Una sfida nella sfida, un vero e proprio passaggio di consegne quello fra MJ e Kobe…
"Benvenuti all'MJ GAME! Benvenuti al party in onore di Michael Jordan!"
Un fantomatico speaker poteva sicuramente annunciare così l'inizio dell'edizione 2003 della partita delle stelle, perché tutto quello che è successo nella notte di domenica alla Philips Arena di Atlanta si è compiuto in onore di Sua Maestà Jordan, il più grande di tutti i tempi.
Per dirvene solo una, si è arrivati quasi alla interrogazione al Congresso per decidere chi (perché il se era già stato scartato a priori) avesse ceduto il posto a MJ nel quintetto base dell'Est, ed alla fine la scelta più ovvia è caduta su Vince Carter, apparso alquanto contrariato, ma ligio alle regole dettate dalla parata in onore del 23 (sinceramente Vince non doveva nemmeno essere convocato se vogliamo guardare la prima parte di stagione).
Quando lo speaker annuncia il cambiamento di programma nello starting five, il pubblico impazzisce e l'ovazione raggiunge decibel inimmaginabili, superata solo dal momento davvero toccante della cerimonia nell'halftime, ma di questo parleremo in seguito.
L'evento All Star Game, che deve far dimenticare in fretta le schifezze perpetrate nell'All Star Saturday, soprattutto dai giovani del Rookie Challenge, inizia nel migliore dei modi con la coinvolgente musica di Celebration dei Cool and The Gang per l'annuncio dei 24 All Star e dei 2 coach, Rick Adelman per l'Ovest e Isiah Thomas per l'Est e prosegue con una spettacolare esecuzione dell'inno americano di Martina McBride (davvero in splendida forma).
C'è tutto il gohta del basket e dello star system americano a bordo campo per il tributo a Michael Jordan, da Magic a Bill Russell, da Denzel Washington alla splendida Janet Jackson, nessuno ha voluto mancare a questo appuntamento così importante nella storia della NBA.
E c'è il festeggiato, MJ chiaramente stupito della possibilità di partire in quintetto, e a sorpresa emozionato come non mai nei primi minuti di gioco, quando ad ogni palla toccata sente partire l'urlo di 10 mila persone, che chiedono una sua conclusione immediata.
Jordan stranamente si fa prendere dalla foga e sbaglia i primi otto tiri della sua gara (nei primi 8 minuti) mettendo a referto anche un discreto mattone dalla lunga, ma questo è il suo show e niente può scalfirlo. Così in un primo quarto davvero brutto le uniche note di colore sono il palleggio tra le gambe in versione ghepardo di Steph Marbury, un paio di tiri niente male di Garnett, dimostrazione per chi ancora non lo conoscesse che dai 6 metri la mette con discreta facilità e il primo canestro di un cinese all'All Star Game.
Ecco, parliamo del cinese, al secolo Yao Ming, partito in quintetto come centro dell'Ovest. Se non ci fosse stato Jordan, l'All Star Game sarebbe vissuto interamente intorno a questo ragazzo di 2.30, dotato di una disponibilità e di un'educazione che non sono di casa in molte delle stelle presenti ad Atlanta.
Praticamente pedinato per tutto il weekend da un'orda di mandarini con il microfono, il ragazzo di Shangay è riuscito nell'intento di accaparrarsi i consensi e i sorrisi di tutti gli All Star e di gran parte dei media presenti ad Atlanta.
Pur partendo in quintetto ha giocato solo 17 minuti e l'unico suo tiro è stato la schiacciata in alley-hoop che Steve Francis gli ha regalato dopo 3 minuti dall'inizio, poi ha fatto da comparsa alla festa, si è divertito come un pazzo ed ha dialogato e fatto divertire quasi tutti i compagni seduti con lui sulla panchina della Western, sicuramente non sarà l'ultimo All Star Game che disputerà , perciò questo è solo l'antipasto.
Torniamo, però alla partita e agli spunti che regala nel proseguo del primo quarto. Certo per chi si aspettasse uno spettacolo migliore del Sabato, anche il secondo quarto può scoraggiare abbastanza, anche perché molti dei partecipanti con questo evento centrano relativamente, non tanto per il valore ma più che altro per la loro mancanza di approccio alla festa, vedi i vari Ilgauskas, Pierce, Walker (sinceramente odioso come nella gara del tiro da 3), Brad Miller e in parte lo stesso Stojakovic.
Lo spettacolo in senso stretto viene da 2-3 magate classiche di Kidd (che manda a segno Jordan per il primo canestro della sua gara), da un paio di numeri di Iverson in zingarata e dalla voglia di stupire di Steve Nash, maratoneta del parquet che pesca in alley-hoop Shaq per un'affondata da 10° grado nella scala Mercalli e trova in un amen Classe Dirk Nowitzky per 8 punti consecutivi del tedescone.
Poi Adelman decide di provare qualcosa di strano e negli ultimi 2 minuti (dopo una veloce ad altezza Empire dell'O'Neal giovane su Duncan) schiera un quintetto con Francis play, Garnett (2.15) guardia, Duncan (2.15) ala piccola, Yao (2.30) power forward e Shaq centro.
Il futuro del basket è servito (ci stava anche un Nowitzky in play), anche perché con questo schieramento l'Ovest recupera lo svantaggio creato da Iverson e Mashburn e ci fa vedere un contropiede da Ritorno al Futuro con la conduzione di Shaq, il rimorchio di Duncan che in entrata fa un movimento da fantascienza e pesca Garnett per l'affondata di potenza.
Pausa e Halftime Show da ricordi davanti al camino con i nipoti.
Una Mariah Carey mai vista così in forma da parecchio, si presenta in un tubino niente male con il 23 stampato e ci snocciola un bel repertorio tutto incentrato su MJ, seduto lì a guardarla da bordo campo. Poi intona Hero (forse la sua più bella song) e la compostezza di Michael va a carte quarantotto, vista la commozione chiaramente leggibile sul suo volto di splendido eroe del basket moderno.
Quando sale sul palco per i ringraziamenti ci sono 5 minuti abbondanti di assordante standing ovation, con Marbury direttore d'orchestra, che lasciano Jordan basito, ma che non gli impediscono di ringraziare tutta l'NBA, i fans e di lasciare il testimone alle stelle che gli sono a fianco, perché possano rispettare il gioco come lui ha fatto, anche se per molti nessuno potrà mai farlo come il 23.
In tutto questo tram tram di emozioni 2 personaggi come Kobe Bryant e Tracy McGrady sono rimasti praticamente a guardare, così nel terzo quarto il palcoscenico è loro.
Uno dei più bei quarti della storia dell'All Star Game ci regala un duello, che se ad Orlando non ci fossero problemucci gravi con il roster, sarebbe da Finale. Bryant mette 4 canestri tutti diversi, compresa una schiacciata in tap in sulla testa di Ben Wallace, mentre McGrady decide di entrare in partita e dimostrare che per l'MVP stagionale bisogna passare dalle sue parti.
Segna 17 punti uno più bello dell'altro e ognuno diverso dall'altro, con una facilità di movimento e uno stile che fanno restare a bocca aperta per la disarmante bellezza. Si prosegue punto a punto sostanzialmente fino alla fine del 4° periodo, con un entrata da ricordare di Shaq su Brad Miller (vecchi amici") con partenza in incrociato molto bumpato e un Iverson, silenzioso ma fantastico per tutto l'arco della partita (che chiuderà con 35 punti).
Qui il copione hollywoodiano reciterebbe palla a MJ per il "The End" più scontato e magnifico; solo che MJ vede il suo fade away sulla difesa di Marion sbattere sul ferro e regalare altre emozioni nell'overtime. Qui si fa la storia della partita.
Jordan a 4 secondi dalla fine sulla parità a 136, ri-sfida Marion e ripropone il fade away, stavolta l'unico rumore è quello della retina e il pubblico si scioglie.
Ok, ultimo All Star Game a 40 anni, 20ello che gli permette di superare Jabbar come leader All-Time, canestro decisivo per la W, MVP, tutto scritto, ma nessuno ha fatto i conti con Kobe Bryant e quelli con il fischietto.
Kobe ricevuta palla sull'angolo decide di provare la triple della vittoria sulla sirena, J. O'Neal si butta in disperata difesa e gli arbitri concedono (a mio modo di vedere) inspiegabilmente i 3 liberi.
Bryant (come anche MJ) non vuol perdere neanche a freccette con gli amici, ma non è stupido e sa che segnandoli tutti si inimicherebbe molta parte dei fans, perciò ne sbaglia 1 e manda la gara al 2° OT.
Jordan ormai il suo copione l'ha recitato e quindi si siede, spazio alle seconde linee ad Est e partita che si chiude nel segno di Kevin Garnett, autore di 9 punti nel quarto e di 37 totali (quasi record), che conduce alla vittoria la Western e si regala meritatamente il titolo di MVP della partita.
Ok tutto bello, anche gli abbracci di tutti a fine gara a Sua Maestà , ma torniamo un attimo indietro: pensate se quel tiro allo scadere del primo OT avesse deciso la contesa"