Piano piano, Shaquille O'Neal sta raggiungendo la migliore forma fisica…
Cleveland Cavs 97 @ Lakers 115
Miami Heat 81 @ Lakers 106
Lakers 90 @ N.O. Hornets 82
Circa un mese fa di questi tempi, la critica e soprattutto il pubblico di Los Angeles stava decretando la fine prematura della dinastia Lakers nella NBA. La squadra campione del mondo aveva appena subito la batosta contro i New Jersey Nets e stava affrontando uno dei momenti più difficile della gestione Jackson.
Oggi, a quasi trenta giorni di distanza la diagnosi sul malato è un pochino cambiata.
Le parole di Robert Horry sembrano avere scosso l’ambiente fin troppo rilassato e Hollywoodiano della squadra e questa settimana il bilancio dei Lakers dice 18 vinte e 20 perse, ovvero 7 vittorie nelle ultime 8 giocate e soprattutto l’agognata streak di 5 vittorie di fila.
Andando per ordine, si è detto che uno dei problemi di O’Neal e compagni per questa stagione era di riuscire a tenere la testa sulle spalle in partite con avversari di lignaggio meno nobile. Se questo presupposto poteva essere considerato valido, allora la gara con i Cleveland Cavs ha segnato l’ennesimo cambio di rotta in positivo di questo inizio 2003.
Contro i rappresentanti dell’Ohio, i Lakers non hanno certo badato a difendere come si deve ma hanno rispolverato un po’ di concetti d’epoca Showtime. La partita in effetti è durata lo spazio di un quarto, finito con un solo punto di distacco. Nel secondo quarto invece, in padroni di casa hanno piazzato il break decisivo chiudendo con un parziale di 38 a 23 e tarpando le ali a qualsiasi motivo di speranza dei Cavs prima che si manifestasse.
Alla fine la statistica di squadra che maggiormente ha fotografato la gara, è il 60 a 38 dei punti in area pitturata a favore dei Lakers. Dal punto di vista individuale invece, i 27 punti segnati da Ricky Davis e i 20 con soli 2 rimbalzi di Ilgauskas non sono bastati per fronteggiare i 6 uomini in doppia cifra dei giallo viola, fra i quali ha spiccato la tripla doppia di Bryant e i 26 punti di un O’Neal senza falli tecnici per la prima volta da tre partite. Buona complessivamente la prova degli “altri”, i quali però devono sempre giustificare la distanza di rendimento fra partite come questa e altre meno…appaganti.
Due giorni dopo, stesso campo, stessa ora, stessa musica. Nella gara interna contro i Miami Heat di Pat Riley, qualcosa più di un ex per tanta parte di Los Angeles, lo staff tecnico dei Lakers ha deciso di puntare ancora una volta su una rotazione ampia, con tutti e dodici i componenti in campo.
La gara, a dispetto del punteggio finale è stata viva almeno per una buona metà . Dopo un inizio in grande spolvero dei padroni di casa, nel quale si sono segnalate un paio di affondate di pura cattiveria di un insolito Kobe, gli Heat hanno cercato di fare perno sulla coppia Casual e Caron Butler, autori di 39 punti in coabitazione e hanno messo alla frusta la concentrazione della squadra angelina.
Come da antica tradizione vuole però, le grandi squadre costruiscono la vittoria nel terzo quarto (almeno una volta si diceva così) e il parziale di 30 a 11 rifilato agli Heat ha portato questa volta la firma del solito Bryant, in questi giorni davvero in versione MVP, ma anche di un Kareem Rush autore di 11 punti in 13 minuti e di un Samaki Walker che ha approfittato al meglio delle vacanze autoimposte di Shaq per portare a casa uno score di 8 punti e 16 rimbalzi, naturalmente season high.
Da segnalare che per la prima volta, nel dopopartita, le dichiarazioni di Bryant sono sembrate qualcosa più che frasi di circostanza. Il numero 8 si è detto soddisfatto e fiducioso, non tanto per la vittoria, ma per le sensazioni di gioco che a suo dire oggi i Lakers trasmettono.
Il terzo impegno della settimana doveva essere il più duro per i Lakers. Ma la trasferta alla New Orleans Arena, la prima nella nuova sede degli Hornets dopo 4 vittorie nel recente passato a Charlotte, non ha riservato le insidie che sembrava lecito aspettarsi.
I padroni di casa infatti, sono apparsi la lontana controfigura degli Hornets che avevano strigliato allo Staples Center i Lakers. Questa volta a fare la parte del gruppo in crisi è toccato alla gang di Baron Davis, al quale non sono bastati i 20 punti siglati da unire ai 19 messi a segno da Jamal Mashburn. La coppia d’assi della Louisiana ha dovuto scontarsi con una versione aggiornata e corretta dei Lakers da trasferta.
Phil Jackson ha deciso di optare infatti su di una filosofia ben diversa da quella mostrata nelle più recenti esibizioni. Accantonata la rotazione ampia, i Lakers in campo alla New Orleans Arena sono stati solo 8 dei quali due hanno fatto davvero il bello e cattivo tempo. Kobe e Shaq hanno infatti segnato rispettivamente 36 e 23 punti, accollandosi il peso di gran parte dell’attacco e dando l’impressione di lasciare al resto della squadra compiti essenzialmente difensivi.
Il risultato dell’operazione ha fruttato una partita a basso punteggio 90 a 82, nella quale l’allungo è arrivato già al secondo quarto e nella quale si è distinto (in fondo è il suo campo) un Horry formato lusso che ha portato a casa un gabellino comprendente 10 punti, 7 rimbalzi, 3 assist, 2 stoppate e ben 4 palle rubate.
Il meglio della settimana: puntando sempre sullo stesso cavallo si corre il rischio di annoiarsi e ripetersi, ma il Kobe Bryant di questa settimana ha pericolosamente superato la soglia MVP. Detto che molto probabilmente giocare con Shaq al fianco è più comodo e questo dirotterà in sede di scelta, voti verso Duncan e Kidd, la guardia angelina ha mostrato numeri anche solo estetici di prim’ordine nelle sue recenti prestazioni, unendo la solita grazia offensiva a una concentrazione e cattiveria molto latitante all’inizio della stagione. Al suo fianco da segnalare l’alternanza di buone gare dei comprimari.
Fox, Fisher, Rush e ma sì, anche Walker hanno cominciato a fare qualche cosa di buono, il che porta a sperare i tifosi californiani che il loro inizio di stagione sia stato solo un risveglio un po’ tardivo.
Il peggio della settimana: se da un lato le prove dei Lakers extra combo si sono dimostrate incoraggianti durante la settimana, dall’altro la scarsa vitalità mostrata fino ad oggi fa temere non poco per il futuro. Le partite appena trascorse non si potevano esattamente definire come gare senza ritorno e il dubbio che il rendimento dei Lakers sia stato condizionato dalle falle altrui può essere legittimo.
La risposta probabilmente non tarderà più di 15 giorni a venire, ma nel frattempo l’idea di muoversi sul mercato potrebbe non essere poi male, sempre che a qualche franchigia possano interessare i vari Madsen, Murray, Medvedenko o George.