Il meglio e il peggio dell’NBA

La leadership di Chris Webber mancherà  ai Kings.

VOTO 10: Chris Webber
Una settimana d'oro per CWebb, che ha viaggiato a 29 punti, 14 rimbalzi e 8 assist di media, tirando col 59% dal campo, anche se le cose non sono andate proprio benissimo per i Kings (ma questa è un'altra storia, vedi oltre).

Purtroppo però subito dopo la sua settimana migliore è arrivata quella che potrebbe rivelarsi la peggiore, a causa di una distorsione alla caviglia che rischia di pregiudicare quasi un mese della sua stagione proprio in un momento cruciale per l'annata dei Kings, che non sono ancora riusciti a far giocare con continuità  la squadra titolare: anche in un meccanismo quasi perfetto come quello di Coach Adelman la chimica di squadra potrebbe risentirne, guai se accadesse più avanti, quando vincere o perdere conterà  davvero.

VOTO 9: Paul Pierce
L'infortunio di “Genius” Walker lasciava presagire un periodo nero per i Celtics, che venivano da quattro vittorie consecutive soprattutto grazie all'ottima vena di Antoine, che faceva da contraltare ad un Pierce sottotono.

In assenza del suo alter ego P-Square ha invece pensato bene di salire in cattedra e alzare notevolmente il livello del suo gioco: settimana da 33, 9 e 7 assists; in questo periodo ha tirato col 44% dal campo e il 40% da tre, in due occasioni ha avuto addirittura il 60%, risultato eccezionale se teniamo conto del fatto che senza Walker le difese possono concentrarsi esclusivamente su di lui, e che il losangelino sta tirando in stagione col 40% dal campo e un angosciante 27% dalla lunga distanza.

Il risultato sono state due vittorie e due sconfitte in una settimana che poteva essere ben più pesante, ma va da se' che il recupero di Toine è fondamentale: visto il livellamento dei valori nella Eastern, i biancoverdi (che pure tengono bene botta nonstante le prime della classe viaggino speditamente) non possono permettersi passaggi a vuoto troppo lunghi.

VOTO 8: Eric Musselman
Tre vittorie settimanali su tre partite, contro avversarie di valore (Lakers allo Staples, Nets e Jazz in casa), e 5 nelle ultime 7: è un periodo proficuo per i californiani e il merito va in gran parte al loro allenatore, visto che la situazione al suo arrivo non era certo ideale.
I Warriors hanno una lunghissima tradizione nel complicarsi la vita da soli e nel deludere le aspettative dei loro tifosi, inoltre la panchina di Golden State è tradizionalmente “calda” e lo spogliatoio instabile.

Musselman ha portato in dote tanta voglia di fare, serietà , idee semplici ma efficaci: innanzitutto si è scelto una formazione base e si affida sempre a quella (44 gare e sempre lo stesso starting five, unico caso nella lega), non cerca alchimie tattiche e più che sugli schemi lavora sulla motivazione di gente abituata a perdere (meno di 21 vittorie nelle ultime 5 stagioni) e se sente che un suo giocatore è in vena lo “cavalca” per tutta la partita, anche se questo vuol dire tenere in panca a lungo qualcuno più quotato; in più si è dimostrato ottimo valutatore di talenti, ad esempio dando fiducia a Boykins, che al momento è il miglior cambio alla posizione 1 di tutta l'NBA.

Il più grante merito da ascrivere a Musselman è proprio il non guardare in faccia a nessuno: spesso e volentieri nei momenti cruciali delle partite lascia in campo le sue stelle e schiera quintetti con Boykins, Sura, Murphy e Foyle in campo, i vari Richardson, Arenas, Fortson, Dampier in panchina, e i fatti gli stanno dando ragione. A dire il vero questa sua qualità  potrebbe ritorcersi contro di lui: i mugugni di Arenas, Fortson ma soprattutto di Richardson, che non sta ripagando le aspettative derivanti da un primo anno splendido, sono ormai una costante e rischiano di rovinare il giocattolo.

I tifosi più ottimisti ora chiedono al loro condottiero addirittura i playoffs: sembra francamente utopico sperarlo, visto che la squadra è ancora molto acerba, ma il solo fatto di aver trasformato una delle peggiori squadre della lega in un avversario ostico e meritevole di rispetto da parte di tutti è già  un piccolo miracolo.

VOTO 7: Zach Randolph
Il talentone da Michigan State ha la rara capacità  di farsi trovare pronto ogni volta che si presenta una opportunità : visto l'affollatissimo spogliatoio di Portland sembrerebbe impossibile trovare posto in campo per un'ala forte di 2 metri e 5, energica e talentuosa ma ancora tutta da costruire in un'ottica NBA.

Vista l'assenza di Sheed per i suoi problemi, diciamo così, di pubbliche relazioni con i direttori di gara, coach Cheeks ha deciso di dare fiducia al ragazzo (32 min di utilizzo medio) che lo ha ripagato con un bel 17-8 tirando col 50% dal campo).

VOTO 6: Kenny Anderson
Nelle prime 32 partite è stato poco più che un soprammobile, collezionando ben 11 DNP-CD e miseri minuti di garbage time. Poi, complice la annosa questione-Payton, che sarà  il tormentone della stagione dei Sonics da qui alla fine dell'anno, McMillan ha iniziato a dargli fiducia e “Chibbs” ha dimostrato che non è un ex giocatore, tutt'altro: 12 punti e 6 assist in 25 minuti di utilizzo in settimana.

VOTO 5: Sacramento Kings
Si dice che il più grande avversario dei Kings siano loro stessi, che possono battere chiunque col loro gioco spettacolare ed incisivo, ma anche affrontare con leggerezza avversari ben più deboli e farsi sorprendere:
la settimana scorsa ce ne ha fornito un esempio: tre sconfitte su tre partite, ma se quella con gli infuocati Jazz può essere comprensibile (anche se avvenuta all'Arco Arena che tendenzialmente è un baluardo insuperabile), le sconfitte contro Atlanta e Toronto gridano vendetta.

VOTO 4: New Orleans Hornets
Pessimo momento per quella che è probabilmente la squadra più talentuosa della Eastern Conference, il cui rendimento è calato in modo costante dopo un promettente inizio: solo 3 vittorie nelle ultime 11 gare, 5 nelle ultime 22, un bottino realmente misero per una squadra già  in difficoltà  su cui si è abbattuta la notizia dell'operazione necessaria per rimettere in sesto il ginocchio di Baron Davis (che già  aveva dovuto saltare 8 partite per problemi alla schiena), il leader e miglior giocatore della squadra.

Il problema è il solito: la squadra ha talento, esperienza, completezza, ma le manca quel “quid” in più, la voglia di vincere ad ogni costo, l'elemento che distingue i buoni giocatori e le buone squadre da quelli che vincono i titoli; la situazione è preoccupante ma recuperabile, di certo gli Hornets devono iniziare a guardarsi alle spalle piuttosto che preoccuparsi di raggiungere il gruppo di testa, visto che i Wizards (al momento noni nella Eastern) sono solo a due gare di distanza, mentre gli scricchiolii della panchina di Silas si fanno sempre più inquietanti…

VOTO 3: Steve Francis
Brutta settimana per Franchise, che ha tenuto cifre indegne di un titolare all' All-Star Game: 18 punti, 6 rimbalzi, meno di 4 assist con 5 palle perse, ma soprattutto 4 sconfitte consecutive per i Rockets, che vivono e muoiono sul rendimento dei loro talentuosi ma non sempre affidabili esterni (e se non è una bestemmia tecnica poco ci manca, con 225 cm di sapienza cestistica cinese che accumulano ragnatele in post basso).

VOTO 2: Andre' Miller
Settimana anche peggiore per Dre (anche gravato da preoccupazioni extratecniche che lo hanno costretto a saltare una gara): 11ppg, 4rpg, 4apg e 4 palle perse a partita, il tutto tirando con un agghiacciante 21% dal campo.

La situazione ai Clips intanto non accenna a migliorare: solo 3 squadre ad Ovest fanno peggio di loro, ed è è un vero insulto per il talento straripante a disposizione della seconda squadra di Los Angeles (eh si, perchè anche nella stagione peggiore per i Lakers da molti anni a questa parte, i cugini riescono comunque a fare di peggio). Che Brand e Olowokandi non aspettino che di scappare dalle “grinfie” di Sterling è risaputo, ma recentemente si stanno facendo sempre più insistenti le voci che vedono anche Dre involarsi verso lidi più graditi, in particolare lo Utah: Miller infatti ha giocato all'università  proprio nello stato dei mormoni ed è il giocatore probabilmente più adatto a raccogliere una delle eredità  più pesanti che si possano immaginare, quella di John Stockton, della sua sobrietà  ed efficacia e dei suoi pick 'n roll che da decenni fanno impazzire i tifosi dei Jazz.

Inoltre gli stessi Jazz stanno dimostrando che non è detto che il basket a Salt Lake City avvizzisca inesorabilmente con l'abbandono dei dioscuri: la squadra è in formissima, vince e da' spettacolo, il talento giovane non manca, l'entusiasmo è alle stelle, ci sono pure parecchi soldini in tavola, pronti per il miglior FA che abbia voglia di fare la famosa scelta di vita… beh, in fondo ci sono posti peggiori in cui finire, soprattutto per uno che per anni ha svernato a Cleveland!

VOTO 1: Ron Artest
Non si possono negare i suoi enormi meriti nella splendida stagione dei Pacers, per i quali l'apporto di forza fisica, intensità  e spirito di sacrificio del newyorchese sono assolutamente vitali. Il probabile miglior difensore dell'anno ha il suo punto di forza nel suo incredibile spirito competitivo, nella voglia di vincere ad ogni costo, nella sua cattiveria.

Ecco, proprio di cattiveria si parla spesso ai suoi riguardi, intendendo in genere il termine in senso positivo, proponendo confronti con i mitici Bad Boys guidati proprio dal suo attuale allenatore. Peccato che stavolta abbia un po' esagerato anche per gli standard di una lega in cui lo spirito competitivo, la voglia di vincere, il mettere in campo tutto quello che si ha dentro sono i valori più ammirati: nella gara contro Miami ha prima fatto un po' troppo il bullo mostrando i muscoli alla panchina degli Heat dopo aver subito un fallo, coach Riley e un suo assistente non hanno gradito e ne è nata una quasi-rissa fra il giocatore e il coach con la brillantina, a cui ha fatto seguito un gestaccio plateale verso il pubblico e un flagrant foul da codice penale ai danni di Caron Butler; il tutto si quantifica in una sospensione di 4 gare e circa 80.000 $ di meno nelle tasche del nostro eroe.

Niente di irrimediabile, sia ben chiaro, parafrasando un famoso detto “il basket NBA non è uno sport per signorine”, e lo stesso Riley ha ammesso che il ragazzo si è comportato in modo immaturo, ma che farebbe carte false per avere tre o quattro Artest in squadra. In ogni caso per la carriera di Artest sarebbe molto più proficuo comportarsi in modo da evitare di essere bollato da chi allenta le punizioni come un cattivo soggetto, per evitare di veder calare la mannaia disciplinare per ogni piccolezza…

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