Per John Stockton le primavere sono quasi 41: incredibile!!!
Le sfide, gli obiettivi da raggiungere sono cambiati ma la grinta e la invidibiale attitudine dei Jazz non cambia mai, da più di dieci anni Utah continua ad offrire un basket di altissimo livello tecnico condito da una massiccia dose di fisicità , il tutto sapientemente “mixato” da un piccolo grande uomo di nome John Stockton.
I momenti d'oro di questa squadra sono oramai alle spalle, la rifondazione “totale” della franchigia è dietro l'angolo ma finchè il duo meraviglia Malone-Stockton continuerà a fornire il solito, ineguagliabile contributo la speranza anzi la “consapevolezza” di qualificarsi per la post-season accompagnerà sempre i suoi sostenitori.
Ai nastri di partenza di questa annata però le perplessità della stampa sportiva e un malcelato pessimismo di alcune “frangie” della calda tifoseria mormone (isolate ma pur sempre una vera novità per questo ambiente) preoccupavano una dirigenza estremamente cauta sul mercato, alle prese con le bizze di “the mailman” e orientata alla prudenza per non disperdere il patrimonio tecnico accumulato fin qui grazie al lavoro di coach Sloan, con qualche capello bianco in più ma non per questo meno determinato.
La partenza del rivalutato Marshall verso i Bulls aveva aperto una falla in quintetto piuttosto preoccupante, per la sua delicata sostituzione è stato scelto Matt Harpring, giocatore finora noto per buona volontà e l'arcigna difesa ma non certo per talento e capacità realizzative, il suo ingaggio sembrava solo una mossa obbligata per lanciare in pianta stabile il russo Kirilenko e coprirgli le spalle con una ottima riserva.
Con tanti dubbi e la speranza di veder sbocciato finalmente il cristallino talento del giovane “piantagrane” DeShawn Stevenson i Jazz puntavano ad assemblare un quintetto versatile, con buone alternative dal pino per potersela giocare con squadre sempre più atletiche ma spesso sempre più povere tecnicamente e conquistare il “solito” agognato “spot” per la post-season.
Harpring reduce da un 2001-2 da incubo a causa della sua scarsa compatibilità con il vulcanico coach Larry Brown si è subito trovato a suo agio e anche se il suo training camp sorprese in positivo anche il più ottimista dei suoi nuovi colleghi,nessuno poteva immaginare che il prodotto di Georgia Tech avrebbe prodotto una prima metà stagione da vera All Star!
La partita delle stelle è alle porte, il bilancio di Utah per ora è assolutamente positivo, Malone ha mostrato un evidente logorio fisico ma tutto sommato ha “tenuto” meglio del previsto, Stockton continua come per incanto a sembrare in tutto e per tutto lo stesso di dieci anni fa anche se con un minutaggio ridotto, Harpring è eploso letteralmente, Kirilenko è diventato suo malgrado sesto uomo ma continua a rendere in modo eccellente, sopratutto c'è la concreta speranza di conquistare l'obiettivo stagionale di competere a fine stagione per l'anello.
Come accennato in precedenza Karl Malone è forse la nota meno lieta in casa Jazz; il giocatore continua a minacciare di partire per altri lidi e il suo declino più che nelle sue statistiche, ancora al di sopra di ogni sospetto(ma comunque in netto calo) risulta evidente sul parquet dove rispetto alla passata stagione il postino fatica in modo tremendo a mantenere gli stessi ritmi aprendo spesso l'unica piccola falla nel meccanismo perfetto ideato da Jerry Sloan.
Il vero golden boy della stagione è appunto Matt Harpring che sta tirando con il 51% (!!!) con 18 punti in poco più di trenta minuti di utilizzo medio, con l'aggiunta di ben sette rimbalzi, cifre da vero fuoriclasse impensabili per chi ricorda le notevoli difficoltà offensive che Matt aveva mostrato nel suo anno da rookie ad Orlando, quando i suoi avversari lo “battezzavano” senza pietà limitandone il minutaggio.
“AK 47” al secolo Andrei Kirilenko tira come l'ex magic ben oltre il 50% (roba fuori dal mondo per un esterno, esattemente il 52,8%) oltre a garantire solida difesa e copertura eccellente a rimbalzo, per chi scrive è nettamente il miglior sesto uomo di tutta la lega, a fare da complemento a queste due ottime ali c'è il positivo Scott Padgett che fa il pendolo tra la posizione di ala piccola e quella di ala grande “tattica”.
Il playgroud play “Action” Jackson è divenuto ufficialmente il vice Stockton, l'età lo limita fortemente ma per fare il back-up è più che sufficiente, tanto più che il vero erede designato è lo spagnolo Raul Lopez, fermo ai box per recuperare dal gravissimo infortunio al ginocchio, secondo lo staff di Utah con un adeguato programma di recupero già in atto tornerà al 100%, in Europa (precisamente il Barcellona) lo danno per finito, vedremo chi avrà ragione.
DeShawn Stevenson ha iniziato in quintetto la stagione ma ne è uscito quasi subito a causa di piccoli guai fisici, una volta recuperato però ha mostrato una preoccupante involuzione che solo dopo qualche mese appare superata, tuttavia per quest'anno la sua occasione per affermarsi semra essere sfumata.
Il reparto lunghi è forse quello peggio assortito del roster, Amaechi è pinato senza pietà da Sloan, Ostertag ha potenziale ma spesso la sua pigrizia e la sua indolenza ne limitano fortemente il rendimento, Collins era atteso ad una grande stagione ma dopo una partenza in sordina ha subito un grave infortunio e starà fuori per tutta la stagione, al suo posto è stato ingaggiato il veterano Massenburg.
Vi siete mai chiesti chi è il giocatore più anziano in attività ?
Si tratta del sorprendente Stockton, vicino alle 41 primavere si dimostra sempre all'altezza della situazione, in queste ultime stagioni i mass-media lo hanno molto seguito,consapevoli che il signore che veste la canotta numero 12 non è solo il leader ogniepoca per assist e palle rubate della NBA (giù il cappello, signori) ma è anche un sorprendente caso di longevità fisica, nessuno nel suo ruolo ha resistito all'assalto del tempo meglio di lui, un vero mistero se si pensa alla fisicità con cui il playmaker affronta le partite.
Per il futuro, dopo il ritiro delle due icone, la dirigenza è in caccia di almeno un grande sostituto, di una star, per ora il sogno si chiama Andre Miller, il play che ha incantato al college di Utah sotto la guida del mitico Majerus nella Ncaa e che non ha ingranato come ci si attendeva con la maglia dei Clippers, la dirigenza Jazz è alla finestra, in attesa di sviluppi.
Altro obbiettivo è l'ingaggio di Van Horn, anche lui un prodotto “locale” di Majerus, lo sceicco bianco dopo le stagioni in chiaroscuro con i nets sta convincendo ai Sixers,i tifosi di Utah stravedono per lui e la probabilità che il giocatore arrivi in un paio d'anni sono in decisa ascesa.
Certo Malone è uno dei più talentuosi lunghi mai apparsi nella Nba ed è il secondo marcatore ogniepoca della lega, di “Stock” forse ne nasce uno ogni secolo,il duo con la collaborazione di Sloan e del rimpianto Hornacek ha portato alle finali gente come “the real big dog” Antoine Carr, ha reso celebri giocatori che altrimenti sarebbero sprofondati nell'anonimato e che grazie a loro hanno goduto di un irripetibile, ghiotta situzione tecnica.
Due così non li sostituisce nessun GM, nessun “mago” del mercato, per il momento godiamoci ogni frangente con loro ancora in campo e auguriamoci che la franchigia sappia tirare avanti anche senza di loro, le cose cambiano con il tempo, questi due no, nel bene e nel male, irripetibili…… anzi inimitabili!