubblicizzata, ma se sono in giornata possono giocarsela contro chiunque.
COSA VA
Innanzitutto la premiata ditta Duncan-Parker: l'MVP della scorsa stagione ha iniziato lentamente ma sta venendo fuori alla distanza, ben coadiuvato dal francesino che si sta confermando alla grande nella sua seconda stagione fra i pro.
Una sorpresona invece è stato il rendimento di Stephen Jackson che si è ritagliato un posto importante in rotazione a scapito di Steve Smith, banchettando sugli scarichi del caraibico.
Rimane sempre di altissimo livello la difesa, grazie al solito Duncan e ad un Robinson che in attacco fa sempre più fatica, ma nella sua metà  campo sa ancora essere un fattore.
COSA NON VA
Come al solito la cura-Popovich fa sì che il rendimento difensivo sia sempre di alto livello, ma l'attacco è prevedibile e monotematico: quasi tutte le azioni dei bianconeri sono varianti dello stesso schema per Tim Duncan, e il gioco nasce da quello che fa la difesa contro il caraibico: intendiamoci, Duncan è sempre Duncan e quindi questo può anche bastare a farti vincere una partita, ma in una serie di playoffs gli avversari si adeguano e la luce si spegne.
Stagione di luci ed ombre per David Robinson, più ombre che luci per Steve Smith, eclissi di sole per Mailk Rose, che è stato la rivelazione della scorsa stagione, ottenendo il generoso aumento di stipendio cui puntava, ma non sta fornendo un rendimento degno delle aspettative.
OBIETTIVI
In una eventuale sfida contro Kings, Mavs o Lakers gli Spurs partono indubbiamente sfavoriti, ma questo potrebbe essere più un vantaggio che uno svantaggio; la Finale di Conference è possibile, arrivarci sarebbe un risultato eccezionale, dato che questa per gli speroni è una annata di transizione: a fine stagione scadono i contrattoni, si faranno grandi feste all'Ammiraglio e ci si getterà  sul mercato dei FA con molti milioni di motivi per convincere qualche star ad affiancare Timoteo (il sogno probito, neanche a dirlo, si chiama Jason, gioca a NJ e ha una moglie la cui sola presenza farebbe sciogliere un ghiacciolo da due metri di distanza).
LA CHIAVE
Il rendimento dei tiratori da fuori: se le percentuali dei cecchini sono basse le difese si stringono su Duncan, e da solo neanche lui può farcela; inoltre, come detto, il problema grosso dell'attacco degli speroni è la prevedibilità : per questo motivo diventa assolutamente vitale l'apporto di fantasia ed improvvisazione che nella squadra bianconera può venire solo da due nomi: Tony Parker (e infatti la grandissima serie positiva è coincisa con un momento felice del francesino) e Manu Ginobili; il recupero del talento di Bahia Blanca sarà  fondamentale proprio per l'apporto di imprevedibilità  ed esplosività  che può conferire alla squadra.

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4-PORTLAND TRAIL BLAZERS
La prima parte di stagione sembrava riprodurre un canovaccio già  visto in passato: gare difficili vinte in scioltezza, altre gare apparentemente alla portata perse nettamente quasi senza lottare, confusione tecnica portata dalla troppa abbondanza, grossi guai sul piano disciplinare fuori dal campo. Qualcosa però sembra essere cambiato negli ultimi mesi e i Blazers stanno vincendo e convincendo, fornendo prestazioni costanti.
COSA VA
Cheeks sembra avere trovato l'ottimale quadratura del cerchio: dopo essere stato a lungo indeciso su quale scegliere fra i suoi tre playmaker, ha tagliato la testa al toro relegandoli tutti e tre in fondo alla panchina, dando fiducia al trio di esterni Pippen-Anderson-Wells.
Grande merito delle vittorie della squadra va alle prestazioni di Rasheed Wallace, che dopo aver toccato il punto più basso della sua stagione con la sospensione per minaccie ad un arbitro è salito in cattedra giocando con quella grinta e voglia di vincere che gli è sempre mancata.
Sheed è il braccio, Scottie Pippen è la mente: dopo un paio di annate-no sta ricordando a tutti perchè il più grande di sempre, per vincere degli anelli, ha avuto bisogno di avere accanto la sua incombarabile versatilità .
Una buona notizia è che, a meno di cataclismi, i Blazers dovrebbero riuscire ad evitare di incontrare i Lakers, loro bestia nera, al primo turno di playoffs…
COSA NON VA
Trattandosi dei Blazers non si può prendere niente per scontato, la situazione che ora è idilliaca potrebbe esplodere da un momento all'altro.
Dal punto di vista tecnico bisogna far notare che il gioco rossonero dipende quasi interamente da Pippen, che dopo più di 1200 gare in NBA potrebbe rischiare di trovarsi facilmente senza benzina nei momenti cruciali di una lunga serie di playoffs: e quando esce lui si spegna la luce, a prescindere da chi fra McInnis, Daniels e Stoudamire si alzi per sostituirlo.
OBIETTIVI
Superare il primo turno di playoffs, poi quel che viene è positivo.
LA CHIAVE
Si riduce tutto al mantenere i nervi ben saldi, a non rovinare tutto come al solito con le beghe in spogliatoio o i problemi extra-basket, oltre al problema suddetto della tenuta fisica di Da Pip.

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5-LOS ANGELES LAKERS
La stagione che non ti aspetti per i campioni in carica, che hanno iniziato la stagione senza Shaq giocando in modo indegno, e quando il #34 è tornato hanno… continuato a giocare in modo indegno; solo quando i dubbi sul fatto che i gialloviola riuscissero a raggiungere l'ottavo posto iniziavano a diventare concreti i losangelini hanno iniziato ad inanellare un paio di buone striscie vincenti (solo 7 sconfitte nelle 27 gare dal giorno di Natale al 27 Febbraio), grazie soprattutto ad un Kobe Bryant elevatosi al di sopra delle umane miserie.
COSA VA
Praticamente solo Kobe, ma che Kobe!!! La prima parte di stagione l'ha dedicata alle triple doppie (5, nessuno come lui, e altrettante sfiorate andando corto per uno o due assist, a causa di sciagurate serate al tiro dei compagni); la seconda ai quarantelli, con la famosa striscia di 9 partite consecutive sopra i 40, per entrare di diritto nel gotha dei marcatori NBA accanto a Jordan e Chamberlain. KB8 viaggia ai massimi di carriera in punti, rimbalzi, assist, steals e percentuale da tre (30.8, 7, 6, 2.3 e 38.3%).
Al suo fianco Shaq è sempre una presenza fisica e tecnica non indifferente, in grado di cambiare il volto di una partita, ma non è ancora in una forma fisica che gli permetta di dominare le partite; grazie al Kobe-Show però può gestirsi con comodo, per arrivare nelle migliori condizioni quando conterà  davvero.
COSA NON VA
Il supporting cast è stato largamente insufficiente per tutta la stagione, denotando un atteggiamento indolente e strafottente indegno di gente che, senza il combo, i tre titoli li avrebbe visti solo in cartolina. Le maggiori colpe possiamo riscontrarle in due settori: tiro da tre e difesa.
Dalla distanza il miglior Laker è Kobe con il 38%, tutti gli altri sono notevolmente distanziati, compresi fra il 36% di Fisher e il 27% di Horry; se teniamo conto di quanto spazio abbiano mediamente i non-combo grazie alle giocate di Kobe e alla sola presenza di Shaq la statistica si commenta da sola.
Sul piano difensivo nessuno dei gialloviola riesce a tenere il primo passo degli esterni avversari, e quindi la difesa va facilmente in affanno visto che Shaq già  quando sta bene non ha tantissima voglia di andare in aiuto, figuriamoci se è al 50% fisico; inoltre il fatto che non riescano a tenere le penetrazioni non è indice di particolari cautele nel non subire tiri da tre, perchè i gialloviola sono ultimissimi nella percentuale da 3 concessa agli avversari.
OBIETTIVI
Per la squadra tricampione del mondo l'unico obiettivo possibile dovrebbe essere il titolo. In realtà  le difficoltà  enormi incontrate in questa stagione ci suggeriscono che, a meno di clamorose sorprese, le vere contenders siano altre e ai losangelini non resti che dare tutto fino alla fine e quantomeno cedere lo scettro a testa alta, preparando una seria rinfrescata all'ambiente da farsi in estate.
LA CHIAVE
Il supporting cast deve tirare meglio da tre, perchè per tutta la stagione la difesa delle avversarie dei Lakers si è concretizzata in raddoppio sistematico di Kobe e Shaq anche a palla lontana, battezzando tutti gli altri anche con 4-5 metri di spazio: questo non è accettabile, se i vari Horry (apparso non tanto svogliato come in passato quanto realmente logoro, svuotato fisicamente ed emotivamente), Fox, Fisher e compagnia cantante riescono a convertire le triple in maniera quantomeno decente il combo è ancora inarrestabile.
Ma anche se i non-combo ritornassero a livelli decenti sarà  comunque fondamentale la forma fisica dei due attori principali in scena: se Kobe non sarà  troppo stanco per lo sforzo prolungato di reggere la suadra sulle proprie spalle, e se Shaq sarà  riuscito a recuperare una buona forma fisica, i gialloviola saranno un cliente più che ostico per chiunque.

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6-UTAH JAZZ
Questi non mollano veramente mai… sono la squadra che ha la più lunga striscia aperta di partecipazioni ai playoffs, e tutto lascia pensare che anche quest'anno riusciranno a mantenerla tale. Stagione di grandissima costanza, dopo un inizio così così.
COSA VA
Innanzitutto Matt Harpring, 18+7 col 50% dal campo e un rendimento incredibilmente costante per un giocatore che aveva la fama di essere un buon role-player, un tappabuchi e poco più, lasciato partire da Phila senza troppi rimpianti.
Da sottolineare anche la stagione di “AK47” Kirilenko, 12+5 con 2 stoppate a partita e il 50.9% dal campo.
Poi chiaramente non si può non evidenziare l'ennesima stagione esaltante dei Dioscuri, nonostante gli 80 anni e passa in due: Stockton smazza quasi 8 assist a gara pur giocando solo 28 minuti di media, Malone va in ufficio con 20, 8 rimbalzi e quasi 5 assist col 46% dal campo, rendimento Webberesco per uno che i detrattori hanno sempre definito un giocatore meccanico, di pura potenza.
Il tutto condito da un gioco corale che si può ben definire il migliore della lega, grazie soprattutto alla presenza dei sunnominati dioscuri e del terzo assist-man di sempre, Mark Jackson: infatti le cifre ci dicono che i Jazz sono i migliori dell'NBA per percentuale dal campo e assist, inoltre sono primi anche nella particolare ma significativa statistica della percentuale di rimbalzi vinti, statistica più importante di quella dei rimbalzi in se', che spesso premia non le squadre più efficaci a rimbalzo ma quelle che tirano e/o difendono male, facendo così aumentare le occasioni in cui c'è un rimbalzo in ballo.
COSA NON VA
A voler cercare il pelo nell'uovo si può definire insufficiente la stagione di DeShawn Stevenson, che sembra essere incappato in un momento di involuzione, e di Greg Osetrtag, che però ha tutte le giustificazioni di questo mondo, visto che ha donato un rene alla sorella.
Più in generale si può dire che i Jazz patiscono le squadre molto fisiche, intimidatorie: tanto per fare un esempio contro i Pistons in due partite hanno segnato 75 e 77 punti, subendo due nette sconfitte.
OBIETTIVI
Superare almeno un turno di playoffs, poi sedersi attorno ad un tavolo con quei due ragazzi di quarant'anni e prendere un paio di decisioni sul futuro, tenendo conto del fatto che ci sono parecchi soldi da spendere nel mercato dei FA, e quindi la fine di un'era potrebbe coincidere con l'inizio di un'altra.
LA CHIAVE
Difendere il proprio tabellone e non andare troppo sotto nel punteggio inizialmente, per poter concedere minuti di riposo ai vecchietti terribili: se si arriva agli ultimi minuti col punteggio in equilibrio e i dioscuri riposati, a vincerti la partita ci pensa Stockton.

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7-MINNESOTA TIMBERWOLVES
Una squadra robusta, quadrata, ben allenata e terribilmente costante (solo una volta hanno subito 3 sconfitte consecutive, e solo 4 volte due consecutive), ma che non da' l'impressione di poter aspirare a battersi ad armi pari con le più forti formazioni del selvaggio West. Per l'ennesima volta KG li porterà  in carrozza ai playoffs, ma è difficile che per l'ennesima volta il viaggio dei lupi non si fermi al primo turno.
COSA VA
The Revolution ha ancora alzato il livello del suo gioco e guida la squadra in tutte le categorie statistiche: primeggia in punti, rimbalzi, assist, stoppate e palle rubate, ed è secondo di poco nella percentuale dal campo al solo Nesterovic, che però ha quasi la metà  dei suoi tiri: i Wolves sono la “one-man band” per eccellenza, nessuna squadra dipende così integralmente dal proprio uomo-chiave.
Minnesota è anche una squadra estremanete ben allenata, soprattutto nell'ambito difensivo: coach Saunders è stato uno dei primi a credere nell'utilizzo massiccio della zona, e i fatti spesso gli danno ragione; dal punto di vista offensivo la squadra è, ovviamente, imperniata su cosa fa KG, ma rispetto ad altre squadre legate indissolubilmente ad un singolo (ad esempio Magic e Spurs) il gioco offensivo dei Wolves è più affidabile, concreto ed efficace: sono terzi nella percentuale dal campo, settimi in quella da tre punti e secondi negli assist.
COSA NON VA
KG è troppo solo, anche a causa degli infortuni: Brandon ha quasi sicuramente concluso anzitempo una ottima (e sottovalutatissima) carriera, Szczerbiack è stato a lungo fuori e comunque il suo rapporto con Garnett resta difficile, gli altri (a parte Nesterovic, che però viene spesso ignorato e utilizzato ancora quasi esclusivamente da specialista difensivo) sono role-players e niente più, non possono certo dare a The Big Ticket il supporto che meriterebbe. D'altronde non bisogna dimenticare che questa situazione è indirettamente imputabile anche al fenomeno di Chicago: in fondo è ampiamente il giocatore più pagato della lega, allo scadere dei contratti di quest'anno resterà  l'unico oltre a Shaq con un salario vicino o superiore ai 20M, riceve un salario più che doppio rispetto a quello di altre superstar come Bryant, McGrady o Duncan, e quindi questo diminuisce notevolmente le possibilità  di affiancargli altri grandi giocatori.
OBIETTIVI
Superare il fatidico primo turno di playoffs, che per Garnett e Saunders è ormai una vera maledizione. A seconda di quel che succederà , in estate si dovranno fare due conti, perchè probabilmente Nesterovic andrà  via, indebolendo ulteriormente la squadra, e se non avranno passato il primo turno c'è anche la clamorosa possibilità  che le vie di Garnett e dei Wolves si separino. KG si cercherebbe una piazza con più talento, Minnie riceverebbe in cambio giocatori in numero sufficiente a rifondare in blocco la squadra; si parla di un possibile interessamento alla vicenda da parte di Portland, vedremo…
LA CHIAVE
Riuscire ad ottenere un record che permetta di evitare uno scontro al primo turno con Kings, Lakers e Mavs: in una serie con Utah o Portland il talento di KG potrebbe anche bastare per passare il turno, sempre che il suo rendimento non cali proprio quando il gioco si fa più pesante, come accaduto nelle ultime stagioni.

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8-HOUSTON ROCKETS
Per tutta la stagione il record si è mantenuto di 2-3 partite sopra il 50% di vittorie, e quindi con una prima, affrettata valutazione si potrebbe dire che l'arrivo di Yao Ming è coinciso con un netto miglioramento rispetto alla disastrosa stagione scorsa: in realtà  l'anno scorso, nelle partite in cui Steve Francis ha calcato il parquet, i Rockets sono stati comunque vicinissimi alla soglia del .500, quindi il miglioramento in concreto è stato davvero minimo. Stando così le cose c'è indubbiamente qualcosa che non quadra, perchè da una squadra già  talentuosa in cui viene inserito un giocatore dominante come il cinese ci si aspetterebbe qualcosa di diverso.
COSA VA
Eccellente la stagione di Yao, che si è adattato al gioco NBA con una velocità  che ha sorpreso anche i più ottimisti. Inoltre ha mostrato di non essere solo uno spilungone che sa tirare bene, ma di essere un giocatore coi fiocchi a tutto tondo, molto avanzato quanto a conoscenza del gioco, grandissimo passatore e anche un fattore in difesa. Ovviamente non è esente da qualche piccolo difetto (va potenziato nella parte superiore del corpo, ha mani non fortissime per la sua stazza e soprattutto è troppo altruista, non ha la tendenza a prendersi di forza i tiri che gli spetterebbero), ma sarebbe disumano se fosse il contrario, in realtà  è chiaro a tutti che potrebbe dominare a piacimento l'NBA da qui a pochissimo tempo.
Positiva fino a questo momento anche la stagione del neoacquisto Posey, che si è inserito bene e contribuisce con costanza, di Kelvin Cato, a lungo dileggiato per il suo contratto mostruoso, ma che sta giocando il miglior basket della sua carriera come backup di Yao, e sorprendente anche il rendimento del carneade Juaquin Hawkins, importante pedina come specialista difensivo.
COSA NON VA
Dicevamo che Yao potrebbe essere dominante e portare in alto i Rockets, in una lega con pochissimi centri degni di questo nome; già , potrebbe, se solo i Rockets lo sfruttassero a dovere.
Al contrario per lunghi, lunghissimi tratti di gara il cinese viene letteralmente ignorato e gli si fanno toccare pochissimi palloni; se poi aggiungiamo che non è assolutamente da lui tirare tutti i palloni che gli arrivano, anzi conclude personalmente non più di una azione su tre, capiamo che i Rockets hanno per le mani una Ferrari ma si ostinano a guidarla in seconda, a volte in prima.
Per scovare i colpevoli non c'è bisogno di Poirot, sono sotto gli occhi di tutti e rispondono ai nomi di Steve Francis, Cuttino Mobley e Rudy Tomjanovich. I primi due si ostinano a giocare un basket tutto istinto e niente cervello, scegliendo col lanternino i tiri a più bassa percentuale di realizzazione anzichè foraggiare in post il povero Yao: è uno spettacolo sconfortante vedere il cinese languire toccando pochissimi palloni benchè sia marcato da un Pat Burke, un Blount o un Gadzuric (con tutto il rispetto, si intende), mentre le due (presunte) superstar della squadra sparacchiano tiri su tiri senza alcun criterio. Non può essere esente da colpe il buon Tomjanovich, che conferma la sua fama di grandissimo motivatore e psicologo, ma pessimo tattico: nonostante tutto il talento a disposizione i Rockets sono una delle squadre con l'attacco peggio strutturato di tutta la lega, come confermano le cifre: Houston è penultima negli assist, davanti ai soli Heat.
OBIETTIVI
Raggiungere i playoffs, ovvero vincere la lunga volata che li vede opposti ai Suns, rispetto ai quali hanno fatto un cammino quasi parallelo per tutta la stagione, visto che i Lakers sembrano ormai lanciati e difficilmente raggiungibili, mentre Wolves e Jazz hanno dimostrato ben altra solidità  rispetto ai texani.
LA CHIAVE
Non c'è nemmeno bisogno di dirlo, ormai: sfruttare di più Yao Ming, magari tenerlo in campo 30 minuti anzichè 40 per non sfiancarlo, visto che la sua condizione fisica è ancora inadatta ad una stagione NBA full-immersion, ma quando è in campo bisogna fargli toccare il pallone almeno una volta ad ogni azione.

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9-PHOENIX SUNS
Potrebbe essere la stagione della svolta per i Suns: l'arrivo del liceale-meraviglia, Amare Stoudemire, ha portato quella ventata di aria nuova, energìa, voglia di vincere di cui la squadra aveva disperatamente bisogno. I playoffs non sono più un miraggio ma un obiettivo assolutamente alla portata, anche se dovranno fare i conti con la squadra dell'altro candidato forte per il titolo di Rookie of the Year, i Rockets di Yao.
COSA VA
Stoudemire come detto ha portato alla squadra entusiasmo, forza fisica, atletismo, solididtà  a rimbalzo; il grosso del merito per le vittorie dei Suns va comunque alla premiata ditta Marbury-Marion: Step-On si è messo all'improvviso a giocare anche per i compagni e non solo per le sue statistiche e la sua “rep”, e sta assommando cifre di tutto rispetto, nettamente superiori a quelle della stagione scorsa. Per parte sua “The Matrix” si sta affermando come uno dei giocatori più costanti dell'intera lega, il terminale ideale per qualunque playmaker e un giocatore per cui qualunque allenatore farebbe carte false: certo la creatività  non è il suo forte, ma in ogni maledetta partita è determinante il suo apporto di atletismo, grande difesa, presenza incombente a rimbalzo, chirurgica precisione offensiva e non solo quando viene scatenato in contropiede.
Da non dimenticare anche la buona stagione di Penny Hardaway, uno dei tanti Suns la cui brillantissima carriera è stata brutalmente ridimensionata dagli infortuni: è il miglior tiratore da tre della squadra, il suo apporto di fosforo ed esperienza è vitale per una squadra con tanto atletismo ma ben poca saggezza. Una statistica per tutte: se resta in campo per più di 30 minuti il record dei Suns è 16-6.
COSA NON VA
I Suns tendono a fare la voce grossa contro le avversarie del Levante, ma fanno meno gli spavaldi quando i duri iniziano a giocare: fra le nove squadre in corsa per un posto ai playoffs nel selvaggio West sono quelle con il peggior record contro avversarie della propria conference, e per di più in tutto il Ponente sono quella ad aver giocato meno partite all'interno della conference stessa, a parimerito con i Mavs: insomma, anche se dovessero farcela a raggiungere la post-season non è la statistica che vorresti dalla tua squadra del cuore.
OBIETTIVI
Il finale di stagione sarà  una lunga volata fra loro e i Rockets, due squadre che si somigliano molto: giovani, talentuose, ma anche scapestrate, guidate da due giocatori dal talento abbacinante ma non sempre capaci di trasformarlo in qualcosa di buono per la squadra, e che schierano nelle loro fila i due migliori prodotti (per il momento) dell'ultima nidiata di rookies. Anche se non dovessero farcela la stagione si può comunque considerare positiva.
LA CHIAVE
Marbury dovrà  dimostrare di essere veramente maturato quando, nel finale di stagione, ogni pallone peserà  il doppio: se al posto del Dottor Jekill visto finora dovesse tornare alla superficie il Mister Hyde finora predominante nella sua carriera, le speranze dei Suns si scioglieranno come neve al sole.

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10-GOLDEN STATE WARRIORS
Una delle grandi sorprese stagionali, i guerrieri sono passati ad essere da squadra-barzelletta della lega ad un osso durissimo per tutti, anche per le corazzate della Western Conference. sono partiti male, dopo la W all'esordio 6 sconfitte consecutive e 8 nelle prime dieci gare, ma poi hanno iniziato ad ingranare e da allora non hanno mai perso più di tre partite in fila, inanellando invece lunghi periodi positivi. La matematica li vede addirittura in piena bagarre per l'ottava piazza, essendo a poche lunghezze di distacco dall'ultimo posto utile per i playoffs, ma forse è meglio non correre troppo con l'immaginazione.
COSA VA
Il grosso del merito non può che andare a coach Musselman, che ha portato un'aria nuova in spogliatoio: i Warriors giocano con schemi semplici ma molto efficaci, tanto da essere secondi per punti segnati. La caratteristica principale di coach Muss (o il suo peggior difetto, secondo i detrattori) è quello di gestire i giocatori con criteri ben poco seguiti nell'NBA: gioca solo chi viene ritenuto in grado di contribuire, se qualcuno non soddisfa il coach il resto della gara se lo guarda dalla panchina, anche se trattasi di una delle stelle della squadra; secondo il luogo comune NBA, Musselman rischia di non durare moltissimo con questo sistema, in una lega in cui comandano i giocatori. Staremo a vedere…
I Warriors sono anche una delle migliori squadre quanto a presenza sotto canestro, sono primi nei rimbalzi offensivi e totali e quarti nelle stoppate, c'è da dire però che scendono al quarto posto se si considerano i rimbalzi presi in percentuale: questo perchè giocano ad alto ritmo, tirano tanto e male e difendono peggio.
Fra i giocatori più importanti non si può non menzionare il minuscolo Earl Boykins, arrivato a stagione iniziata dopo un pellegrinaggio fra varie squadre; accolto subito dai tifosi come mascotte della squadra, ha invece fatto vedere da subito di non essere un giullare ma un giocatore, e un signor giocatore: 10+4 assist in 21', tirando col 44% dal campo e il 41% da tre. Ha giocato la prima gara con minutaggio decente il 29/11, da allora i Warriors hanno un record saldamente sopra il 50% di vittorie, al momento 25-19.
Notevole anche la stagione di Troy Murphy, un vero lottatore, 12+10 abbondanti (miglior rimbalzista della squadra, nono della lega e primo bianco in assoluto) in 32' di utilizzo medio.
COSA NON VA
Danny Fortson è ormai da tempo saldamente in fondo alla rotazione, a causa del fatto di preoccuparsi sempre più per le proprie statistiche che per il bene della squadra: nessuno sopporta più lui e le sue lamentele continue, ma non è stato possibile (per ora) trovare quacluno disposto a portarselo via offrendo qualcosa di decente in cambio.
Jason Richardson dopo una ottima stagione d'esordio ha evidentemente ritenuto di essere già  arrivato anzichè solo agli inizi di carriera, ha affrontato con troppa presunzione questa stagione e non sta mostrando alcun miglioramento, anzi semmai un'involuzione: 39% dal campo e 38% da tre non sono statistiche di tiro degne di un giocatore che aspira a diventare una superstar, inoltre ha tirato ben 819 volte andando in lunetta solo 190, meno di Murphy e solo qualche manciata in più di Boykins, che gioca 10' in meno e non è propriamente il vostro consueto “slasher” tutto fisico, esplosività  e arrembaggi a difesa schierata! Aggiungiamoci le sue continue lamentele per il fatto che Musselman non si fa nessuno scrupolo a tenerlo in panchina per minuti e minuti (perchè lo fa? guardate più sotto) e avremo il quadro di un giocatore che ha bisogno di fare un bel bagno di umiltà : va bene le due vittorie in fila alla gara delle schiacciate (gare comunque in tono minore per la mancanza di tanti legittimi contenders), ma non ha ancora dimostrato veramente niente, e nell'NBA i giocatori che non hanno voglia di migliorarsi fanno una brutta fine.
Il giudizio su Arenas è controverso: sicuramente le statistiche sono eccellenti, 17 ppg, 4.8 rpg, 6.2 rpg e 1.6 stl, ma anche 3.3 turnovers e 33% dalla lunga distanza. E' un giocatore elettrico, che da' una grandissima energìa alla squadra, fenomenale in campo aperto e dai tempi di reazione infinitesimali quando c'è da scaricare in traffico: però tutto questo non fa di lui un playmaker, resta una ottima combo-guard che però probabilmente non è in grado di fare il titolare in nessuna delle due posizioni dietro, considerando un'ottica da titolo. Questo non toglie che svariate squadre faranno a gara per coprirlo letteralmente d'oro quest'estate, ma i dubbi restano e si fanno ancor più pressanti quando si parla di difesa.
Ecco, la nota più dolente nell'ottima annata dei californiani è proprio questa: sono ultimissimi per punti concessi agli avversari, e la famosa statistica delle percentuali a rimbalzo ci dice che nessun'altra squadra concede tanti rimbalzi difensivi in percentuale come loro, dato stupefacente se pensiamo che come percentuale di rimbalzi offensivi sono i migliori: cosa ci può suggerire questo dato? Che i giocatori non si applicano, in attacco vanno a rimbalzo come dei leoni perchè il rimbalzo offensivo fa spettacolo e magari va negli highlights, ma in difesa non tagliano fuori e non si applicano: i colpevoli di un rendimento difensivo insufficiente sono ben noti, e rispondono ai nomi di Richardson, Arenas e Dampier.
JRich semplicemente non si impegna a sufficienza, perchè le gambe per difendere le avrebbe; Arenas gioca solo e soltanto per la palla rubata, come faceva al college, ma nell'NBA questo è un difetto imperdonabile, non una caratteristica positiva; Dampier conferma la sua fama di giocatore indolente, incostante e fondamentalmente “morbido”, una vera contraddizione in termini visto che si sta parlando di un signore dal fisico letteralmente erculeo.
Insomma, la realtà  è che questi si sentono li mejo fighi der bigoncio, ma tant'è nei quarti periodi Musselman si affida quasi sempre al trio di “peones” Boykins, Sura e Foyle: meno talentuosi, molto meno atletici, infinitamente meno pubblicizzati, ma si sbattono di più, difendono e fanno quelle piccole cose che vincono le partite, quindi le lamentele stanno a zero.
OBIETTIVI
La qualificazione ai playoffs è matematicamente possibile, ma praticamente impossibile: la stagione è comunque positiva, questa squadra ha bisogno di un paio di ritocchi (ad iniziare dalla cessione di Fortson) e poi dall'anno prossimo potrebbe davvero tentare l'assalto alla post-season.
LA CHIAVE
Sicuramente è obbligatorio stringere più che qualche vite in difesa e a rimbalzo difensivo: le gambe e i fisici per difendere e tagliare fuori ci sono, basta averne voglia.
E' però ancora più importante riuscire a smorzare le polemiche, che stanno montando sempre di più: le lamentele continue di Fortson, Richardson e anche in parte Arenas rischiano di destabilizzare l'ambiente, e lo spogliatoio dei californiani tradizionalmente è più instabile della faglia di San Andreas.

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11-SEATTLE SUPERSONICS
Una stagione di transizione per i Sonics, che in un anno hano rivoluzionato la squadra, cedendo il proprio uomo-franchigia per eccellenza e ponendo solide basi per il futuro, con la conferma di Lewis e l'acquisizione di “Ray Of Light” Allen. La “blockbuster trade” che ha portato Allen a Seattle e Payton a Milwaukee è stato un punto di svolta talmente netto che valutare la stagione dei Sonics fino alla trade non ha molto senso, meglio soffermarsi sul prossimo futuro.
COSA VA
Payton se ne sarebbe andato in ogni caso a fine anno, quindi monetizzare la sua partenza con l'acquisto di un giocatore di purissimo talento come Allen non può che essere positivo. Ora 3/5 del quintetto sono di assoluto valore, con Allen-Barry-Lewis si può andare davvero lontano: tiratori al di sopra di ogni sospetto ma anche ottimi atleti, con buona conoscenza del gioco, lavorano sodo e fanno poche polemiche.
COSA NON VA
Come dicevamo, tre posizioni su 4 sono coperte, il problema sono le altre due: il vuoto in play si può colmare inserendo Radmanovic in quintetto e facendo portar palla a Barry, anche se questa soluzione sembra più adatta ad essere una carta tattica da giocare in situazioni particolari piuttosto che una situazione a lungo termine. Il problema vero resta quello dei lunghi, James e Booth hanno ricevuto due contratti enormi “sulla fiducia”, visto che prima della firma che ti sistema per la vita avevano fatto vedere belle cose solo a intermittenza, e finora non stanno assolutamente meritandosi tale fiducia; l'acquisto di Elden Campbell è un azzardo, visto che il giocatore ha avuto un crollo verticale nel rendimento quest'anno, se si riesce a recuperarlo emotivamente può essere un grande acquisto, altrimenti non muore certo nessuno perchè il suo contratto scade quest'estate, in ogni caso non è una soluzione a lungo termine.
OBIETTIVI
Per questa stagione l'obiettivo principale è quello di trovare un nuovo assetto alla squadra, visto che Allen e Payton sono giocatori radicalmente diversi, senza dare troppo peso al record. Poi si tenterà  la sorte in lotteria, e in estate si potrebbe trovare qualche amatore disposo a portarsi a casa uno dei due monoliti sotto canestro.
LA CHIAVE
I Sonics hanno scelto di legare le loro fortune a Ray Allen: “He got game” è un gentleman e un talento fuori discussione: completo, costante, già  esperto nonostante la giovane età  e tremendamente efficace; quello su cui restano dei dubbi è se abbia la stoffa per essere il leader, in campo ma soprattutto nello spogliatoio, di una squadra che punti al titolo.

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12-LOS ANGELES CLIPPERS
Un'altra stagione deludente per i “Paper Clips”, e proprio quando sembrava che il talento giovane accumulato negli anni fosse ormai sufficiente a tentare l'assalto ai playoffs. Resta ben poco da salvare di questa annata, meglio pensare al futuro, anche se l'atteggiamento di “braccino di legno” Sterling non lascia molte speranze ai tifosi.
COSA VA
Il roster dei losangelini è letteralmente traboccante di talento: Miller-Maggette-Odom-Brand-Olowokandi è un quintetto-base da far stropicciare gli occhi, dalla panchina si alzano i vari Richardson, Jaric, Dooling, e poi ci sono gli investimenti a lunga scadenza Wilcox e Wang. Peccato che poi quando si passa dalle valutazioni sulla carta a quello che dice il campo le cose vadano ben diversamente.
COSA NON VA
Il problema-chiave è che i giocatori non vogliono restare ai Clips, sanno che difficilmente Sterling è disposto a dargli quello che chiedono e quindi giocano solo e soltanto per le statistiche, per le giocate spettacolari che vanno nel courtside countdown e fanno aumentare la tua “rep” a livello nazionale, non giocano certo pensando al bene della squadra: grazie a questo i Clippers sono mediocri in tutte le statistiche, offensive e difensive. Inoltre in questa situazione chi ci rimette di più sono quei giocatori naturalmente ed irresistibilmente portati a giocare per la squadra, in modo concreto e magari poco appariscente, e infatti due talenti super come Miller e Odom stanno vedendo crollare le loro quotazioni e aumentare i detrattori.
Di chi è la colpa? Sterling evidentemente non ritiene degno di cifre vicine al massimo nessuno dei suoi, altrimenti non si spiega come possa aver tirato tanto la corda al punto che i giocatori sembrano disposti a prendere la qualifying offer per un anno pur di poter scappare a gambe levate l'anno successivo, manovra inaugurata da Olowokandi l'anno scorso. Forse è vero che nessuno dei Clippers è una superstar assoluta, ma nessuno dice che il massimo si possa dare solo ai Duncan, ai Bryant, ai Garnett: cos'è peggio, dare due-tre milioni di dollari in più di quello che meritano a giocatori comunque di livello altissimo, o perderli del tutto e dover ricostruire tutto daccapo? Se invece ha ragione lui e nessun Clipper è degno di contratti sopra i 5-6 milioni allora non si capice perchè non licenzi in tronco il suo GM, che gli ha portato a casa tutta questa gente…
Insomma, la situazione è grave e la colpa è di tutti: Sterling che non capisce che per avere una squadra vincente devi tirare fuori le milionate di dollari, Baylor che anzichè alzare la voce per fargli scucire il grano gli da' ragione, dando addosso ai giocatori quando si lamentano, i giocatori stessi che in ogni caso non si comportano in modo professionale, ricordando ad ogni intervista quanto non vedano l'ora di andarsene. In tutto questo l'unico a rimetterci finora è stato Gentry, che sicuramente non ha fatto molto per meritarsi la pagnotta, ma altrettanto sicuramente ha avuto la colpa di essere l'unico vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro.
OBIETTIVI
Si avvicina l'estate, e la conseguente resa dei conti: Olowokandi è Unrestricted FA e lo si può già  considerare perso, mentre Brand, Odom, Miller e Maggette sono Restricted. Sicuramente riceveranno offerte succose, tutto sta a vedere che strategia adotterà  Baylor (o meglio quale budget gli verrà  concesso da Sterling).
LA CHIAVE
La chiave più utile ai Clips sarebbe quella della cassaforte di Sterling… in mancanza, la strategia ideale sembrerebbe essere scgliere due fra i FA suddetti, quelli che si pensa possano essere la pietra angolare della squadra per il futuro, dargli quanto vogliono e lasciar partire gli altri. Questo però presuppone che Sterling allenti due contratti estremamente onerosi per i suoi standards, se avvenisse non si spiegherebbe il perchè di tutta la manfrina vista finora. Insomma, la possibilità  che tutto il quintetto base dei Clippers giochi altrove il prossimo anno c'è, ed è concreta.

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13-MEMPHIS GRIZZLIES
Da quando Jerry West ha preso il controllo della stanza dei bottoni ai Memphis Grizzlies, molti si attendevano una miracolosa resurrezione per una delle peggiori squadre (di sempre) della lega. In realtà  nessuno ha la bacchetta magica, quindi la situazione dei Grizzlies era intricata e rimane tale, però il giudizio sui primi mesi di operato dell'uomo che ha creato i Lakers del three-peat non può essere negativo, anche se (anzi, proprio perchè) non ha cercato colpi ad effetto ma si è limitato a portare un minimo di criterio e un'abbozzo di impostazione a lungo termine in una società  altamente disorganizzata. La stagione è iniziata male con 13, pesanti sconfitte consecutive, che hanno portato all'esonero di Sidney Lowe (che non era uomo di West, ma sarebbe stato poco elegante non concedergli quantomeno una chance), sostituito dal vecchio leone Hubie Brown.
La classifica dice che sono la terza peggior squadra della lega però, se andiamo a ben vedere, il record contro avversarie della Eastern è un sorprendente 50%; insomma se davvero avvenisse la famosa redistribuzione delle squadre, e i Grizzlies fossero i prescelti per spostarsi ad Est, ne vedremmo delle belle.
COSA VA
La scelta di Brown come coach ha fatto storcere il naso a molti: il trend attualmente più in voga suggerisce che, in caso di sostituzione di un coach, la soluzione più proficua sia affidarsi a qualche ex assistente con ambizione, idee fresche e tanta voglia di far bene (gli ultimi due ad ottenere risultati più che lusinghieri sono stati Musselman e Bzdelik); al contrario West ha scelto un amabile signore canuto, alle soglie dei settant'anni, lontano dalle atmosfere degli spogliatoi NBA ormai da lustri.
I fatti gli stanno dando ragione: con pazienza e determinazione Hubie sta letteralmente predicando basket ai ragazzotti talentuosi, irrequieti e viziati che ha a disposizione, concentrandosi più che su schemi avveniristici su quelle piccole, semplici cose che nessuno ti insegna più, ma che fanno la differenza fra un super-talento ed un campione vero, fra vincere un titolo o restare a mani vuote.
Il più sorprendenti risultati li ha ottenuti con Jason “in questa azione ti faccio un no-look talmente bello da commuoverti, ma stai sicuro che la prossima tiro da otto metri al terzo secondo” Williams. Il ragazzo è da sempre l'epitome del giocatore dal talento smisurato ma direttamente proporzionato alla tendenza a sprecarlo miseramente, nelle prime 10 gare sotto Lowe sembrava addirittura peggiorato, ancora più evanescente del solito; Hubie si è guadagnato la sua fiducia, e l'affinità  elettiva fra due dei personaggi più radicalmente diversi che si possano immaginare ha portato ad un rendimento eccellente: “White Chocolate” sta giocando una stagione di costanza sorprendente: gioca per la squadra, difende con grinta, si prende (e mette) tiri decisivi con l'autorevolezza di un Reggie Miller.
COSA NON VA
La difesa: i Grizzlies sono terzultimi per punti subiti, ultimi per percentuale dal campo concessa, ultimi per assist subiti e ultimi anche per percentuale di rimbalzi difensivi conquistati. Insomma difendono poco e difendono male, e il colpevole principale (visto che Jason Williams, per anni meritatamente additato come peggior difensore assoluto, è sensibilmente migliorato) è Pau Gasol, che ha la drammatica tendenza a restare concetrato sull'avversario per non più di due-tre secondi, facendosi poi letteralmente da parte: il fatto che abbia braccia lunghe e tempismo tali da permettergli di allentare comunque due stoppate tonde a partita non fa che aumentare la rabbia, pensando a quel che potrebbe fare se solo volesse; il catalano è il caso più eclatante, ma un po' tutti sono colpevoli, esclusi il già  citato Williams e Battier, le cui cifre offensive sono crollate peggio del Nasdaq, ma che nella sua metà  campo sa dare fastidio veramente a chiunque, e per cui Hubie non lesina mai parole di encomio.
Al contrario la quarta scelta assoluta, Drew Gooden, non deve aver proprio entusiasmato West e Brown, nonostante cifre buone (12+6 in 26'), dato che è stato scambiato poco prima della deadline con il talento offensivo Mike Miller, che si è subito trovato a suo agio nell'attacco dei Grizzlies, ma che è un altro pessimo difensore da aggiungersi alla lista di cui sopra.
OBIETTIVI
Che la ricostruzione sarebbe stata lunga e non facile si sapeva, West sta facendo ricorso a tutto il suo bagaglio di esperienza e buonsenso per dare una impronta ben definita ad un gruppo che è da sempre un'accozzaglia di buoni (se non ottimi) giocatori, ma non è mai stato neanche lontanamente definibile una “squadra”.
LA CHIAVE
Scegliere con oculatezza i giocatori veramente decisivi, quelli su cui costruire le fondamenta tecniche e umane di una squadra vincente. Fatto questo si dovrà  pensare a completare il puzzle per mezzo di scambi, ma di quest'arte “Logo-Man” è maestro assoluto, e quindi si possono nutrire buone speranze.

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14-DENVER NUGGETS
La situazione è limpida come il cielo del Colorado al mattino: i Nuggets sono la peggior squadra offensiva della lega praticamente in ogni singola categoria statistica, e rischiano di infrangere quasi tutti i record negativi assoluti in materia. Però non sono per nulla allo sbando, anzi ogni loro mossa segue scrupolosamente quanto previsto dal piano del proprio GM Kiki Vandeweghe, un piano indubbiamente coraggioso ed altamente aleatorio, ma che ogni giorno appare sempre meno irrealizzabile (e anche i numerosi detrattori della prima e seconda ora stanno diminuendo a vista d'occhio).
COSA VA
Jeff Bzdelik si sta dimostrando un allenatore coi controfiocchi: sull'attacco stendiamo un velo pietoso (ma lì è questione di mancanza di materia prima), ma in difesa i Nuggets sono una delle migliori squadre della lega: quinta per punti subiti, prima per palle perse provocate, seconda assoluta per rimbalzi conquistati in percentuale.
Fra i singoli eccellente il rendimento di Howard, che liberato dal peso di doversi meritare il suo ingombrante contratto portando una squadra al titolo si sta dimostrando “chioccia” ideale per i tanti giovani della squadra, in campo e fuori: accumula cifre di tutto rispetto e da' tutto in campo, come se fosse un rookie che deve guadagnarsi il posto.
Benissimo Hilario, che ha dimostrato, sorprendendo un po' tutti, che Madre Natura gli ha fornito non solo un fisico esplosivo, ma anche una notevole comprensione del gioco. Positivo anche se spesso oscuro Chris Andersen, frenato poi da un infortunio, altamente incostanti le prestazioni di White e Harvey, che però hanno confermato, con lampi improvvisi, di avere un potenziale assolutamente devastante.
COSA NON VA
Come detto, l'attacco: giocatori troppo giovani, acerbi, inesperti, senza un play di ruolo nè un giocatore in grado di far girare la palla. Le frequenti siccità  offensive sono il prezzo da pagare per costruire una squadra vincente per il futuro (e in ogni caso grazie ad esse arrivano numerose sconfitte che non fanno bene al morale, ma potranno diventare decisive nella pazza, pazza corsa nota come Lebron Derby).
OBIETTIVI
Far maturare con calma i tanti giovani di talento presenti nel roster, pescare il meglio disponibile su piazza nel draft, e poi vedere se la combinazione “vagonate di denaro + progetto tecnico intrigante con un ottimo coach e un GM molto quotato + bellissima città  in cui vivere” può essere sufficiente ad attrarre qualche FA di grido: il precedente Bulls-Krause non favorisce l'ottimismo, in realtà  la sensazione è che le cose possano andare in maniera molto diversa in questo caso.
LA CHIAVE
Inutile nasconderselo, i Nuggets assieme ai Cavs sono i favoritissimi per arrivare a LeBron James: se il Prescelto dovesse finire in Colorado andate pure a puntare qualche euro sui Nuggets campioni NBA entro il 2010; se invece la fortuna non punterà  il dito verso Kiki non sarà  comunque un dramma (a differenza di quanto accadrebbe a Cleveland), si continuerà  a lavorare in modo silenzioso ma costante, con grande sicurezza nelle proprie possibilità .

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