Cartolina di un quarantenne: ai Rockets non resta che ammirare magie senza tempo né età .
Houston @ Boston 101-95 OT
Houston @ New York 95-102
Houston @ Washington 98-100 OT
I Lakers se ne sono andati, quasi senza far rumore, come se il loro inizio stentato fosse stato soltanto un incidente di percorso, una piccola sbavatura da correggere per tornare quelli di una volta, i più temuti ed invidiati di tutta la Lega.
Houston è stata travolta dal ciclone gialloviola, ha provato a resistere, a rimanere nella scia di L.A. ma il tutto è durato lo spazio di una manciata di partite; mentre i texani giravano a corrente alterna coach Jackson aveva già condotto i propri ragazzi lontano dalla Grande Muraglia, con l'occhio prossimo a puntare la catena dei monti Wasatch che divide in due il territorio dello Utah, patria dei mormoni e del duo Stockton-Malone, probabile nuovo obiettivo di Kobe e Co.
Così ai Rockets non rimaneva altro che concentrarsi sui Phoenix Suns, anch'essi in caduta libera dopo un ottimo avvio, per cercare di agguantare l'ultimo posto utile in ottica playoffs.
L'imperativo è dunque facilmente riassumibile: vincere il maggior numero di partite confidando in un'eclissi di risultati nel cielo dell'Arizona. Viste le premesse, la sfida con i Celtics della coppia Pierce-Walker, prima tappa di un tour ad est di fondamentale importanza, rappresentava una "must win situation", l'occasione giusta per dimostrare a se stessi (oltre che a critica e tifosi) che il trend negativo delle sconfitte lontano dalle mura amiche poteva essere interrotto.
La vittoria contro Boston portava la firma di uno Steve Francis in grande serata, autore di 33 punti, 9 rimbalzi, 9 assists e 2 stoppate, ad un passo quindi dalla tripla doppia.
Accanto a Steve Franchise brillava la luce di Cuttino Mobley che chiudeva l'incontro con 31 punti e 10 rimbalzi. Dal punto di vista tattico Tomjanovich, negli ultimi 5 minuti di partita, organizzava una difesa a zona che metteva in difficoltà l'apparato offensivo degli avversari i quali chiudevano il finale di gara con un 4 su 22 dal campo, frutto della sapiente scelta tattica di coach Rudy.
"Era la nostra ultima possibilità – avrebbe commentato Mobley - stavano segnando con troppa facilità e così il coach ha deciso di cambiare. Una volta a zona, sono andati in crisi. Cercavano ancora Paul (Pierce) ed Antoine (Walker) ma senza successo".
Galvanizzati dal 101-95 in OT, la squadra spostava le tende in quel di New York, per affrontare una gara da vincere in qualunque modo contro un avversario apparentemente alla portata. Ho già avuto modo di parlare dei limiti di questi Rockets negli articoli passati ma sembra che la squadra faccia di tutto per ricordarmeli.
Contro i Knicks la sconfitta arrivava soprattutto a causa delle troppe palle perse, 19 in totale: "Ventinove punti sui nostri turnovers in una partita come questa"non puoi concederli agli avversari. Davvero non si possono regalare 29 palle perse", commentava Tomjanovich durante la conferenza stampa.
"Senza le mie palle perse, alla fine il risultato sarebbe stato diverso" Ho avuto la chance per vincere la gara ma non l'ho sfruttata". Sono le parole di uno sconsolato Yao Ming, il quale comunque, nonostante le prestazioni opache del mese di gennaio (il Rookie Wall ha colpito ancora), sta ritrovando gioco e punti (24 per lui al Madison).
Serio candidato al titolo di Rookie Of The Year, il cinese deve guardarsi principalmente da Amare Stoudemire, sempre più a suo agio nel ruolo di "nuovo Karl Malone" (ma di acqua sotto i ponti ne deve passare ancora parecchia!).
Ecco perché la sfida con i Suns per accedere alla postseason acquisisce un doppio significato: la squadra nel suo insieme a lottare per qualificarsi e la Grande Muraglia alla ricerca di un importante riconoscimento.
L'ultima partita della settimana vedeva infine i Rockets al cospetto dei Washington Wizards di Michael Jordan. All'MCI Center gli spunti per una gara indimenticabile non mancavano di certo: da un lato quella che sarebbe stata l'ultima apparizione di His Airness contro Houston, dall'altro la curiosità per vedere all'opera Yao contro l'icona del basket moderno e, dulcis in fundo, l'obbligo di non perdere ulteriore terreno in classifica erano i motivi principali per assistere ad uno spettacolo che si preannunciava emozionante. Il destino intanto, da par suo, aveva scritto con qualche ora di anticipo sui tempi la cronaca dell'evento e la sensazione di assistere a qualcosa di già visto si impadroniva dei texani.
MJ voleva apporre la propria firma sull'incontro e all'avversario non restava che prendere atto della superiorità dello stregone numero 23: i 10 punti segnati nell'OT garantivano alla squadra della capitale la vittoria 100-98.
"E' stato pazzesco. Ha fatto ciò che Michael Jordan ha sempre fatto. Vedi gare come questa e ti chiedi come faccia a continuare a giocare in questo modo" Ad un certo punto si è trovato nella situazione di credere che nessuno l'avrebbe potuto fermare"". Parole di Maurice Taylor, la musica invece l'ha composta Air: 35 punti, 11 rimbalzi e 6 assists con un repertorio di canestri degno di un vintage Michael. Giù il capello.
Il secondo ko di fila riporta così Houston ad una partita da Phoenix. Il vero nemico è però il calendario, tutto in salita per i ragazzi di Tomjanovich. Domenica arriverà al Compaq Center San Antonio e ci vorrà una grande prestazione per fermare Duncan e soci.
Gli Spurs sono, insieme ai Timberwolves, la squadra più in forma della Western Conference, con un bilancio di ben 9 vittorie nelle ultime 10 partite. Serviranno lo spirito di sacrificio e l'orgoglio dei giorni migliori per centrare la vittoria.
I Lakers sono scivolati via e per non andare in vacanza già ad aprile bisognerà soffrire fino alla fine.
Stay tuned!