Grande la delusione per gli Indians (qui Bobby Howry) dopo l'ultima partita stagionale…
Tutta una stagione in un'azione. Così possiamo riassumere la stagione dei Cleveland Indians, la squadra uscita sconfitta dalla corsa alla "wild card" dell'American League in favore della coppia Boston- New York, incappando in una serie finale di partite veramente drammatica.
Eppure erano passate tre stagioni da quando la franchigia dell'Ohio aveva deciso di fare una serie ricostruzione cedendo Bartolo Colon ai Montreal Expoes, mettendo la parola fine ad oltre 10 anni di altissimo livello con 6 titoli della American League Central e due presenze alle World Series sulla quale il gm Mark Shapiro sapeva di dover progettare in fretta una nuova serie di successi, o almeno, rimettere in sesto una squadra che aveva sorpreso la storia della MLB dopo decenni di cocenti delusioni.
La pulizia cominciò subito. Nel giugno del 2002 Shapiro spedì Colon a Montreal in cambio di una serie di interessanti prospetti che includeva Grady Sizemore e Cliff Lee, tagliò stipendi importanti cedendo Kenny Lofton, Chuk Finley, Ricardo Rincon e Terry Mulholland, dichiarando nella conferenza stampa di presentazione che gli Indians sarebbero tornati ai vertici non prima di tre stagioni.
La stampa e l'ambiente prese per matto il giovane 38enne general manager, ma ben presto capì che le cose stavano realmente così, perché Shapiro continuava la sua ricostruzione senza badare ai commenti.
La sua scelta più vincente si rivelò quella che fece nell'inverno 2002, quando decise di prendere la stella del junior college Travis Hafner, divenuto un anonimo prima base ai Texas Rangers, cedendo Einar Diaz e Ryan Drese. Decise poi di metterlo in concorrenza nientemeno che con Jim Thome e quando "Big Jim" prese la via di Philadelphia il ragazzo era pronto. Così sono nati Cleveland Indians di Mark Shapiro.
A 16 gare dalla fine della stagione regolare Cleveland si è ritrovata a capeggiare la classifica delle "wild card" dell'est, approfittando soprattutto della serie nera dei Chicago White Sox che nel mese di agosto erano letteralmente caduti in disgrazia facendosi rosicchiare le 15 lunghezze di vantaggio che avevano raccolto fino a quel momento.
Tre anni fa Shapiro decise di partire dal basso, molto basso, andando a consumare le suole delle scarpe nelle serie minori piene zeppe di "A" ma anche di ottimi giocatori alla quale bisogna saper dare una possibilità per mostrare cosa sanno fare sul diamante. Se i vari Albert Bell, Omar Vizquel e Manny Ramirez dovevano essere solo un lontano e delizioso ricordo anche per il monte stipendi (41.5, tre volte inferiore quello degli Yankees e 14 milioni in meno dei tanto decantati Oakland "A"") la squadra è stata impostata su molte facce nuove (7 esordienti e altri 12 giocatori con meno di 5 stagioni nelle Majors) e anche se l'inizio è agghiacciante, con solo 9 vittorie nelle prime 23 gare giocate, i frutti sono arrivati con il tempo.
I primi 3 mesi di campionato hanno visto il Jacobs Field attento spettatore di una formazione che in classifica stava ben al di sotto del 50% di vittorie, ma anche di una squadra molto compatta e pronta ad un salto di qualità che è arrivato nel mese di agosto, quando Cleveland ha iniziato a macinare gioco e vittorie raccogliendo un 29-11 mensile che è stato il record migliore dell'intera Lega. Poco spettacolo e molta concretezza hanno caratterizzato il gioco degli Indians, mettendo sul diamante una schiera di lanciatori molto efficace, gestito molto bene nella rotazione e circondato da un line-up molto equilibrato.
Lo scorso anno Cleveland era squadra che "voleva ma non poteva" proprio a causa della poca consistenza nel parco lanciatori, dove non c'era un vero e proprio "closer" in grado di chiudere le gare più incerte, con il resto dei compagni di reparto in netta difficoltà quando arrivavano gli squadroni dall'attacco straripante. L'estate ha portato il ritorno di Bob Wickman, veterano da 13 stagioni MLB, e con lui le cose sono migliorate in maniera a dir poco eccezionale, arrivando ad essere il gruppo di lanciatori migliore del campionato proprio nel mese di agosto.
Wickman ha chiuso con 45 salvezze ed una media ERA di 2.47, entrando in una rotazione che comprende Jake Westbrook (15-15), C.C. Sabathia (15-10), Kevin Milwood (9-11),), Scott Elarton (11-9) e il sorprendente Cliff Lee (18-5), capace di continuare i progressi palesate nelle ultime stagioni.
L'unico problema che rovinava il sonno al manager Eric Wedge rimaneva l'attacco, senza un vero e proprio leader e con molte mazze leggere, alla quale però è stato concesso tempo e medo per capire come destreggiarsi una volta arrivati al piatto di battuta.
Il primo ad aver fatto il salto sospirato è stato Victor Martinez, catcher della squadra, che ha chiuso con una media battuta di .305, 80 punti portati a casa e 20 homeruns. Coco Crisp e Jhonny Peralta sono stati i primi a dare una sterzata alla stagione di Cleveland, con il dominicano efficacissimo e capace di guadagnare 78 punti al piatto, arrivando alle spalle di Miguel Tajada nella percentuale in battuta (.520) per gli shortstops della American League, anche se i giocatori che hanno comunque sorpreso tutti portando la squadra sulle loro spalle sono stati principalmente due, e per giunta due giocatori con pochissima esperienza sui campi delle Major League. Travis Hafner, prima base e battitore designato, ha giocato 137 partite mantenendo una media battuta di .305 con 33 fuori campo e ben 108 punti battuti a casa, seguito da Grady Sizemore, un pivello che in attacco ha dato spettacolo per tutta la stagione.
Grady ha giocato 158 partite con una media al piatto di .289, 22 fuori campo, 81 punti battuti a casa, 111 "runs" e ben 22 basi rubate. Ma le grandi giocate di Sizemore sono state cancellate in una sole notte, proprio quando i tifosi (25° in stagione per presenze allo stadio) pensavano di poter tornare tranquillamente ai playoff da dove mancavano dall'ormai lontano 2001.
La notte è quella del 25 settembre, con Cleveland in striscia vincente da 4 partite, ma l'esterno centro rossoblu manca clamorosamente una facile presa al volo nel nono inning della partita contro Kansas City. Angel Berroa ringrazia, segna il punto della vittoria per i suoi Royals e il meccanismo fino a quel momento perfetto di Cleveland va letteralmente in frantumi.
La Tribù perde sei delle sette gare successive, cinque delle quali di un solo punto ma con all'orizzonte l'opportunità di rifarsi contro i derelitti Devil Rays di Tampa Bay. Due partite, due sconfitte e addio sogni di gloria nella Division, ma con la speranza ancora viva nella "wild card" con due vittorie nelle ultime tre partite della stagione per andare agli spareggio contro Boston o Yankees.
Ma la beffa continua perché gli Indians davanti si ritrovano proprio i White Sox, per giunta liberi di giocare, mentalmente senza pressione, con la possibilità di far giocare le assatanate riserve e far riposare i titolari grazie al titolo di Divisione ormai saldamente in tasca. Niente, Cleveland alla prima gara cade dopo 13 inning, perde anche la seconda e si ritrova a dover vincere la terza e ultima sperando in una sconfitta di Boston per restare in vita.
I 41 mila tifosi accorsi al Jacobs Field vedono la loro Tribù soccombere per 3-1, ma tutti si alzano in piedi per rendere omaggio alla squadra con un applauso di 10 minuti per ringraziare la Tribù di una stagione incredibile ed entusiasmante, nonostante un finale duro da digerire. Con un'unica consapevolezza nel cuore: gli Indians sono tornati, magari non ai playoff, ma almeno ad avere una dignità vincente, quello sicuramente.
“Siamo orgogliosi, ma non soddisfatti” ha detto Shapiro nella conferenza stampa di fine stagioni “e sappiamo che tutti ci aspetteranno al varco per vedere se saremo bravi anche nella prossima stagione. Non sarà facile, ma sappiamo che ai playoff ci dobbiamo andare, almeno per quanto fatto in questo campionato. Non sempre è così, specie nel baseball, ma dobbiamo provarci”.
Il futuro? Shapiro ha già fatto buone offerte a Wickman e Milwood, i due free agent della squadra, ma sa che il gruppo storico di questa stagione resterà anche per il 2006, dove Cleveland tenterà nuovamente la scalata ai playoff, magari partendo meglio e con molta esperienza in più nei momenti decisivi della lunga stagione del baseball americano.