DaJuan va a canestro e nessuno riesce a fermarlo… E' cominciata la festa per i tifosi dei Cavs?
Camden, New Jersey, è qui che inizia la nostra storia.
Nella città ai margini del Garden State, oramai nell'orbita socioculturale di Philadelpia, si sistemò Milton, ex giocatore in giro per l'Europa e con qualche comparsata nella NBA, per condurre una tranquilla vita in questa operosa cittadina.
Ed è qui che nacque, il 4 febbraio di venti anni fa, DaJuan Wagner.
Oggi Camden è uno dei grandi simboli del degrado metropolitano degli States (come Rapid Falls nel Massachussets o Flint nel Michigan), le fabbriche hanno chiuso, la criminalità abbonda e la città è diventata triste meta dei tanti studiosi che, a cavallo tra i "Cultural Studies" e la "Scuola di Chicago", cercano di dare spiegazione alla fine dei sogni ed all'inizio della miseria.
Accanto ai luoghi comuni ed alle piccole storie di umana sofferenza, Camden è però tornata agli onori della cronaca nazionale grazie a questo suo giovane figlio che con la palla a spicchi sta cercando di "scalare il mondo" e diventare un campione.
Memore delle tante lezioni impartitegli dai genitori e dal vissuto quotidiano, il ragazzo ha capito subito che, se voleva abbandonare questi posti (a cui è comunque molto legato), doveva fare sul serio. Ed il basket è diventato buon motivo per sfuggire, prima all'emarginazione, poi alla povertà delle strade (ehm…ci sarebbe pure lo studio, ma vabbè…) ed aprirsi nuovi orizzonti futuri.
Il giovane Wagner ci ha messo poco a balzare agli onori della cronaca nazionale e le sue imprese ebbero eco già nel suo secondo anno alla Camden High.
Con la crescita, di età e di maturazione, la sua reputazione è sì migliorata dal punto di vista cestistico, ma decisamente peggiorata dal lato umano; in troppi vedevano la stellina viziata, senza motivazioni, piena di se, circondata dalla gang di amici perdigiorno, così, ogni situazione, sembrava accrescerne la fama negativa come quando, in una gara di liceo, segnò cento punti e giù tutti a criticarlo per l'eccesso di protagonismo e la mancanza di rispetto per gli avversari palesemente inferiori.
Al college optò per Memphis dove ad allenare c'era John Calipari (che aveva assunto come vice papà Milt), ma sembrò chiaro subito che si trattava di una toccata e fuga, ad attenderlo c'era la NBA.
Nel suo unico anno al college DaJuan ha giocato bene, spesso è sembrato fuori concorso, ma almeno, lontano (mica tanto, gli amici partivano settimanalmente per vederlo) dalla natia Camden non era più il pesce più grosso nel piccolo acquario.
Molti giornalisti rimasero colpiti dal carattere introverso e taciturno del ragazzo che parlava a voce bassa, poche parole e grande calma; così iniziarono a diradarsi le nubi sul suo carattere, quella che molti avevano scambiato per spocchia era forse timidezza o semplicemente ci si era accorti che in fin dei conti, a soli 18 anni, Wagner era un ragazzino come gli altri, con dubbi, paure ed un po' di strafottenza.
La NBA infine arrivò lo scorso giugno, scelta numero 6 direzione Cleveland. Ai Cavaliers DaJuan trovava il deserto dei Tartari, ma anche la possibilità di crescere pian piano, senza pressioni e con tante occasioni di giocare e magari divertirsi in un team pieno di "giocolieri" e senza ambizioni per il presente.
Coach Lucas fu chiaro da subito <Per me DaJuan non è un playmaker, anche se al college ha spesso giocato nel ruolo io voglio impiegarlo da esterno per non sobbarcalo di compiti organizzativi…lui è un istintivo, uno che pensa prima al tiro, diventerà una guardia coi fiocchi…>.
Rincuorato dagli attestati di stima del proprio allenatore, in estate Wagner, con l'aiuto del padre, ha lavorato molto sulla tenuta fisica e la velocità , convinto che una buona condizione fisica è fondamentale per iniziare bene.
Al Trainig Camp la guardia era in grande forma, peccato che un piccolo incidente alla mano occorsogli in pre-season (disputata alla grande) lo ha bloccato per tutto novembre. Così, mentre gli altri rookie si facevano le ossa, DaJuan ha atteso il suo momento ed appena entrato in pista ha fatto vedere subito i suoi numeri.
Giocatore iversonesco nel fisico e nei movimenti, capace di spezzare le difese in entrata e di far male al tiro ha sorpreso tutti per la facilità realizzativa anche se, per ora, pare indietro nel passaggio dove spesso non legge bene il gioco e perde male la sfera, ma si tratta di inesperienza e può migliorare.
A rimbalzo sfrutta il fisico compatto, ma non ama le battaglie d'area e sovente attende fuori per ripartire in contropiede. In difesa il fisico e la mobilià lo aiutano, ma si vede che non si è mai dovuto impegnare a fondo ed ha tanto da imparare.
In generale ha fatto comunque un'ottima impressione, segna con continuità , 14.8 punti (in una squadra che ha altri scorer), è spesso nel vivo dell'azione (gioca quasi 33 minuti di media) ed i compagni lo cercano sicuri delle sue doti. Per adesso tanti plausi ed alcuni exploit come i 33 punti a Toronto ed i 10 assist al Garden con vittoria sui Knicks, ma c'è tanto da lavorare.
Il ragazzo non si scompone, si è ben ambientato nella Lega, si allena duro e non si è lasciato trasportare dai soldi e dalla bella vita, per quanto riguarda i dubbi sul suo carattere ormai sono svaniti, i compagni ne parlano bene ed il suo carattere introverso è stato accettato nello spogliatoio.
Adesso arriva il difficile per Wagner, bisogna crescere, migliorare, superarsi, per cercare di raggiungere il proprio obiettivo: diventare una stella. La NBA si è accorta di lui, lo ha convocato per l'ASG tra i primo anno e sembra intenzionata a promuovere il personaggio.
Non male per uno che ai tempi di Camden era considerato una stellina viziata ed un atleta strafottente.