Hilario sta facendo davvero bene nonostante la tragica stagione dei Nuggets.
Nell'immaginario collettivo, il primo pensiero che arriva alla mente se si parla del Brasile è naturalmente il calcio. Sarebbe però sufficiente un minuto di concentrazione in più per ricordarsi che il paese carioca ha sempre dato i natali a campioni in molte altre specialità sportive.
Nel basket, tanto per essere in argomento, il nome di Oscar Shmidt vuole tuttora dire qualche cosa per gli appassionati di mezzo mondo. Giocatore dalla classe offensiva immensa, ha scritto pagine di pallacanestro sicuramente degne di apparire nel massimo campionato professionistico planetario ma la NBA si sa, rappresenta uno specchio piuttosto affidabile del sentir comune degli Stati Uniti e fino alla fine degli anni '80, di stranieri nella lega non se sentiva proprio il bisogno.
La storia di Oscar meriterebbe un affresco di maggiore ampiezza rispetto alle poche righe qui dedicate, ma è utile per ricordare che dai tempi del casertano d'adozione, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e la colonia sudamericana nella NBA è cresciuta per livello e per consistenza.
Fra i rookie che l'ultimo draft ha espresso si può trovare per esempio, un ragazzone di 2.11 metri, spallato e muscolato quanto basta per sostenere e muovere oltre 115 chilogrammi e soprattutto con una tecnica di rimbalzo di ottimo spessore. Il nome del primo vero atleta verde oro a militare in una franchigia NBA è Nene Hilario.
Lo si può chiamare ragazzo perché la sua faccia da bambinone è portata effettivamente da un giovane classe '82, ma alle sue spalle ha già una carriera di tutto rispetto.
La trafila è stata rispettata in pieno: mondiali juniores, campionato di prima categoria brasiliano e mondiali “per quelli grandi”. In ogni manifestazione, Hilario ha mostrato le stesse innate capacità , lo stesso talento e la continua tendenza al miglioramento.
La qualità che il questo lungo non ha però ancora dimostrato è forse la capacità di scegliersi un posto di lavoro consono alle sue doti e alla sua attitudine. La squadra che aveva pescato la pallina brasilera lo scorso anno era quella dei Knicks. Ovviamente il gioco dei residenti al Madison Square Garden non necessitava di acerbo lungo ventenne e così, nel giro di ventiquattrore, Nene si è ritrovato lontano da un qualunque mare, scambiato insieme a Marcus Camby e Mark Jackson a Denver per Antonio McDyess.
A questo punto la domanda è d'obbligo.
Cosa può fare un lungo dalle spiccate doti difensive e di lavoratore in un ambiente dove la stella è un'ala grande praticamente solo offensiva, in una franchigia che sta operando da tre anni a questa parte una sistematica opera di ridimensionamento del talento per ricominciare praticamente da zero?
Le opzioni sono obiettivamente poche. Ma visto che dedicarsi prematuramente al vizio dell'alcool non sembra essere ancora nei cromosomi del giocatore Hilario (buon per lui perché nella lega di esempi di questa via ce ne sono già un po' troppi), il rappresentante delle scuole di samba nella NBA ha fatto sua la bizzarra idea di dichiararsi felice e soddisfatto per l'opportunità concessagli dalla squadra e si è rimboccato le maniche per adeguarsi ai ritmi del gioco, conscio del fatto che quanto meno un pezzo di proscenio sarebbe potuto essere suo.
A qualche mese da questa scelta, il bilancio è stranamente già positivo. Sì, perché Hilario ha trovato in Colorado una situazione che a dispetto della classifica, potrebbe rivelarsi oltremodo positiva per il suo futuro da pro. La squadra dei Nuggets, nella persona in particolare del g.m. Kiki Vandeweghe e del coach Jeff Bzdelik, ha infatti preso atto che le scelte di mercato passate avevano completamente spolpato il talento offensivo del roster e nonostante un passato di squadra super spettacolare (qualcuno si ricorderà Doug Moe e i suoi ragazzi) hanno optato per un gioco basato forzatamente sulla difesa e l'intensità .
Hilario si è così trovato nella condizione di dover offrire da subito le doti che meglio padroneggiava alla causa di Denver. Forza fisica ed esplosività ne hanno fatto immediatamente uno dei giocatori favoriti dal pubblico. Il fatto è che Hilario ha sicuramente le misure del centro, è conscio che in una lega nella quale la forza è ormai caratteristica primaria della ali piccole, una lungo fisico può fare la differenza ma è ancora forzatamente grezzo. In particolare la sua caparbietà a rimbalzo e la sua visione di gioco e conseguentemente la capacità nei blocchi, lo hanno già fatto paragonare ad uno dei più grandi tutti i tempi, Moses Malone.
Certo, affiancare il centro dei favolosi Sixers dell'era Doctor J a questo rookie è ancora una bestemmia, ma appurato il fatto che le carriere non sono ancora compatibili nemmeno lontanamente, nessuno ride se si cominciano ad analizzare le caratteristiche base dei due atleti. L'attuale numero 31 dei Nuggets, lo si è già rilevato, possiede un fiuto per i rimbalzi notevole. E' portato a lavorare come pochissimi altri e il fatto che in soli quattro mesi sia migliorato fino ad avere statistiche da 6.1 rimbalzi per gara, accompagnati da 9.5 punti e 1.8 assist non è poco, specie se si vanno ad osservare gli score totali della squadra.
In più l'arma per fare la differenza di Hilario è certamente la velocità e la coordinazione nei “piccoli” movimenti, assolutamente inaspettata per la mole che si porta addosso. Ne è la riprova il fatto che ad oggi, il giocatore dei Nuggets conquisti già 1.74 palle rubate per gara, undicesimo totale nella lega.
Lati negativi ce ne sono tanti, ci mancherebbe.
Inesperienza, tendenza a qualche pausa di troppo e soprattutto una capacità offensiva ancora tutta da sgrezzare. I primi in fondo sono particolari. Tutte le matricole hanno dovuto fare i conti con la capacità di reggere i ritmi mentali del pianeta NBA, ma per la capacità offensiva occorrerà sicuramente una grande volontà dei tecnici di non doversi accontentare del materiale Hilario attuale e l'intelligenza del giocatore di andare a cercarsi, anche fuori dal coaching staff di Denver l'uomo giusto per fare i necessari salti di qualità futuri.
Per questo lungo, così come per i suoi colleghi rookie, l'imminente appuntamento di Atlanta potrebbe risultare già un momento di grande pathos.
In una partita come il Rookie game, Hilario potrà certamente sciogliersi e giocare un basket diverso da quello mostrato solitamente. Sarà in quella serata che con tutte le riserve del caso, si potrà avere una prima verifica della sua capacità di cambiare marcia.
In queste ultime settimane infatti il pessimo andamento della sua franchigia (1 vinta nelle ultime 9) sta un po' limitando le occasioni di espressione del suo gioco. In una recente intervista, l'altro rookie da quintetto della squadra Lorinza Harrington, ha avuto soltanto parole di elogio per Nene, rilevando però che a fronte di un carattere dalla giovialità e intelligenza ottima, la capacità di essere truce in campo del lungo poteva migliorare.
In parole povere: va bene il sacrificio, il rapporto con i compagni e l'attitudine in difesa, ma un massimo di 15 tiri tentati in una partita per un lungo facile al rimbalzo sono davvero un po' pochi. In un'altra squadra si potrebbe parlare di rispetto dei ruoli, a Denver lo spazio c'è. Nene Hilario lo saprà conquistare?